L'«anima ex dc» del Cavaliere

L'«anima ex de» del Cavaliere LA STRATEGIA DI SILVIO L'«anima ex de» del Cavaliere Perché l'apertura alla proposta del ppi ROMA AGIONAMENTI privati di Silvio Berlusconi: «Noi abbiamo fatto la sponda a D'Alema, ma lui non l'ha fatta a noi. Il pds fa gli emendamenti sull'illecito finanziamento, mette i suoi uomini all'Iri. Almeno gli altri, gli ex de, stanno fermi. Eppoi sono più deboli, per cui...». Bisogna rendersi conto di questa logica che è nella testa del Cavaliere per capire il back-ground con cui il personaggio* si sta addentrando nella trattativa sulle riforme promossa dal ppi di Franco Marini. Lo fa con prudenza, perché sa che gli uomini di piazza del Gesù sull'ipotesi di un semi-presidenzialismo vero, cioè dì un presidente che abbia almeno il potere reale di sciogliere le Camere, sono molto riottosi. Ma Berlusconi ormai si muove con un atteggiamento disincantato: tutte le ipotesi che ha di fronte - da quella del doppio turno di coalizione caldeggiata dagli ex de, a quella del doppio turno nei collegi che è la bandiera di D'Alema - per lui rappresentano un rischio, «Sono entrambe - ha spiegato ai suoi collaboratori - un salto nel buio: rari nantes in gurgite vasto». Che nel latino di Berlusconi significa: navighiamo in una situazione molto caotica. Tra tanti dubbi, però, lo schema del ppi è quello che attira di più il pragmatismo berlusconiano. La sua uscita di ieri ne è la prova. Il Cavaliere ha aperto al doppio turno di coalizione con premio di maggioranza tirato fuori dal ppi (in un primo tempo, per stare appresso agli studi di Pilo, non voleva neppure quello) anche se ha continuato a difendere le prerogative del presidente della Repubblica nel sistema semi-presidenziale come quella che gli assegna la scelta del premier: un punto, almeno questo, che il ppi ha già accettato. A sentire De Mita, infatti, non ci sarà più l'indicazione del capo del governo sulla scheda elettorale. E' tutto da esplorare, invece, il meccanismo con cui il presidente può sciogliere le Camere. Ovviamente, la sortita di Berlusconi non ha accontentato l'area più intransigente di Forza Italia che preferirebbe una strategia più rischiosa, ma anche più ambiziosa. «Con il discorso che ha fatto a Milano - osserva Giuseppe Calderisi - il Cavaliere ha fatto la sponda a Marini, su questo non ci sono dubbi. Secondo me è uno sbaglio: il ppi, per sua natura, tenterà di restringere i poteri del Presidente. Per questo è sbagliato privilegiare nella trattativa il rapporto con i popolari. Noi dovremmo semmai aprire a D'Alema sul doppio turno nei collegi e trovare un accordo con lui su un sistema che salvaguardi i poteri del Presidente. Un fatto, comunque, è certo: io, e con me almeno altri 6 commissari di Forza Italia, non accetteremo mai un pasticcio. Siamo pronti a votare contro, oppure a tentare la strada di un accordo con D'Alema su una proposta più avanzata. Del resto, si era sempre detto che sulle riforme istituzionali le logiche di schieramento non contano...». E' difficile, però, che il Cavaliere segua i consigli dei suoi. Il piano di Calderisi e degli altri professori è troppo azzardato per lui. E, comunque, rimane il problema che Berlusconi non si fida più della «sponda D'Alema». Forse qualche ragione co l'ha. Uno schema del genere, infatti, potrebbe esser accettato da un personaggio come Achille Occhetto che già ieri lo teorizzava: «Bisogna mettere insieme gli innovatori di entrambi i poli - ha spiegato l'ex segretario del pds - su un sistema che preveda un semipresidenzialismo vero e una legge elettorale a doppio turno nei collegi. Ci potremmo stare noi, buona parte di Forza Italia e forse anche la Lega, a cui un sistema elettorale di questo tipo non dispiacerebbe...». Occhetto, però, non è D'Alema. Il segretario del pds è di tutt'altra pasta. Lui agita in questo momento il doppio turno nei collegi più come arma di propaganda che come ipotesi di accordo da perseguire. Come dire: io avrei voluto una proposta più innovativa, più radicale, ma gli altri non me l'hanno permesso. Il motivo è semplice: a questo punto il segretario del pds non è.interessato a rompere con il ppi e con gli altri partiti della maggioranza di governo. I giochi, semmai, D'Alema li riaprirà nelle aule parlamentari, ma non certo in bicamerale. Non per nulla gli uomini di Botteghe Oscure si muovono nella logica dell'intesa con Marini e Fini. Lo stesso emendamento del pds sulla costituzionalizzazione del doppio turno non è nulla di più che una bandiera. «E' molto probabile - spiega Michele Salvati - che lo ritireremo prima del voto per evitare che una sua bocciatura in commissione lo seppellisca del tutto». E l'impostazione dell'accordo ad ogni costo emerge anche nei ragionamenti a cui il segretario del pds si lascia andare con i suoi collaboratori. «Io sono ottimista - confida -. L'intervento di Fini a Castellanza, ad esempio, è stato buono. Si vede che la vittoria del semi-presidenzialismo in Bicamerale lo ha responsabilizzato. Per cui ad un compromesso si arriverà: una legge elettorale a doppio turno di coalizione che non preveda l'indicazione del premier per non fare confusione; un Presidente che avrà soprattutto un ruolo di garanzia. Certo è un accordo a ribasso, noi diremo che sarebbe stato meglio osare di più, ma è pur sempre meglio di niente». Se questi sono i discorsi che fa D'Alema, perché Berlusconi dovrebbe osare di più? Eppoi il Cavaliere da questa trattativa ha imparato soprattutto una cosa: anche lui, in fondo in fondo, ha un animo da ex de. Augusto Minzolini li leader pds: «Compromesso? Un accordo al ribasso è sempre meglio di niente» Calderisi: «Per me avvicinarsi al ppi è uno sbaglio: tenterà di restringere i poteri presidenziali»

Luoghi citati: Castellanza, Milano, Roma