Assalto alla villa rapito un industriale

Brescia, appello del figlio di Giuseppe Soffiantini: «E' malato di cuore, ha bisogno di cure continue» Brescia, appello del figlio di Giuseppe Soffiantini: «E' malato di cuore, ha bisogno di cure continue» Assalto alla villa, rapilo un industriale Ammanettano la moglie: «Te lo faremo ritrovare» BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO I cani hanno iniziato ad abbaiare all'una di notte, quando da un ripostiglio della taveraetta, nel seminterrato della villa, Adele Mosconi, 63 anni, incaprettata con un fil di ferro e ammanettata ai polsi, ha trovato il coraggio di mettersi a urlare. Anche se nessuno poteva sentirla. Appena due ore prima, tre banditi, incappucciati e armati di pistole, avevano portato via suo marito, Giuseppe Soffiantini, 62 anni, ricco e noto imprenditore tessile di Manerbio, paesone della Bassa padana, tra Brescia e Cremona. La donna ba dovuto aspettare l'arrivo della domestica alle 8,30 del mattino per essere liberata e raccontare, prima al figlio maggiore Carlo e poi ai carabinieri, quanto era accaduto la sera precedente. Solo a quel punto, con 10 ore di ritardo, è scattato l'allarme per una caccia all'uomo, estesa in tutt'Italia, ormai inutile. Erano le 22,30 quando i tre sequestratori, leggero accento meridionale, modi spicci, così li ha descritti la dcnna ancora sotto choc, hanno fatto irruzione nella villa, una casa a due piani color salmone, circondata da un enorme e bellissimo parco (nell'87 Bettino Craxi ci girò uno spot elettorale), appena fuori dal paese, sulla provinciale per Brescia. I coniugi Soffiantini avevano lasciato le finestre aperte, perché l'altra sera, a Manerbio, faceva molto caldo. Quel caldo afoso e opprimente che caratterizza il clima della Bassa in questa stagione e scontorna nell'umidità ogni particolare, ogni ricordo. Così nessuno in paese ha notato auto o persone so¬ spette aggirarsi nei pressi della villa. Nessuno ha visto le tre ombre che nel buio, dopo aver fatto un buco con un tronchese nella rete metallica che segna i confini del parco sul retro della villa, si sono introdotte nell'abitazione dei Soffiantini per sequestrare l'imprenditore. L'altra sera, dopo aver salutato il figlio più giovane, Paolo, che come al solito si era recato a cena dai genitori (per poi rientrare in caserma a Brescia, dove svolge il servizio militare), Adele e Giuseppe Soffiantini si erano seduti davanti alla tv nel salone al pianoterra, per guardare «I tre tenori». Così non si sono accorti di nulla, finché davanti a loro sono comparsi i sequestratori con le armi spianate. «Non ti preoccupare, te lo faremo ritrovare», hanno detto i banditi alla moglie prima di andarsene. Mentre Adele, Lina per gli amici, li scongiurava di non fargli del male, di stare attenti, perché Giuseppe, operato al cuore qualche anno fa per l'aggiunta di un secondo by-pass, ha bisogno di cure continue, deve sottoporsi spesso ad analisi del sangue per stabilire il dosaggio dei medicinali da prendere. Lina ha fatto in tempo a spiegare ai banditi che medicine avrebbero dovuto somministrargli (4 milligrammi di Sintron al giorno). Poi è stata legata e chiusa nel ripostiglio del seminterrato. Con il laccio di ferro che le premeva il collo, la donna, spaventatissima, ha iniziato a chiamare aiuto verso l'una di notte: un lamento sentito solo dai due cani alla catena, il cui latrato, proseguito fin verso le 4 del mattino, si è perso nei campi di granturco circostante, senza che i vicini di alcune villette adiacenti si preoccupassero. Adele Mosconi ha dovuto aspettare l'arrivo della cameriera e del giardiniere, alle 8,30 del mattino, per essere liberata. I due hanno poi avvertito il figlio più grande, Carlo, dirigente nell'azienda del padre, il quale ha telefonato ai carabinieri e subito dopo all'amico più stretto della famiglia, Giordano Alghisi, coetaneo ed ex socio di Soffiantini: «Ho bisogno di aiuto», gli ha detto. «E io - racconta Alghisi - lì per lì ho pensato che ne avesse bisogno per lavoro». Carlo Soffiantini, in serata, ha letto un comunicato: «Mio padre è gravemente malato di cuore, ha bisogno urgente di farsi visitare a breve e necessita di cure continue». Un sequestro di persona da professionisti del crimine, che l'ultima volta, da queste parti, avevano colpito nel '91, con il rapimento di Roberta Ghidini. Un sequestro i cui unici prodromi, secondo indiscre¬ zioni, potrebbero trovarsi in oscure minacce ricevute un paio di anni fa da Soffiantini in Sardegna, dove a Suni, nel nuorese, aveva aperto un piccolo impianto tessile e da dove era tornato lunedì dopo una permanenza di 4 giorni. Ma il comandante provinciale dei carabinieri di Brescia, colonnello Gagliardo, lo definisce «atipico». Perché i tre rapitori ma non è escluso che ad attenderli, su un'auto poco distante, ci fosse un quarto complice -, prima di andarsene, si sono fatti aprire la cassaforte e hanno portato via dei gioielli, e non contenti sembra che abbiano anche prelevato dalle pareti i quadri più preziosi della collezione di Soffiantini. Un lavoro che avrebbe richiesto più di mezz'ora di tempo. Fin troppo per la rapidità con cui si svolgono normalmente i sequestri di persona. Ma evidentemente i malviventi erano sicuri del fatto loro, avevano studiato le abitudini della vittima. E sapevano come colpire. Non a caso si è saputo che nel pomeriggio le ricerche di Soffiantini si erano già estese sui monti dell'Aspromonte, in Calabria. Notizie che però gli inquirenti, coordinati dal pm Luca Masini, chiusi nel più stretto riserbo, non confermano né smentiscono. Paolo Colonnello Tempo fa aveva ricevuto minacce in Sardegna dove aveva avviato un'azienda: dall'isola era rientrato lunedì Ricerche in Calabria L'allarme è scattato solo dopo molte ore I tre banditi sono fuggiti dopo aver rubato gioielli e quadri L'imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini, 62 anni. E' stato rapito nella notte di martedì