Norma europea elenca i prodotti consentiti per la concimazione e la difesa

Norma europea elenca i prodotti consentiti per la concimazione e la difesa Certificazione: ecco come si ottiene Norma europea elenca i prodotti consentiti per la concimazione e la difesa Un rigido sistema di controlli garantisce la genuinità I metodi biologici escludono in modo assoluto l'impiego di prodotti di «sintesi» con particolare riguardo dei derivati della chimica del carbonio. E' consentito invece l'impiego di concimi organici derivanti dalle piante o dagli animali, e anche di sostanze che si trovano normalmente in natura o che sono usate tradizionalmente come lo zolfo o il solfato rame. Per la protezione delle coltivazioni è consentita l'utilizzazione di insetti, batteri, funghi che hanno una funzione utile per combattere altri organismi simili ma nocivi. Un problema per i produttori è rappresentato dal fatto che per ora, in Itaba, l'unica «difesa» di questo tipo veramente accessibile è il bacillo che serve a combattere la tignola della vite. Prodotti utilizzati in altri Paesi come la carpocapsa (combatte il verme delle mele) non hanno ancora ottenuto l'autorizzazione del ministero dell'Agricoltura. In generale i metodi di coltivazione biologici, per essere efficaci, impongono pratiche differenti da quelle convenzionali: si utilizzano varietà di piante più resistenti, che per sopravvivere non richiedono trattamenti particolari, si fa ricorso alle rotazioni delle culture, ai cosiddetti «sovesci o concimazioni verdi» (interramento di crucifere, erba medica, ecc.) per ridare vigore e sostanza (azoto, ecc.) al terreno. Non si tratta di indicazioni generiche: la norma europea che presiede al sistema di certificazione dei prodotti biologici (Regolamento Cee 2092/91) indica uno a uno i prodotti che possono essere impiegati per la difesa e la concimazione. Non è possibile utilizzare nulla di quanto non sia espressamente citato nella Usta. Per garantire il rispetto di queste prescrizioni è stato creato un sistema «gerarchico» controllato del ministero dell'Agricoltura e dalle Regioni che abilita alcuni organismi a «certificare» le caratteristiche biologiche dei prodotti. Attualmente otto operano a livello italiano e uno nel Trentino Alto Adige. Se il consumatore vuole essere sicuro che il prodotto acquistato corrisponda ai requisiti definiti, sull'etichetta deve ritrovare il nome dell'Organismo di certificazione. Si tratta di una cosa seria. L'azienda che aderisce al sistema è tenuta a una serie di pratiche amministrative che aeevo- lano i controlli. Deve aggiornare un quaderno di campagna in cui vengono annotate le operazioni eseguite sulle colture. E' tenuta a compilare regolarmente i registri di carico/scarico dei prodotti che utilizza. Ha l'obbligo di conservare i documenti che identificano la quantità, la natura e l'origine delle materie prime utilizzate. In tal modo è possibile risalire a «monte» nei controlli e verificare che nelle catena di trasformazione dei prodotti non ci siano dei «buchi» derivanti dall'utilizzazione di procedimenti non biologici. Inoltre gli organismi di certificazione organizzano periodicamente ispezioni sul campo ed effettuano l'analisi dei prodotti in modo da controllare che non esistano tracce di pesticidi o di altre sostanze non consentite. Il meccanismo, insomma, è abbastanza complesso e comporta dei costi che non tutti i produttori sono disposti ad affrontare anche se gli organismi di certificazione cercano di tenere bassa la soglia di ingresso (anche sotto al milione di lire) per certificare i produttori più piccoli. Questo significa che possono esistere prodotti effettivamente biologici ma non certificati, provenienti da piccoli agricoltori o da laboratori artigiani. 11 problema, per il consumatore, è che è difficile distinguerli da quelli che biologici non sono. Il sistema della certificazione si estende anche alle produzioni animali (latte, formaggi, uova, carne, ecc.) benché, in realtà, per la zootecnia non esista ancora una norma europea, bensì un «disciplinare» redatto dalla Federazione internazionale degli organismi di certificazione. Come funziona? Le nonne stabiliscono che gli animali debbano essere nutriti con foraggi e mangimi ottenuti con metodi biologici. Ma c'è di più: l'approccio biologico, per essere fedele alla ricerca di un maggior rispetto della natura, impone di non «stressare» gli animali come invece avviene negli allevamenti ad alta produttività. La norma prevede che dispongano di una zona di pascolo, o comunque possano muoversi esternamente alle stalle. Pollame e conigli non possono essere allevati in gabbia. Eccetera. Sono consentite le pratiche genetiche comuni (inseminazione artificiale) ma in cambio, ad eccezione delle vaccinazioni obbligatorie, gli animali vanno curati con metodi omeopatici. Per quanto riguarda i prodotti finiti, i principi sono analoghi: si tratta di non spezzare la catena della naturalità. Quindi le materie prime impiegate devo essere biologiche, la lavorazione deve avvenire in fasi e/o luoghi separati rispetto alle lavorazioni tradizionali.

Luoghi citati: Trentino Alto Adige