Piazza Fontana? Non fa storia. «Tutte le dimenticanze degli studiosi»

polemica. Due giornalisti raccolgono documenti e relazioni della commissione Stragi. e accusano polemica. Due giornalisti raccolgono documenti e relazioni della commissione Stragi. e accusano Piazza Fontana? Non fa storia «Tutte le dimenticanze degli studiosi» A ROMA proposilo di stragi che giusto in questi giorni, con gli arresti per piazza Fontana, ritornano d'attualità: dove sono gli storici? Come mai questa «diffusa reticenza», questa «marcata avversione» a occuparsi di un argomento che ha senz'altro peso e rilevanza - appunto - storica? Perché, pur essendo trascorsi ormai 28 anni, nessuno o quasi degli autori «ufficiali» s'è azzardato non tanto a dare una spiegazione o un'interpretazione sull'eccidio di Brescia o sull'Italicus, su Peteano o il rapido 904, ma neanche ha consultato le mille carte ormai disponibili su quelle sempre meno «oscure» vicende? E a questo punto, con l'orgogliosa e meticolosa sicurezza di chi ha passato anni su ogni possibile e immaginabile trama del cinquantennio repubblicano, Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli, il primo valoroso giornalista dell'Ansa, il secondo consulente della commissione Stragi e perito nell'inchiesta Salvini sulla strategia della tensione, fanno seguire un'impietosa contabilità. «Passando in rassegna le opere più recenti - scrivono Scoppola dedica complessivamente 5 pagine su 437 alle stragi e al caso Sifar; Lepre 8 su 342; Ginsborg 3 su 576»; Lanaro, 6 su 455; la Colarizi 5 su 687. Né si salvano Mammarella o Santarelli, e ancor meno «la monumentale Storia dell'Italia repubblicana dell'Einaudi» che delle quasi 5.000 pagine previste, «non dedica neppure un saggio specifico al tema, limitandosi a un brano di Tranfaglia dedicato all'evoluzione dei terrorismi (sia di destra che di sinistra)». Fa eccezione, in pratica, solo Piero Craveri, con un «corposo paragrafo (18 pagine), ricco di utili intuizioni». Mediamente, calcolano Cucchiarelli e Giannuli nel loro volumone Lo Stato parallelo. L'Italia «oscura» nei documenti e nelle relazioni dei- la Commissione Stragi (ed. Gamberetti), quei lavori «accademici» dedicano alle stragi «circa l'I per cento del loro spazio». Ma non basta perché questo «impressionante silenzio» è confermato dalla vicenda del cosiddetto archivio parallelo del Viminale: su quei documenti cruciali, insistono, «sono intervenuti magistrati, giornalisti, funzionari ministeriali, ma non si è sentita la voce di un solo storico, anche solo per reclamare il passaggio di quelle carte agli Archivi di Stato». Se non altro per queste premesse, quello di CucchiarelhGiannuli non si può definire un libro di storia. E' piuttosto una straordinaria antologia - con esaustivi riferimenti cronologici, bibliografici e perfino quattro pagine di sigle - che consente di ricostruire in maniera abbastanza nitida, almeno secondo gli autori, la nascita e lo sviluppo in Italia di un «un doppio potere», nel quadro di «una guerra non dichiarata, a bassa intensità militare, ma ad alta valenza politica». Le fonti, perciò, sono spezzoni di piani segreti e documenti sequestrati dalla magistratura, istanze e ordinanze di rinvio a giudizio, interrogatori, rapporti dei CC e dei servizi, relazioni e bozze di relazioni parlamentari, registrazioni e nastri magnetici, memoriali dei protagonisti. Tutto quanto, insomma, risulta tra¬ scurato dagli storici. Che in parte si ribellano, di fronte a questa polemica, in parte no. Pur contestando il criterio contabile - «non ha assolutamente senso, dato che il taglio interpretativo conta molto più della quantità di pagine» - Si¬ mona Colarizi respinge l'accusa di «reticenza», ma riconosce «le difficoltà» dello storico: «Sulle stragi mancano documenti definitivi, e spesso le sentenze dei processi sono opposte le une dalle altre. All'incertezza documentaria corrisponde un'incertezza di conclusioni. Le carte processuali, in più, sono troppe: esaminarle tutte è un lavoro troppo impegnativo per un solo studioso. Ci vuole un'equipe». Anche Pietro Scoppola ammette che l'esame dei documenti giudiziari è un «lavoro immane» che comunque «andrà fatto». Ben venga, intanto, ogni divulgazione di carte processuali e simili, «anche se dal documento alla storia - fa osservare - c'è un bel passo». Nello specifico, e cioè sulle stragi, Scoppola conferma che «da Tambroni in poi c'è o si nota un filo alternativo, un risvolto segreto che non va enfatizzato, ma esiste e comunque ancora non consente di avanzare ipotesi o interpretazioni globali». Molto più netto - e ih qualche modo anche soddisfatto di detenere il primato della trascuratezza stragistica - Aurelio Le¬ pre: «La documentazione a riguardo - spiega - è scarsa e confusa. Ma pure ad averne di più, come sa chi ha esperienza, il materiale di polizia va maneggiato con molta cautela». Quindi: «Non aumenterei lo spazio sullo stragismo. La storia di un Paese non è solo la sua storia politica. E poi ho molti dubbi che le stragi abbiano cambiato il corso della storia». Risoluto, in questo senso, Giovanni Sabbatucci: «Dietro lo stupore o lo scandalo per il poco spazio c'è o può esserci la convinzione, diffusa e già espressa da certa pubblicistica, che le stragi siano alla base della "vera" storia d'Italia. Una storia naturalmente segreta, meglio se mossa da un unico grande disegno dentro cui inserire tutto, che spiega i più autentici moventi della storia apparente». Secondo Sabbatucci, in realtà, «non è detto che Ja storiografia recente sia in grado di affrontare qualsiasi argomentò aperto, non concluso. Se lo storico, per definizione, è quello che arriva dopo, è bene che sia prudente». Filippo Ceccarelli Colarizi: «Nessuna reticenza». Scoppola: «Un lavoro immane che comunque si dovrà fare». Lepre: «Materiali da maneggiare con molta prudenza» Qui a fianco un'immagine della strage alla stazione di Bologna, nell'estate del 1980 A destra piazza della Loggia, sotto l'Italicus

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