« Facoltà infangata due volte» di Maria Grazia Bruzzone

Il rettore: omertà «l'aspetto» più ripugnante. Però i professori prendono le distanze dagli assistenti Il rettore: omertà «l'aspetto» più ripugnante. Però i professori prendono le distanze dagli assistenti ROMA. «Scattane? Era laureato in filosofia morale, stava finendo ini dottorato sui "diritti delle generazioni future"; Ferrare invece si era laureato qui, aveva continuato a occuparsi di filosofia analitica, aveva dato la tesi su Tommaso Campanella... ma insomma più di questo io non so... Personalmente non li conoscevo... Ieri ho detto che sono persone serie, disponibili, irreprensibili, miti, e non saprei cosa aggiungere». Il professor Gaetano Carcaterra, quei due dottorandi che pure «afferiscono» alla seconda cattedra di Filosofia del Diritto, la sua, arrestati per omicidio volontario e concorso in omicidio, sembra quasi non averli mai visti. E' comprensibilmente agitato, il professore. E' venuto in istituto a fine mattina e parla col collega Francesco De Sanctis, che il preside di Facoltà ha appena nominato direttore al posto del professor Romano, agli arresti domiciliari per favoreggiamento. I due docenti non si capacitano degli ultimi eventi. «Solo adesso mi spiego la durezza degli inquirenti. Ma di fronte alla morte non deve esistere nessuno spirito di corpo», dice De Sanctis, prendendo le distanze da Romano. Quanto ai due dottorandi però, anche lui dichiara di conoscerli poco. E sì che Ferraro aveva vinto il dottorato al prestigioso istituto Suor Orsola da Benincasa di Napoli, che lui stesso dirige. E che i nomi dei due, evidentemente amici, figurano uno accanto all'altro in bacheca, nell'orario di ricevimento studenti e nel seminario che tenevano insieme. Evasività. Forse per una sorta di pudore. 0 per coprirsi. Ma può un docente non sapere, prima di prenderlo, chi è un dottorando che passerà tre anni nel suo isti¬ tuto? Può non conoscerlo come persona, oltre che come ricercatore? «Sa, i concorsi sono nazionali», si giustifica Carcaterra mentre si avvia a un taxi. Poco più avanti l'eminente professor Coppi, una delle «star» della facoltà, difensore di Giulio Andreotti, fra l'altro, e ora anche del professor Romano, sta andandosene anche lui, insieme a quattro assistenti in abito blu o giacca di lino bianca, ma non si tira indietro. Anzi. «Sono state scritte cose assolutamente esagerate», dichiara seccato. Un quotidiano ha scritto che desta più scandalo che un omicidio del genere sia avvenuto in un luogo deputato agli studi, in cui si insegna agli studenti il diritto, per giunta. E il professor Coppi non l'ha affatto gradito. «Che questo fatto sia accaduto qui all'università o in un ministero o altrove, non cambia niente», replica tor- vo. E aggiunge, quasi in una sfida: «La colpevolezza comunque resta tutta da dimostrare». Sulla scala, gruppi di studenti in capannelli. «Certo che è possibile che i professori non conoscano i dottorandi. Anzi mi stupirei del contrario». «Noi studenti siamo in decine di migliaia, i professori chi li vede? Sono tutti pezzi grossi, avvocati di grido come Coppi o come De Luca, l'avvocato di Berlusconi, ex ministri come Cassese, figli d'arte come Santoro-PassareUi, famosi studiosi come Di Maio». «Fanno i fatti loro e delegano tutto agli assistenti, che quando va bene sono ricercatori, quando va male sono dottorandi appena laureati, figli d'arte anche loro, raccomandati da magistrati o avvocati o altri docenti. Un vero schifo». «Devono scremare e lo fanno spesso in modo superficiale, con impreparazione e indifferenza». . Scattone e Ferraro però, gli studenti se li ricordano gentili e disponibili: «Ho fatto l'esame con lui la scorsa settimana, mi aveva fatto una buona impressione, non uno stronzo che ti liquida in due parole. Ma mi è sembrato nervoso. E se ne è anche andato prima», racconta una studentessa. Nell'Istituto gli esami sono ripresi e, dopo il deserto della mattina, c'è di nuovo via vai. Arriva il professor Dal Brollo, per dichiarare il suo sdegno per la copertura data ai presunti colpevoli: «Se così si voleva salvare il buon nome dell'istituto, lo si è doppiamente infangato» e per spiegare che effettivamente il problema di fondo è quello del reclutamento dei docenti. Neanche lui li conosceva, i due. «Cosa vuole, da un anno sono "comandato" a Palazzo Chigi, alla Commissione Bioetica. Ferraro lo conoscevo un po' di più, mi dava fastidio il suo atteggiamento ossequioso, quasi un po' servile». Passa Roberto Righi, un ricercatore «anziano»: «Effettivamente qui ci sono 3 docenti, e 23 cosiddetti assistenti, ma i ricercatori sono solo 4, gli altri sono dottorandi, cultori della materia». H rettore Giorgio Tecce alza gli occhi al cielo. Ma dell'ipotesi di smembrare la Sapienza non vuol nemmeno sentir parlare. ((Avevamo chiesto il numero chiuso, ma il Tar ce l'ha negato». Tecce prende le distanze da Romano e parla apertamente di «omertà: l'aspetto più ripugnante della vicenda» dice, e aggiunge: «Ho sospeso Liparota (l'usciere, terzo arrestato, ndr), sospeso la borsa e l'esame di dottorato a Scattone, nominato un nuovo direttore di istituto. E altro seguirà: perché non è detto che certi comportamenti che non hanno valore penale non ne abbiano sul piano amministrativo e disciplinare». Maria Grazia Bruzzone «Gli arrestati? Li conosciamo appena» « Facoltà infangata due volte»

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