Una guerra d'Africa a Denver
7 Al G7 le lodi di Clinton a Prodi per l'Albania: «Una straordinaria capacità di leadership» Una guerra d'Africa a Denver «Il modello Usa la salverà». L Ve: ci vuol altro DENVER DAL NOSTRO INVIATO Clinton l'Africano? Al Vertice degli Otto il presidente americano si presenta come nuovo paladino dell'Africa sub-sahariana. Ed esorta gli altri partner a facilitare l'accesso dei Paesi africani «meritevoli» ai mercati mondiali. Per volontà deU'Amministrazione Clinton, lo sviluppo economico dell'Africa è stato al centro dei colloqui di ieri. Già alla vigilia del vertice, del resto, il Presidente aveva annunciato un piano ambizioso di aiuti e incentivi all'investimento privato, che è servito da punto di riferimento nella discussione. L'approccio americano - investimenti anche massicci, ma solo in cambio di radicali riforme liberiste - ha suscitato reazioni non sempre entusiastiche da parte degli altri partner. Specie dalla Francia e dall'Italia, due Paesi che per ragioni storiche e geografiche hanno messo in cantiere politiche africane prima degli Stati Uniti. I francesi vedono come fumo negli occhi il tentativo di Clinton di imporre una leadership americana in una regione sulla quale fino a ieri pensavano di avere un droit de regard. Gli italiani, da parte loro, trovano eccessivo «l'approccio carota-bastone» di Washington e spingono «perché si tengano in debito conto gli aspetti di solidarietà e le difficoltà che i Paesi africani incontrano nel processo di sviluppo e di integrazione» nell'economia mondiale. «Liberalizzazione dei mercati e investimenti esteri - ha detto il ministro degli Esteri Lamberto Dini -, non sono sufficienti». II Comunicato di Denver - le delegazioni lo stavano mettendo a punto ieri notte - accende i riflettori su una regione del mondo che fino a pochissimo tempo fa veniva data per spacciata, e che adesso, nonostante le molte ombre, viene vista come una nuova terra di opportunità. Ma il testo finale riflette sensibilità e interessi diversi. Il tentativo di imporre un «modello americano» anche per lo sviluppo dell'Africa nera, insomma, suscita resistenze in Europa. Sensibilità diverse anche sulla Bosnia, tema che ha dominato la cena informale di venerdì sera e che è stato oggetto di fitte discussioni ieri da parte dei rninistri degli Esteri. Durante la cena diversi leader, tra cui Prodi, Chirac e Blair, hanno espresso preoccupazione per il possibile ritiro degli 8500 americani nel 1998, come attualmente previsto. Ieri Dini è stato ancora più net- to: «La pace in Bosnia-Erzegovina non è ancora acquisita. La partenza delle forze di pace tra 12 mesi metterebbe in serio pericolo la tenuta della costruzione prevista dagli Accordi di Dayton. Le truppe della Nato devono rimanere fin quando la Bosnia sarà in grado di stare in piedi sulle proprie gambe ed è assai improbabile che ciò accada in un anno». Clinton non esclude l'ipotesi di tenere le truppe americane in Bosnia oltre il 1998. Ma la questione è al centro di una contesa all'interno deU'Amministrazione tra il segretario di Stato Madeleine Albright, che sente quasi visceralmente la necessità di mantenere le truppe per non vanificare i pro- gressi compiuti finora, e il segretario alla Difesa William Cohen, propenso invece a portare i soldati a casa. Per il momento il Presidente non dà la sensazione di voler scendere in campo da una parte o dall'altra. Invece, chiede ai suoi partner di non fissarsi sulla data del ritorno delle truppe e di concentrarsi invece con nuova energia sugli aspetti degli Accordi di Dayton non ancora realizzati: elezioni, formazione della polizia indigena, rimpatrio dei rifugiati. Il documento sulla Bosnia che sarà approvato oggi dovrebbe non solo riflettere questo rinnovato impegno sul fronte «civile» del processo di pace, ma anche assegnare a specifici Paesi il compito di risolvere nodi specifici. I leader hanno anche toccato il tema Albania in vista delle elezioni del 29 giugno. Il governo di Romano Prodi puntava a un obiettivo preciso qui a Denver: ottenere il pieno e pubblico sostegno del presidente Clinton all'iniziativa italiana. E Clinton è andato quasi al di là delle aspettative, elogiando la «leadership straordinaria» dimostrata dal governo Prodi. «Prevedo che in futuro vedremo questo sforzo senza precedenti dell'Italia come una vera svolta nella promozione della sicurezza in Europa». Andrea di Robilant y/iiiu\ La foto di gruppo degli Otto presenta in realtà dieci personaggi: oltre ai capi di Stato e di governo ci sono (ai due estremi) il presidente della Commissione dell'Ue Santer e il presidente di turno dell'Ue, l'olandese Wim Kok ifoto reuter]
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