Referendum, ora cambiano le regole di Alberto Rapisarda
I risultati di domenica: al Sud meno voti contro giornalisti e magistrati. Voto record nel Nord-Est I risultati di domenica: al Sud meno voti contro giornalisti e magistrati. Voto record nel Nord-Est Referendum, ora cambiamo le regole Tutti chiedono modifiche «perché non muoiano» ROMA. I magistrati sono la categoria «più antipatica» per quanti hanno votato sì ai referendum di domenica. I due referendum che li riguardano sono, infatti, quelli che hanno raccolto il maggior numero di consensi (sopra l'80 per cento). Al contrario, i giornalisti non seguono la sorte dei magistrati. Il referendum per abolire l'Ordine della categoria raccoglie attorno al 65 per cento di sì. E citando questi numeri va ricordato che si parla di percentuali che riguardano solo quel 30 per cento di elettori che è andato a votare (più al Nord e molto meno al Sud). E che i referendum sono tutti falliti. Tuttavia, i tredici milioni di italiani (su 49 milioni) che hanno voluto esprimere le proprie preferenze offrono un utile sondaggio di opinione nel momento in cui sembra crescere il distacco tra cittadini e politica. E allora si scopre che al Sud (Sicilia, Campania), nelle regioni dove più imperversa la criminalità organizzata, la fiducia nei magistrati e nei giornalisti è maggiore che a Nord. E che quelli che più ce l'hanno con le due categorie sono i veneti e i friulani, dove maggiori consensi ha la Lega di Bossi. Ci sono riflessi anche per gli schieramenti politici. A parte l'evidente sconfitta di Marco Pannella (accusato anche dai suoi amici radicali di aver peccato di protagonismo individualista), non ne esce bene il centrodestra che, di fronte a questi referendum (e ai due consultivi a Roma), è apparso confuso e contraddittorio. Sino a risultare perdente a Roma dove, assieme a Rifondazione comunista, aveva promosso due referendum nella convinzione che i cittadini avrebbero detto «no» alla priva¬ tizzazione della centrale del latte e dell'azienda per l'energia, voluta dalla giunta di centro-sinistra. E, invece, i due referendum sono validi ed hanno prevalso i «sì». Uno smacco che sta provocando contraccolpi nel Polo, perché Forza Italia ora manifesta tutta la sua insofferenza contro An che l'ha trascinata in questa avventura «statalista», contro la filosofia ufficiale del Polo che è, a parole, per le privatizzazioni. «A Roma Forza Ralia è la ruota di scorta di An» ironizzano i popolari. «Forza Italia deve riflettere sulla coerenza fra i suoi principi e i suoi comportamenti - ammette Marco Taradash, che è deputato berlusconiano -. Non si può predicare la privatizzazione contro i ritardi e le furberie del governo Prodi e razzolare le municipalizzate contro la giunta Rutelli. Ne va dell'identità, della serietà e della credibilità di FI e del suo consenso elettorale». Di fatto, è commciato lo scontro nel Polo per decidere chi dovrà sfidare Rutelli nelle elezioni comunali di autunno. E l'«incidente» dei due referendum propositivi sta chiaramente mettendo in difficoltà Firn, ©ENZA «JENSO di STEFANO BARTEZZAGHI SENZA QUORUM Lo Status est rimasto senza quorum: su questo vulnus s'apra ex novo un forum, in buon latinorum nel sancta sanctorum. Referendum, refugium peccatorum. che vorrebbe che fosse presentato un candidato di An. Per quel che riguarda i referendum nazionali, tutti sembrano concordare nel chiedere modifiche. Salvo dissentire sulle ricette. Si va dalla richiesta di aumentare le firme necessarie (oggi mezzo milione. I popolari propongono 800 mila ma Fini dice no) per chiedere un referendum, alla modifica del quorum (ne ha parlato il presidente del Senato, Mancino), a limitare il numero di referendum da indire in un anno (massimo tre). Intervengono anche i vescovi e L'Osservatore Romano per dire la loro sui referendum, e parlano di «stanchezza e scetticismo» degli elettori. Il quotidiano della Santa Sede lancia anche una proposta provocatoria: le spese per i referendum (più di 800 miliardi per i sette falliti di domenica) le paghino coloro che li chiedono. Infine, strascichi polemici tra Pannella e la sinistra. Una delle cause del fallimento dei referendum secondo Pannella, è che sono stati indetti troppo tardi, il 15 giugno. Il ministro dell'Interno, Napolitano, chiamato in causa, gli risponde che nel 1995 si andò alle urne l'I 1 giugno e votò il 57 per cento del corpo elettorale. La data, quindi, non c'entra nulla. Pesante Fabio Mussi, capogruppo della sinistra democratica alla Camera: «Il voto non è uno schiaffo ai referendum, ma uno schiaffo a Pannella. Il suo fantasma è un vampiro e rischia di far diventare fantasma il referendum». PanneUa ribatte accusando Mussi di essere un sovietico «che accusa gli altri sul piano psichiatrico, perché gli sembrano folh». Alberto Rapisarda
Persone citate: Fabio Mussi, Mancino, Marco Pannella, Marco Taradash, Napolitano, Pannella, Rutelli
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