Il fronte del no si prepara allo scontro di Claudio Petruccioli

Tatarella precisa «Le cene a casa Letta sono state addirittura 3» Il fronte del no si prepara allo scontro Anche Palazzo Chigi scettico col capo della Quercia IL CAMMINO DELLE RIFORME OBOLOGNA UASI dieci giorni fa, mentre nasceva tra riunioni in Bicamerale e cene a casa Letta («ce ne sono state tre o quattro e non due come scrivono i giornali» precisa Giuseppe Tatarella) quella che per alcuni è 1'«intesa possibile sul semi-presidenzialismo all'italiana» e per altri «il mostro istituzionale importato dalla Bulgaria», Romano Prodi si lasciava andare a questa profezia con gli stretti collaboratori di Palazzo Chigi: «E' un pasticcio che serve solo per portare qualcosa in Parlamento. Non credo però che ne uscirà mai perché sarà distrutto prima dalle critiche dei professori». La «profezia» della Cassandra Prodi rischia di avverarsi. Non c'è uno straccio di accademico che abbia promosso il modello che porta le firme del quartetto Marini-D'Alema-Fini-Berlusconi. E piano piano si sta materializzando in Parlamento lo schieramento trasversale che potrebbe mettere a rischio l'accordo dei quattro. A queste avvisaglie di tempesta il governo sembra assistere quasi con indifferenza. E' come se gli uomini di Palazzo Chigi rendessero la pariglia a quelli del Bottegone: per mesi D'Alema ha mostrato sufficienza verso l'azione del governo, ha assistito con distacco alla distruzione dell'immagine del professore e del suo vice Veltroni, ha fatto finta di niente di fronte alla montagna di critiche che i suoi uomini riversavano sul gabinetto Prodi; ora, la coppia di palazzo Chigi si comporta allo stesso modo di fronte al logoramento della Bicamerale e del suo presidente. Ieri nella riunione bolognese in cui gli Ulivisti hanno ufficializzato la nascita della loro corrente, è andato in scena proprio questo copione. Claudio Petruccioli, Claudia Mancina, Augusto Barbera e Morando hanno addirittura chiesto la convocazione straordinaria dell'assemblea congressuale per sventare i pericoli insiti nella proposta di riforme che potrebbe uscire dalla Bicamerale. Petruccioli ha parlato di «truffa costituzionale», di «raggiro». E' arrivato a descrivere i commissari della Bicamerale (solo quelli del Polo, ha poi precisato) come «dei magliari che esercitano all'angolo della strada il gioco delle tre carte». Barbera, invece, ha sparato senza pietà contro «il mostro preso in prestito dalla Bulgaria». Ebbene, di fronte a questo pandemonio Walter Veltroni, ospite d'eccezione dell'incontro, al solito si è defilato, ha fatto sapere ai cronisti che non avrebbe affrontato l'argomento istituzionale. Poi, a Bologna ha condito il «no comment» con una frase di circostanza: «Parlerò solo quando dalla Bicamerale uscirà una proposta. Io sono pratico: le riforme vanno bene se garantiscono bipolarismo e stabilità. Comunque, sarebbe pericoloso se la Bicamerale fallisse». Parole tipiche di chi, dopo aver consigliato qualche settimana fa di «azzerare» la decisione a favore del semi-presidenzialismo, adesso se ne sta zitto alla finestra aspettando di vedere cosa accadrà. Così a Bologna Marco Minniti, il pretoriano di Massimo D'Alema, si è ritrovato a difende¬ re da solo il lavoro della Bicamerale, a sostenere che «non si tratta di un pasticcio», ad accettare la sfida della convocazione dell'assemblea congressuale. E' l'inizio della «via crucis» di cui parla D'Alema. E sarà un calvario lungo, soprattutto nelle aule parlamentari. In commissione, infatti, gli oppositori, malgrado la chiamata alle armi, non hanno la forza di affondare l'accordo dei «quattro». Al massimo riusciranno ad inserire nell'attuale modello elettorale la procedura delle primarie per la scelta dei candidati, come ha proposto Barbera. Oltre non andranno. Ieri da un colloquio telefonico tra Morando e Giuseppe Calderisi, uno degli esponenti di Forza Italia che ha dichiarato guerra al «pasticcio», si è capito, infatti, che le due opposizioni sono divise: gli ulivisti prima di approvare gli emendamenti del Polo che ampliano i poteri del presidente in linea con il semi-presidenzialismo puro, vogliono dai professori di Forza Italia la garanzia che ci sarà il loro appoggio sull'emendamento del pds che ripropone il doppio turno nei collegi, cioè il modello francese. Insomma, non c'è fiducia. Per cui è difficile che ne esca qualcosa. Così la vera battaglia si trasferirà in Parlamento. E non si svolgerà molto presto. C'è da approvare la legge finanziaria, c'è la riforma del Welfare State, c'è l'Europa. Di riforme se ne riparlerà molto in là. E forse quando torneranno di moda il «mostro bulgaro», secondo la profezia di Prodi, come per incanto sarà scomparso in quelle sabbie mobili che sono le aule parlamentari. E le riforme? «Capisco che da anni questo Paese non ha una Costituzione - risponde sicuro Petruccioli -, ma sempre meglio non averne nessuna che una fasulla». Punti di vista. Augusto Minzolini Lo schieramento degli oppositori per ora resta diviso Il braccio di ferro vero e proprio sarà solo in Parlamento Ma Veltroni getta acqua sul fuoco «Parlerò solo quando ci sarà il testo finale» Tatarella precisa «Le cene a casa Letta sono state addirittura 3» Nella foto grande Walter Veltroni con (a destra) Marco Minniti Nella foto piccola a sinistra Claudio Petruccioli

Luoghi citati: Bologna, Bulgaria, Europa