«Riforma in salsa bulgara» di Fabio Martini

presso la sede di Piazza Lagrange IL CASO «Riforma in salsa bulgara» Capo dello Stato con poteri più limitati': «MODELLI» E COMPROMESSI U ROMA NA riforma in salsa bulgara? L'allusione al Paese delle grandi unanimità è stata fatta ieri mattina in Bicamerale da un personaggio informatissimo sui sistemi elettorali come Peppino Calderisi e ha suscitato la replica piccata di Massimo D'Alema: «Calderisi, lei è una Cassandra...». Se l'allusione alla Bulgaria non piace a D'Alema, da parte sua Gianfranco Fini, nel suo intervento, ha parlato di «un modello originale, non noto, di tipo italiano». Insomma, l'ex comunista D'Alema rigetta ogni allusione ai regimi dell'Est, mentre l'ex neofascista Fini, preso da una suggestione tardo-nazionalista, è affascinato dall'idea di un modello italiano. Non c'è dubbio: con le definizioni siamo ancora aU'abc, non ne è venuta fuori ancora una soddisfacente, anche perché, dopo la cena in casa Letta, il «modellino» dovrà essere ancora modificato, messo a punto da Cesare Salvi. Eppure, se manca un'etichetta, i pilastri del nuovo sistema politico italiano sono stati piantati. La novità di gran lunga più corposa riguarda l'elezione diretta del Capo dello Stato. Ma il Presidente della Repubblica che esce dal compromesso D'Alema-Berlusconi-Marini-Fini è sprovvisto di quasi tutti i poteri che qualificano il Presidente francese. Il Presidente all'italiana non avrà i poteri eccezionali in caso di crisi interna o internazionale, il potere di promuovere in proprio i referendum, non presiederà più. il Csm, non avrà la rappresentanza della Repubblica nei rapporti internazionali, non sarà il capo delle Forze armate e avrà un mandato ridotto di 5 anni anziché 7 come in Francia. Fin qui i poteri sottratti al Presidente «alla francese». C'è grande dibattito - il punto è decisivo ed ancora aperto - se il Capo dello Stato abbia o no il potere di sciogliere le Camere. Per Fini, che ieri in Bicamerale ha parlato a nome del Polo, il Presidente dovrebbe poter sciogliere le Camere «senza la controfirma del premier» in tre circostanze: «In caso di crisi di governo, di dimissioni del premier e in caso di sfiducia approvata dalle Camere, anche a prescindere dalla presenza di una maggioranza alternativa». Al potere di scioglimento si oppongono popolari, comunisti e verdi ed è dunque difficile capire come andrà a finire, ma se il punto di incontro dovesse essere la doppia firma (Presidente e premier) a quel punto dalla Francia - già lontana - l'Italia si avvicinerebbe alla Bulgaria. «In effetti la Costituzione bulgara del luglio 1991 - spiega Ste¬ fano Ceccanti, autore assieme a Pasquino e Massari del più aggiornato saggio sul semi-presidenzialismo - prevede la controfirma del premier e che il Presidente della Repubblica possa sciogliere solo in caso di impossibilità di formare il governo. E questo ha dato luogo a seri inconvenienti». Spiega Ceccanti: «In Bulgaria un Presidente di destra eletto con un programma di pri¬ vatizzazioni, si è scontrato con un Parlamento socialista, guidato da un premier col potere di controfirma. Ci sono stati moti di piazza anche violenti e dopo mesi di caos una situazione incandescente che è durata per mesi». Certo, la Bulgaria è un Paese di democrazia poco consolidata, eppure il modello italiano in salsa bulgara potrebbe aprirsi sullo scenario descritto alcuni mesi fa da uno dei più autorevoli politologi come Maurice Duverger: «Una scelta folle sarebbe quella di eleggere un Presidente senza poteri: se l'eletto del popolo è scelto senza un legame sui programmi e senza dei chiari poteri di cui è responsabile, si crea un sistema perfetto per eleggere demagoghi che faranno promesse elettorali delle quali non dovranno presentare il conto». Uno scenario apocalittico? «Il potere di scioglimento - sostiene Calderisi - si esercita soprattutto quando non si scioglie, è un potere di deterrenza. Come scrive Mortati "è un fattore di stabilità dei governi". Il Presidente non dicendo mai in anticipo che scioglie o non scioglie determina una situazione di stabilità». E il Capo del governo? Non è ancora chiaro se sarà il Presidente a nominarlo o se invece il nome dei candidati premier compariranno sulle schede elettorali. Ma in questo caso - denunciano i critici dell'accordo - ci sarebbe il rischio di una «doppia legittimazione popolare». E quanto alla legge elettorale, anche in questo caso l'accordo non è definitivo, salvo la cornicerai primo turno l'elettore avrà due schede, con la prima eleggerà (a turno unico) i deputati del collegio uninominale e così sarà assegnato il 55% dei collegi. Sulla seconda scheda si attribuiscono il 25% dei seggi nella quota proporzionale. Al secondo turno saranno ammesse le due coalizioni con più voti e chi vince avrà il 20% di premio. In questo modo il 45% degli eletti alla Camera sarà stata eletta in base alle scelte delle segreterie dei partiti e soltanto il 55% si sarà misurata nei collegi. Con una possibilità, solo in parte teorica: che una coalizione che sia stata votata dal 28-30% degli elettori, ottenga il 55% dei seggi in Parlamento. Fabio Martini

Luoghi citati: Bulgaria, Francia, Italia, Roma