Il boom dell'autore fantasma

/più bravi guadagnano cifre da capogiro IL CASO. Da Iacocca alla Trump, trionfano negli Stati Uniti le autobiografie di celebrità scritte da «ghost-write^ Il boom dell'autore fantasma /più bravi guadagnano cifre da capogiro ENEW YORK ENZA l'aiuto di (...) non avrei mai portato a termine questo libro». «Insieme abbiamo cercato la verità». «Non ho parole per ringraziare (...) per il talento e le idee che ha portato in questo progetto. Senza di lui non stareste leggendo questo libro...». Quante volte vi è capitato di leggere calde parole di ringraziamento al principio di un libro, soprattutto se era un libro americano? La formula varia da un grazie asciutto a una frase affettuosa o spesso spiritosa, ma la sostanza è sempre la stessa: il libro che stiamo per leggere non è scritto dalla persona che 10 firma, ma da quella che viene ringraziata. E questo, nel panorama editoriale di oggi, che cosa significa? Significa tre cose: la prima è che 11 ghostwriting (cioè la formula per cui a scrivere un libro non è chi lo firma, ma un ghost, un fantasma il cui nome non appare sul frontespizio) è diventato un'arte, riconosciuta e pagata come tale. La seconda è che l'editoria americana è sempre più fatta di libri di celebrità che raccontano a un ghostwriter quello che vogliono. E la terza è che il fenomeno ha assunto tali proporzioni che il ghostwriting è diventato la metafora stessa dell'editoria americana. Con quali effetti sulla nostra, sempre molto attenta alle tendenze d'oltreoceano, sarà da vedere. L'allarme lo ha lanciato il New York Times Magazine con un servizio intitolato «Lo scrittore è morto» e sottotitolato «ma il suo fantasma sta benissimo». Basta un'occhiata superficiale alla classifica americana dei best-seller per accorgersi che il 50 per cento dei titoli non sono scritti dal loro «autore». E uno sguardo più attento porta questa cifra all'80 per cento. Senza contare che il virus del ghostwriting sta contagiando anche la narrativa. L'ineffabile Ivana Trump, divorziata d'oro del magnate Donald, dopo aver pagato 350 mila dollari alla scrittrice cèca Camille Marchetta (un nome, un programma) per scrivere il «suo» romanzo, ha dichiarato a Vanity Fair: «Ho scoperto con mia sorpresa di avere una grande immaginazione. Non dico di essere Shakespeare, ma non parlo solo di bella gente e splendide barche e case favolose e di un sacco di sesso. Ho cercato di dare spazio anche ai sentimenti». Quello che sta succedendo è che quando l'autobiografia di un attore come Bill Cosby, Fatherhood, incassa 16 milioni di dollari, l'editoria si adegua e, come si fa a Hollywood, elabora progetti da affidare a nomi come quello di Cosby che facciano cassetta. Dieci anni fa un agente come Swifty Lazare prendeva il telefono, chiamava tre editori, e mettendoli in competizione trovava in 10 minuti 2 milioni di dollari di anticipo per l'autobiografia di Elton John - il quale, all'oscuro di tutto, veniva interpellato solo a cose fatte - ed era, per questo, una leggenda. Oggi lo fanno tutti ed è la realtà di tutti i giorni. H che porta anche certi cambiamenti nel mercato. Per esempio, i ghostwriter cominciano ad acquisire potere e denaro. Tant'è vero che William Novak, considerato il numero uno per avere scritto l'autobiografia di Lee Iacocca, Oliver North e Magic Johnson, è passato in 10 anni dagli 80 mila dollari avuti per Iacocca al milione e oltre per scrivere il futuro libro «di» George Stephanopoulos, ex consi¬ gliere di Clinton. Ma il fatto grave è che questa rivoluzione coinvolge anche chi i libri li scrive veramente. Sempre più spesso gli editori, prima di chiudere un contratto per un buon romanzo, vogliono vedere l'autore in faccia, per capire se il suo aspetto sia adeguato alle leggi della promozione, talk-show, ecc. Autori schivi come Salinger e Pynchon, un tempo circondati da un alone romantico, oggi sono sotto sotto disprezzati. La cosa curiosa è che di conseguenza per farcela anche gli scrittori seri devono cercare di inventarsi un personaggio che li distingua, e così facendo diventare [ghostwriter di se stessi. Come Tim Willocks (Mondadori), il giovane psichiatra inglese autore di ottimi gialli particolarmente violenti, che è stato presentato fin dall'inizio come una sorta di angelo dell'inferno, aiutato da un aspetto inquietante. E questo spiega perché l'opinione pubblica americana non abbia perdonato a Joe Klein, uno dei giornalisti politici più stimati in America, di essere l'anonimo che si nascondeva dietro il libro scandalo sui Clinton, Primary Colors. Ma come: Joe Klein e non un personaggio più famoso? Resta da vedere come se la caverà Whoopi Goldberg, che ha affidato i suoi pensieri alla penna in cambio di 6 milioni di dollari. Lei ha giurato che mai avrebbe permesso a nessuno di aiutarla, ma l'editore avrà permesso a lei di fare a meno di un ghostwriter! Lo scopriremo quest'estate, quando il libro arriverà sui banchi dei librai e qualcuno ficcherà il naso nei «ringraziamenti». Non è per toglierle il merito delle buone intenzioni, ma con dieci miliardi sul tavolo quale editore permetterebbe un lusso sùnile a una persona che fa l'attrice e recita quello che scrivono gli altri? Livia Manera ha dichiarato a Vanity Fair: «Ho scoperto con mia sorpresa di avere una grande immaginazione. Non dico di essere Shakespeare, ma non parlo solo di bella gente e splendide barche e case favolose e di un sacco di sesso. Ho cercato di dare spazio anche ai sentimenti». Quello che sta succedendo è che quando l'autobiografia di un attore come Bill Cosby, Fatherhood, incassa 16 milioni di dollari, l'editogliere di Clinton. Ma il fatto grave è che questa rivoluzione coinvolge anche chi i libri li In alto il cestista Magic Johnson e Ivana Trump Qui accanto il manager dell'auto Lee Iacocca e la popstar Elton John ■t^^

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