Federalismo, così cambia il «condominio Italia». di Antonella Rampino

La bozza preparata dall'ex de D'Onofrio sotto le forche di 140 emendamenti; poi toccherà alle Camere La bozza preparata dall'ex de D'Onofrio sotto le forche di 140 emendamenti; poi toccherà alle Camere Federalismo, così cambia il «condominio Italia» Ma in agguato c'è l'autonomia fiscale ROMA. L'Italia ha deciso di cambiare la propria ragione sociale. La Repubblica che conoscevamo una e indivisibile, ancorché ripartita «in Regioni, Provincie e Comuni», come recita l'articolo 114 dell'attuale Costituzione, diventerà una «Repubblica costituita da Comuni, Provincie, Regioni e Stato». Sembra uguale, ma non lo è affatto: lo Stato italiano, per la prima volta, è messo sullo stesso piano del comune di Codignola, della regione Basilicata, della provincia di Varese. «E' un bene» osserva il filosofo deputato Rocco Buttiglione, da sempre ideologo contrario allo statalismo, una corrente di pensiero che il segretario del edu fa risalire a Hegel e giungere fino all'ex Unione Sovietica. «E' un male» strilla Rifondazione tutta. Perché alcune competenze sarebbe bene che allo Stato rimanessero, «e rimarranno», assicura per tutti Buttiglione. La bozza che il costituzionalista ex democristiano Francesco D'Onofrio ha scritto sul federalismo, che sta passando in questi giorni al vaglio di 140 emendamenti, votati a raffica in commissione Bicamerale, dovrà poi arrivare ad affrontare altri mille e mille emendamenti alle due Camere. E', dunque, solo una proposta. Ma contiene le indicazioni di come sta cambiando il condominio Italia. Ovvero: quanti millesimi diamo alla tal regione, che peso ha lo Stato nelle sue strutture centrali, cosa può arrivare a fare il singolo cittadino. Perché tra i princìpi «di un vago federalismo», come li chiama Marcello Pera di Forza Italia, princìpi che comunque si vanno affermando nella Sala della Regina, il più importante è quello che fa già da cardine all'Unione Europea: la sussidiarietà. Ovvero, si metterà per iscritto in Costituzione che, quello che lo Stato non riesce a fare, lo possono fare i Comuni, le Regioni, le Provincie. Oppure i cittadini. La battaglia, su questo come su tutto, in Bicamerale è feroce. «Sia chiaro che la Scuola resterà di competenza dello Stato» è stato costretto, per esempio, ad affermare il presidente D'Alema. Mentre Rifondazione e i Verdi accusavano «si vuol fare del thatcherismo all'italiana». Perché, se letta da destra verso sinistra, la sussidiarietà è un principio, assai positivo, di cosiddetta deregulation. Se letta da sinistra verso destra, è mettere sullo stesso piano l'Autorità Pubblica e il Privato Cittadino. E dunque, se così andranno le cose, i privati potranno entrare nella gestione della cosa pubblica: interessante notare che l'emendamento è passa¬ to grazie alla cordata trasversale tra Popolari e Polo. Infatti è proprio Calderisi di Forza Italia a dire «stiamo assistendo a una rivoluzione». Calderisi, che gira con i faldoni sotto il braccio, spiega: «Perché questa è proprio la riforma uscita dalla penna di Berlusconi. Scriva: si tratta del 3122, atti della Camera». In un altro passo della riforma federalista si legge: «Roma è la capitale dello Stato». In Costituzione non c'era, ma che così fosse 10 sapevano anche i bambini. Attenzione: il sindaco Rutelli ha espresso la propria contentezza «per il riconoscimento al ruolo della nostra città», ma adesso quella frasetta, per tutti così scontata, dovrà essere votata in Parlamento. E se in aula non passasse? Forse l'ipotesi è peregrina, ma a giudicare dai commenti che la frase ha raccolto dalla Lega e da parte di An potrebbe anche non essere così, con tutte le conseguenze del caso. Tra gli articoli ancora da varare, ce ne potrebbe essere qualcuno inquietante. Per esempio: se un certo passaggio del numero 6, 11 più scabroso, a lungo rimandato, e di cui si parlerà solo stamattina, perché è quello che riguarda l'autonomia fiscale, si incrocias- se con la riforma del Parlamento in base alla quale nel Senato verrebbero rappresentate anche le Regioni, ne potrebbe venir fuori che alla fine le realtà locali avrebbero anche potere di veto sui provvedimenti dello Stato. Come, per esempio, la Finanziaria. «Voglio proprio vedere se una cosa simile passerà», commentava Marcello Pera. «Confidiamo nel buon senso: abbiamo detto che faremo il bicameralismo perfetto, dunque il Senato non potrà avere quei poteri» spiega Rocco Buttiglione. Già: ma uno dei nodi di scontro forte è proprio sul Senato. Perché per un naturale istinto di difesa e sopravvivenza, i senatori potrebbero comunque «impallinare» il bicameralismo perfetto. E ieri, in Bicamerale., lo scontro sull'articolo 6, a discussione appena accennata, è stato forte. Perché Tremoliti, l'ex ministro delle Finanze del governo di Berlusconi che in qualche modo del «federalismo fiscale» italiano ha il copyright, ha presentato emendamenti «forti» in direzione dell'autonomia tributaria delle Regioni. E il pds si è spaccato. La discussione riparte stamattina. Antonella Rampino La riforma stabilisce che Roma è la capitale ma che lo Stato è sullo stesso piano di Regioni Comuni e Province Nella foto a destra l'ex ministro Giuliano Urbani parlamentare di Forza Italia

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