Ecco l'arte di Kleiber maestro dell'assenza di Sandro Cappelletto

Il musicista apre stasera Ravenna Festival Il musicista apre stasera Ravenna Festival Ecco Parie di Kleiber maestro dell'osseina Avversario profondo dello «star system» non si esibiva in Italia da dieci anni RAVENNA. Il maestro dell'assenza riappare. Questa sera, dopo dieci anni di inviti sempre evitati, Carlos Kleiber, il musicista che come nessuno sa giocare con il suono, dirige un concerto in Italia, inaugurando il Festival di Ravenna. Musica, energia fisica in movimento, da manipolare, non sono rimasti senza esiti profondi gli studi di chimica che, ventenne, Carlos compie a Zurigo, nel cuore dell'Europa dove ritorna dopo l'adolescenza trascorsa in Argentina, portato dal padre Erich, anch'egli direttore, costretto ad emigrare dalle persecuzioni naziste. E' quella l'ombra che ancora lo accompagna, la presenza incombente che spiega i suoi silenzi? Le enciclopedie liquidano l'argomento: «Nemico della routine, spirito intransigente, preferisce non legarsi in modo stabile a qualche orchestra, a qualche teatro». In un mercato della musica che pretende dai suoi campioni una media, accertata, di cento concerti l'anno, lui non arriva alla decima parte. Rifiuto delle cadenze industriali imposte anche a quel mestiere, snobismo concesso al genio, impossibilità fisica e psichica a darsi di più? Lui stesso - l'uomo è di simpatia imprevedibile - narrava una notte a Pompei (lo aveva convinto a venire Francesco Siciliani), dopo due sinfonie mozartiane radiografate volando lieve come la colomba del «Franco cacciatore» di Weber: «Ho due cassetti. Nel primo tengo il dinero, nel secondo i contratti. Quando il primo è vuoto, apro il secondo». Sublime franchezza, sprezzo dell'aura che s'addensa sul capo dei maestri, trasformandoli in feticci da venerare. C'è qualcosa di anomalo anche in questa presenza ravennate: sostituisce infatti Georg Solti Carlos Kleiber «per amicizia verso la famiglia Muti». Vantaggi dell'imprevedibile: lo star-system della bacchetta non contempla, per i grandi in attività, caselle vuote nel mese di giugno. Anche il barone von Ochs, nel «Cavaliere della Rosa», potrebbe parlare una simile lingua del disincanto e della cortesia. E sono questi, da Mozart a Richard Strauss, i confini che coinvolgono Kleiber, la Vienna perduta e rimpianta, reinventata nei valzer e nelle polke che dirige ai concerti di Capodanno, luminoso come la scia di una cometa lontanissima. Forse per distinguersi dal padre, che tenne a battesimo «Wozzeck» e «Suite lirica» di Berg, Carlos è tetragono alla modernità: peccato, i grandi compositori di oggi avrebbero bisogno di tanto carisma e tale è il suo prestigio che saprebbe imporre qualsiasi titolo a qualsiasi teatro. Abbiamo una seconda certezza. Non lo vedremo mai dirigere il traffico ad un concerto dei tre tenori. Non gli è estranea, invece, la drammaticità: la fatalità della morte nel «Tristano» alla Scala nel 1978, la felicità promessa e negata di «Bohème», gli spruzzi del mare e l'angoscia del popolo nella tempesta dell'«Otello» di Verdi: produzioni, le due ultime, più volte riprese e dirette, con l'orchestra milanese, anche a Tokyo. La sua bussola genialmente umorale punta ora l'ago sull'eroismo beethoveniano (Ouverture Coriolano), poi, a contrasto, sul Mozart della Sinfonia K 319, con la frenetica tarantella del Finale, per concludere con la Quarta Sinfonia di Brahms. Suona l'Orchestra di Monaco di Baviera: non è la sua, del resto non ne ha, ma il direttore alchimista, dunque mago, sua la farà diventare. Sandro Cappelletto Carlos Kleiber