L'anatema battista sulla Disney filo-gay

F LETTERA DALL'AMERICA L'anatema battista sulla Disney filo-gay NEW YORK NZICHE' occuparsi del G-7 di Denver, l'opinione pubblica americana è travolta dall'anatema che la chiesa battista ha lanciato contro la Walt Disney. La Southern Baptist Church non è una delle tante chiese degli Stati Uniti, ma «la» chiesa per eccellenza: la prima per numero di fedeli e per identità americana. Quanto alla Walt Disney, non c'è bisogno di spiegare che cos'è, salvo ricordare che la casa di Mickey Mouse è essa stessa qualcosa di molto simile a una chiesa americana, sia pure non ortodossa, perché da decenni produce l'ideologia del comportamento americano. Inoltre, la Disney è proprietaria dell'emittente televisiva «Abc» e interviene con i suoi capitali in opere di bonifica urbana, come accade a New York dove finanzia il risanamento di Times Square. Motivo della dichiarazione di guerra? L'omosessualità. La chiesa battista non ha mai assunto un atteggiamento «politically correct» nei confronti dei gay, e difende una posizione tradizionalista e conservatrice, quando non reazionaria. Che cosa ha fatto la casamadre di Topolino per incorrere nell'anatema? Due cose. La prima, ha tollerato che una star della sua televisione, Ellis De Generis, nel corso del suo seguitissimo programma annunciasse in diretta «Io sono gap>, così come aveva promesso alla comunità omosessuale. La seconda pecca della Disney è quella di assumere personale gay e riconoscere dal punto di vista aziendale (ferie, assicurazioni e agevolazioni) le unioni di fatto e i matrimoni fra omosessuali. I due fatti messi insieme, il riconoscimento aziendale dei gay e la provocatoria sortita di Ellis De Generis, hanno provocato una vera dichiarazione di guerra della maggiore chiesa americana contro la maggior produttrice di intrattenimenti e servizi per il tempo libero del mondo. Si tratta quindi di uno scontro violento e quasi planetario, tant'è che i notiziari americani sono ricchi di reportages sulle roventi riunioni dei battisti che si radunano nelle loro chiese trasformate in assemblee permanenti e in cui si vota per alzata di mano il boicottaggio contro Topolino. D'ora in poi ogni buona famiglia americana che vada in chiesa (battista) sa che la guerra contro gli omosessuali - colpevoli di minacciare i «tradizionali valori della famiglia» - va estesa a Bambi, Paperino, Pippo, e a Disneyland, Disneyworld, ai programmi televisivi «Abc», ai fumetti, videocassette, canzoni, film e tutto quanto proviene da quella centrale diabolica che per decenni ha rappresentato gli Usa più della bandiera a stelle e strisce. La replica della Walt Disney a questa campagna è stata serafica: noi seguiteremo a fare quel che abbiamo sempre fatto, e cioè produrre buone cose per la gioia di tutti senza distinzioni e discriminazioni. D'altra parte la grande compagnia multimediale è abbastanza forte e ricca per replicare in maniera più diretta alle intimidazioni dei battisti. Ma lo scontro fra metodisti e Disney va molto al di là del colore e della curiosità: rappresenta il campo di battaglia di due guerre che si sovrappongono. Quella per la parità assoluta fra tutti i portatori di «differenze» (razziali, sessuali, religiose, di comportamento) e l'altro, bruciante, della separazione fra Chiesa e Stato. Naturalmente la Walt Disney non è lo Stato, ma dal punto di vista del cittadino medio Topolino è e resta il modello inconscio del sogno americano e la chiesa battista non vincerà facilmente la sua crociata. Paolo G lizzanti nti

Luoghi citati: Denver, New York, Stati Uniti, Usa