Giù il sipario sul vertice delle delusioni. Prodi: l'intesa finale al di sotto delle aspettative di Cesare Martinetti

***** Tradite le ambizioni di 15 mesi prima. Anche Kohl ha dovuto piegarsi alle pretese dei partner Giù il sipario sui vertice delle delusioni Prodi: l'intesa finale al di sotto delle aspettative AMSTERDAM DAL NOSTRO INVIATO E' finito tutto che erano quasi le 5 del mattino, quando i canali di Amsterdam cominciavano a riflettere l'annuncio di un'alba chiara, e mentre le montagne di muscoli tatuati degli operai che aspettavano di smontare il tendone del «circo» europeo già fremevano d'impazienza. Stravaccati sulle poltrone come una guarnigione che attende l'inizio della guerra, non si sono mossi nemmeno quando a cinque metri da loro è iniziata la sfilata dei «grandi» di quest'Europa che da oggi avrebbe dovuto essere più unita e più forte. E che invece s'è scoperta litigiosa, nazionalista, poco sondale, attaccata al suo particulare, incapace - per usare un'immagine dell'equipe diplomatica italiana - di saltare l'asticella alla misura ambiziosa dove era stata posta da questi stessi «grandi», quindici mesi prima, quando cominciò il negoziato intergovernativo per la riforma del trattato di Maastricht. Anche l'immenso e iracondo cancelliere Kohl ha dovuto piegarsi all'ultimo imbizzarrimento, quello dello spagnolo Aznar che, alle 2 di notte, ha scoperto di non aver portato a casa nulla, ha chiesto di diventare un «grande» anche lui ed ha preteso gli stessi voti in Consiglio di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia. Kohl aveva detto: «A mezzanotte me ne vado». E' rimasto anche lui fin oltre le 3 intorno al tavolone ovale. Aznar ha avuto solo una «promessa», ma l'ha ritenuta «satisfacloriati. Una delle tante promes- se e dei tanti rinvii di questo vertice. L'Europa verrà, abbiate fiducia. Kohl, per esempio, è ripartito verso i guai di casa sua senza rinunciare all'immagine che spesso usa parlando d'Europa: «L'Unione va avanti, come la corrente del Reno, a volte più rapida, a volte più lenta. Ma va». E' la concessione alla retorica che può permettersi l'azionista di maggioranza di questo sodalizio che dal vertice di Amsterdam ha incassato due cose importanti: il patto che garantirà all'euro una stabilità pari a quella del marco e l'avvio del processo di allargamento ai Pae¬ si dell'Est. Vuefiches indispensabili al cancelliere per continuare a giocare sul difficile tavolo di casa. Ora gli tocca decidere «lacrime e sangue» da dispensare ai tedeschi per tener fede a quei parametri contabui per i quali s'è battuto qui ad Amsterdam. E il primo annuncio di sacrifici è stato rivolto ai giornalisti: «Fatevi pagare gli straordinari per questa notte, prima che vengano aboliti». Il più contento di tutti sembrava Tony Blair, con quel suo sorriso d'ordinanza stampato sulla faccia. Il riflesso condizionato lo ha fatto sorridere e gesticolare anche verso le telecamere a circuito chiuso. S'è presentato nella sala stampa annunciando: «Siamo soddisfatti, abbiamo ottenuto tutto ciò che volevamo». Peccato che quel «tutto» fosse nel solco della più dura tradizione inglese: no all'estensione del voto a maggioranza nelle decisioni dell'Unione, no a una difesa e a una politica estera comuni, no ad uno spazio comune di libera circolazione dei cittadini. Il Regno Unito continuerà a custodire le sue frontiere anche nei confronti di chi proviene da altri Stati dell'Unione. Per quel che riguarda la politica economica, poi, l'Inghilterra laborista ha subito dimostrato quanto artificiale fosse la nuova Europa «socialista» convenuta solo due settimane fa a Malmoe. Allora il neo primo ministro francese Jospin si era rivolto con toni quasi accorati al «camarade Toni», ricevendone freddezza britannica. E ad Amsterdam, sulla questione occupazione aperta dai francesi, Blair ha prontamente schierato il suo cancelliere dello Scacchiere Brown al fianco di Kohl: nessuna spesa pubblica per dare lavoro, ma flessibilità e... flessibilità. Qualche metro più in là, nella sala briefing dei francesi, un Jospin pallido e tirato assisteva quasi come uno spettatore al dialogo di Chirac con la stampa. Il nuovo trattato? «E' raisonnable». E' ragionevole. Anche il presidente francese, come tutti i leader, smorzava le delusioni: «L'Europa avanza, con determinazione e con prudenza». E qual è lo stato dei rapporti della «coppia» franco-tedesca? «Andiamo nella stessa direzione praticamente su tutte le questioni. L'appoggio è reciproco, davvero. Non fatevi condizionare dalla stampa tedesca che spesso monta difficoltà immaginarie». Nella saletta italiana Prodi, dopo aver risposto in inglese a due domande straniere, trovava lo spirito di ribattere un «impertinente» ad Antonio Foresi del Tgl che gli chiedeva se poteva fargli una domanda «in italiano». Accanto a lui, Lamberto Dini era di umore nero. La diplomazia italiana aveva fissato l'obbiettivo di una soluzione «alta» per il nuovo trattato e una serie di punti «irrinunciabili». Le ragioni della politica li hanno convertiti in «rinunciabili». L'intesa finale, ha detto Prodi, è «inferiore alle speranze», ma non «al di sotto delle aspettative». E' la differenza che corre tra cuore e ragione: «Sapevo come stavano le cose in Europa e durante il vertice si sono visti scontri per interessi nazionali di cui è poco gradevole parlare». L'Italia, ha detto Prodi, non ha puntato i piedi come la Spagna «perché i piedi si puntano sulle cose serie». E noi, dentro il bouìllon di Amsterdam, siamo stati i «più aperti ai sacrifici per la causa europea». Finalmente, alle 5 meno un quarto, scomparse anche le hostess olandesi sulle loro lunghe gambe, gli impazienti operai hanno cominciato a smontare telefoni, tavoli, computer, frigoriferi, cucine, latri¬ ne che per tre giorni hanno trasmesso e ricevuto gli umori della tribù del vertice. Solo i giornalisti francesi non riuscivano a staccarsi dalla tivù che ritrasmetteva come in un blob involontario la conferenza stampa del presidente della Commissione Santer: «L'Europa va avanti... a passi misurati». E giù risate. Cesare Martinetti Alla fine anche Aznar si impone e pretende lo stesso numero di voti in Consiglio degli altri Paesi Teso Jospin, raffica di no da parte inglese Santer: «Si va avanti anche se a passi molto misurati» ***** * * ^