La curia contro l'industriale «Niente messa per la sua festa »

il Guerra ad Alba alla Miraglio dopo le affermazioni del proprietario: conta l'azienda non gli operai La curia contro l'industriale «Niente messa per la sua festa » ALBA DAL NOSTRO INVIATO Dopo i sindacati anche la Curia scende in campo contro il «padrepadrone» dell'azienda Tessile Miraglio, il ragionier Franco, per ima lettera ai dipendenti che suona così: «Smettetela con l'utopia di lavorare meno per lavorare tutti. E' l'Azienda che conta, molto meno contano il lavoratore e la proprietà». E se i sindacati, che temono chiusure e tagli, hanno risposto convocando assemblee fra i tremila dipendenti negli undici stabilimenti disseminati tra le province di Cuneo e Asti, la Curia lo ha fatto con una scelta semplice e dirompente: ha annullato la messa in programma oggi per festeggiare «i lavoratori anziani». Tutto era già stato organizzato, i «pass» e i mille inviti firmati dai fratelli Carlo e Franco Miraglio recapitati a pensionati e dirigenti. Appuntamento per «sabato 21 alle 16 alla Cascata di Verduno», in riva al Tanaro al confine tra le colline di Langa e del Roero, per una «messa al campo» e, a ruota, la consegna di centoventinove «riconoscimenti al lavoro», il pranzo e la festa «fmo a notte». Ma giovedì mattina dalla Curia vescovile è partita una «lettera personale e riservata» a Franco Miraglio. Poche righe «affettuose e di collaborazione» con le quali il vicario generale di Alba don Giovanni Battista Gianolio annuncia: «Quest'anno non celebrerò la tradizionale messa». La notizia diventa pubblica. E ieri, ai vertici dell'aziende il nervosismo era palpabile. Una cortina di dirigenti, segretari e impiegati hanno impedito di raggiungere anche telefonicamente l'amministratore delegato di uno fra i più importanti gruppi tessili del NordOvest. «La festa si terrà regolarmente - è la risposta concordata in azienda -. Sulla messa annullata non siamo noi a dover commentare. Chiedete in Curia». Già ma il vescovo monsignor Sebastiano Dho è all'estero. Rimane don Gianolio che conferma: «Non celebrerò la messa. E' un gesto sofferto, di cui mi assumo ogni responsabilità. Ma non va interpretato in modo negativo. E' un segno costruttivo, un invito al dialogo dopo quella lettera». Lettera ((infelice nella forma e nella sostanza» l'hanno definita in molti, fra cui don Gianolio che, con il gruppo Tessile Miraglio ha una lunga storia di collaborazione. Fu lui, nel 1958, a creare un centro di «formazione lavoro» per preparare tecnici e operai specializzati ad Alba. Nel 1994 Miraglio contava sette stabilimenti tessili nella zona di Alba, due a Castagnole Lanze, due a Saluzzo, uno a Cortemilia, tre della linea «abbigliamento» a Bra, Alba, Cortemilia: tremila e cento dipendenti. Altrettanti all'estero, tra Germania, Tunisia e Turchia. Franco Miraglio decise di intraprendere la strada della politica candidandosi al Parlamento per la Lega Nord (poi abbandonata). Era deputato, nel '94, quando iniziò l'operazione Taranto. Un investimento da 130 miliardi, 90 pubblici di cui 40 a fondo perduto, gli altri a tasso agevolato. «Qui in Langa è come nel Nord-Est - racconta Angelo Vero della Filta Cisl -. Aziende sane con dipendenti che credono nel lavoro», «C'era la convinzione che l'azienda fosse dalla loro parte, che non li avrebbe mai abbandonati», aggiunge Giuseppina Mosca della Cgil. Il primo, forte segnale negativo, arriva nel dicembre '96: Miraglio chiude uno stabilimento con 85 dipen¬ denti a Cortemilia. Un mese fa, mentre annuncia l'apertura della fabbrica di Taranto, inizia a parlare di un altro «peso»: la fabbrica di Castagnito con 91 dipendenti. Infine la «lettera ai dipendenti». Franco Miraglio scrive: «Siccome i turchi e gli operatori del Sud-Est asiatico sono uomini come noi, dobbiamo essere capaci di produrre in questi Paesi, o similari, agli stessi costi, a patto però che ci sia consentito di operare nelle stesse condizioni. In Italia il costo del lavoro rimane alto. Questo si può accettare purché a queste condizioni: smetterla con l'utopia di lavorare meno per lavorare tutti, perché una riduzione delle ore lavorative non fa altro che far aumentare il costo del lavoro. Completa liberalizzazione della politica del lavoro e nella liberalizzazione del lavoro, la piena flessibilità [...] Bisogna che le nostre maestranze capiscano che è finita un'epoca e ne è iniziata un'altra nella quale è più importante la difesa dell'azienda che la difesa del lavoratore, perché salvaguardando l'Azienda di conseguenza si consolidano i posti di lavoro». In molti hanno tradotto: se non ci rende lasciamo il Nord-Ovest d'Italia e andiamo dove il lavoro costa meno. Immediata la reazione del consiglio di fabbrica: in un comunicato si definiscono «avviliti, preoccupati», sostengono che «non si può tornare indietro sui diritti umani e civili». Scrivono: ((Abbiamo sempre creduto e continueremo a credere che il nome della Miraglio nel mondo ci sia arrivato anche grazie a noi lavoratori di Alba, Saluzzo e Castagnole. A noi, alla nostra dedizione, alla professionalità, disponibilità e al senso di responsabilità». Forse tutta la polemica si sarebbe consumata all'interno degli stabilimenti se don Gianolio non avesse deciso di dire «no» ai Miroglio, negando la messa alla loro festa. Uno scontro che ha un precedente negli Anni Ottanta. Allora Franco Miroglio decise di aprire gli stabilimenti anche la domenica. Don Gianolio si oppose, la Curia si schierò dura mente. E perse nel nome dell'«offrire lavoro». Oggi la battaglia di don Gianolio riprende ((per ricordare che gli uomini sono più importanti delle aziende». Gianni Martini La cerimonia in programma oggi per dirigenti e lavoratori I sindacati: abbandonata una terra IL VESCOVADO «Un gesto sofferto di cui mi assumo ogni responsabilità Segno costruttivo un invito al dialogo dopo quella lettera» L'INDUSTRIALE «Deve finire l'utopia di lavorare meno per poter lavorare tutti La cerimonia con gli anziani si farà regolarmente» Chiusi due stabilimenti nelle Langhe «In Italia il costo della manodopera rimane alto. Le maestranze devono capire» Lo stabilimento della Miraglio ad Alba In alto, da sinistra il vescovo monsignor Sebastiano Dho e l'industriale Franco Miraglio