Lo sfogo di Loi «Molte delle cose dette saranno presto smentite» di Chiara Carenini

Lo sfogo di Lei Lo sfogo di Lei «Molte delle cose dette saranno presto smentite» LIVORNO NOSTRO SERVIZIO Stringe le mascelle, il generale Bruno Loi, e ricorre alle metafore per dissimulare quell'amarezza che, alla fine di un colloquio con i giornalisti, lo spinge a dire: «Sono un uomo di fede, in questo mondo o nell'altro andrà tutto a finire bene». Tra le pieghe della chiacchierata, che Loi vorrebbe informale (in piedi nel parco di Villa Orlando, sede del Comando Brigata della Folgore), escono notizie: «L'elenco dei soldati italiani accusati di violenze dal tribunale di Mogadiscio riguarda tutte persone addette a portare i viveri nei villaggi». E ancora: «Nei prossimi giorni molte cose che sono state dette verranno smentite con i fatti». Non foto, ma cose dette «solo per sentito dire, quelle cose che, passate di bocca in bocca, fanno diventare una persona qualsiasi un reduce davanti ai nipotini». La seconda giornata livornese del generale Loi si svolge tutta al Comando Brigata dove assieme agli archivisti e agli ufficiali che allora fecero parte delle operazioni Ibis e Ibis H rimette insieme gli ordini di servizio di allora e il diario che ogni ufficiale tiene con sé durante le campagne di guerra. Già, le «campagne di guerra». E' l'ora «di ristabilire la verità - dice Loi -. Quello di Restore Hope è stato un intervento per ristabilire una cornice di ordine e sicurezza in una zona di guerra». Un'operazione militare per ricreare e mantenere la pace: questa è stata Restore Hope. «Ci fossero altre 50 fotografie come quelle - dice Loi, e ancora stringe le mascelle - non potrebbero cancellare quello che è stato fatto in Somalia da 11 mila uomini che hanno sputato letteralmente il sangue. Undici ne sono morti e tanti sono rimasti mutilati, feriti. E non posso dimenticare il 2 luglio del '93 (quando tre paracadutisti furono uccisi nell'agguato al checkpoint Pasta, ndr). Quel giorno i nostri militari hanno visto uccidere i loro compagni e non hanno reagito, non hanno sparato. Avevano il pollice pronto sui bottoni della mitragliatrice 12.7, avrebbero potuto tagliare in due gli aggressori con quella mitragliatrice. Ma non hanno reagito per non innescare una carneficina». Parla, Loi, e parla della «sua» Somalia, dei suoi ricordi «infangati da chi non conosce l'onore militare perché non crede e non condivide l'onore di questa divisa», dei questionari anonimi che venivano fatti compilare alla truppa per sondare la soglia di sopportazione dopo tre mesi di guerra in Somalia: «Dopo tanti giorni di proiettili e sassi addosso - dice Loi qualcuno scriveva che non ce la faceva più e che odiava tutti. Uno stato d'animo comprensibile che ha comunque impedito sempre la violenza». La violenza della guerra e la violenza di quelle fotografie: «Quella che mi ha fatto più male è la seconda, un insulto alla femminilità, l'avvilimento della dignità di donne e di uomini». No, questa faccenda non influisce sul morale della Folgore, né sul dibattito per la riforma delle Forze Armate «avviato già dopo la caduta del Muro di Berlino». Si tratta adesso di lavorare per ricostruire il chi, il come, il quando, perché il nemico «si combatte di fronte, anche quando colpisce alle spalle». Chiara Carenini

Persone citate: Bruno Loi, Loi, Pasta, Villa Orlando

Luoghi citati: Berlino, Livorno, Mogadiscio, Somalia