Storace all'attacco di Rutelli di Filippo Ceccarelli

Roma, l'esponente di An inaugura la campagna elettorale in Campo de' Fiori: «La conquisterò!» Roma, l'esponente di An inaugura la campagna elettorale in Campo de' Fiori: «La conquisterò!» Storace alPattacco di Rutelli Sfida da una piazza storica della sinistra PERSONAGGIO «EPURATOR» VUOL FARE IL SINDACO ROMA ELLA destra post-missina romana, dove evidentemente è ancora viva la cultura di Carosello, ora che sta per candidarsi come anti-Rutelli, al posto dell'ormai logoro «Epurator», con le varie sottospecie «Depurator», «Infiltrator» etc, hanno preso a chiamarlo «Gregorio», come quell'indimenticabile personaggio dei cartoni animati che in una remota pubblicità si autodefiniva «er mejo fusto der Pretorio». Tale romanissimo «Gregorio» appariva piuttosto insoddisfatto del suo ruolo: «Fa' la guardia nun me piace diceva - ciò du' metri de torace!». Si sentiva, cioè, chiamato a più alti destini. Proprio come Francesco Storace, che oltre a far rima con «torace», oggi pomeriggio dovrebbe candidarsi a sindaco di Roma per conto del Polo. Ma la questione interessante non è tanto questa, che in fondo già si sapeva, ne hanno parlato Fini e Berlusconi, gli ex democristiani del ccd traccheggiano, Teodoro Buontempo non sembra soddisfattissimo della soluzione, voleva candidarsi lui... No: almeno per una volta, al di là delle valutazioni strettamente politiche che riguardano anche i destini della presidenza della commissione Rai, di cui Storace è da nove mesi presidente, vale semmai la pena di segnalare il luogo in cui egh ha scelto di iniziare oggi pomeriggio la propria campagna elettorale: a Campo de' Fiori. «Una piazza che "conquisteremo" - ha spiegato l'altro giorno, valutando benissimo l'effetto creato automaticamente da questo genere di affermazioni - una piazza in cui non abbiamo mai avuto il coraggio di andare». Ora, lungi dal ripristinare le più dissennate logiche di controllo ideologico-territoriale tipo Anni Settanta, può sembrare una furba trovata mediologica quella di «espugnare» luoghi ormai privi di qualsiasi ostilità. E tuttavia la scelta di Storace è comunque forte, per quanto lui stesso, alla vigilia, ne ridimensioni «la valenza simbolica». Limitandosi a confermare che oltre a essere bella, e conosciuta per via della statua a Giordano Bruno, ivi abbrustolito dalla furia teocratica nell'anno 1600, Campo de' Fiori «è sicuramente di sinistra». Il che è vero, ma è anche poco, essendo in realtà, quell'area di cui ha scritto Corrado Stajano, più che «per» la sinistra, «contro» il potere costituito (della de e dei preti, fino a ieri). Un luogo d'intermittente opposizione, se non altro perché la mattina c'è un bel, rumoroso mercato e i torzoli di broccolo o i mandaranci non fanno politica. Una piazza storicamente più anticlericale che antifascista, se proprio bisogna dire. Popolare, voluttuaria, intellettualoide con qualche residuo fricchettonico. Salumieri rigogliosi, abiti di seconda mano, librerie femministe, ristoranti ex macrobiotici, hippy attempati, nuovi frequentatori del d'essai Farnese e tanti ricordi. I ricordi più estranei possibili, si deve onestamente riconoscere, dal mondo di un quarantenne di destra come Storace. E' a Campo de' Fiori, per la precisione alla «Carbonara», trattoria celebrata in un paio di sonetti romaneschi di Antonello Trombadori, che venivano a mangiare Jean Paul Sartre con Simone De Beauvoir, e Togliatti con la lotti, e Bufalini, Alicata, Terenzi: «Ch'odore che marinava la pancetta/ arosolata cor pommidorettob). E sempre a Campo de' Fiori che nella primavera del 1972, da gracchiantissimi altoparlanti venne diffuso un saluto dal carcere di Pietro Valpreda, capolista del Manifesto. Una piazza così rossa, allora - che poi stinse nel grigio sporco dei traffici di droga, pure con qualche dolorosa tinta da lazzaretto per tossicodipendenti, che il comizio de li gruppettari suscitò un altro sonetto comunista e romanesco, stavolta di Maurizio Ferrara. Il quale immaginò che a sentire il verbo estremista tale sor Evaristo, vecchio compagno del pei, stava per montare sul palco degli extraparlamentari con l'intenzione di «daje 'no sgrugnone», e «stava pe' scoppia 'n'acciapisto», ossia una rissa, l'ennesima, a Campo de' Fiori. Dove pure si celebrarono i funerali di Pasolini, e fu un momento così intenso che un libro che a Pa- solini ha dedicato Enzo Siciliano si intitola Campo de' Fiori, la cui notte «si dilata come un vuoto, pure nella strattura di casa cinquecentesche e popolari. Oltre le luci aranciate, in alto, le idee si dissipano». Lo sapeva comunque, Storace «eh! eh!» ridacchia al telefono - di quel libro del suo nemico presidente della Rai. Stasera il comizio. «La conquista non è geopolitica - osserva l'organizzatore di An Andrea Augello - ma simbolica, di temi». Come passa il tempo, comunque: anche a Roma. Filippo Ceccarelli Francesco Storace A destra: Campo de' Fiori con il monumento al filosofo Giordano Bruno che nella piazza romana morì sul rogo

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