E al pranzo della Regina nasce l'asse Roma-Parigi di Fabio Martini

LE MOSSE DEL PREMIER ' DETDACfBMA KB IICW9VBIYM LE MOSSE DEL PREMIER E al pranzo della Regina nasce Passe Roma-Parigi AMSTERDAM DAL NOSTRO INVIATO Nel salone del palazzo Reale «apparecchiato» con squisita sobrietà dai cerimonieri della regina Beatrice, i capi di governo sciamano tra una chiacchiera e l'altra verso il tavolo e Romano Prodi, guarda il caso, si siede a fianco di Lionel Jospin. Il nodo della cravatta ben serrato al collo - a differenza del solito - e.un francese sciolto quasi come il suo inglese, Prodi parla fitto fitto con Jospin. E tra un sorso di bianco e una fetta di salmone, nasce l'amicizia tra i due, che si conoscevano soltanto per telefono. Un'ora dopo - finito il pranzo offerto dalla regina - il nuovo asse Roma-Parigi prende forma dietro le porte chiuse dèi salone della Banca d'Olanda. Romano Prodi chiede di poter parlare subito dopo Helmut Kohl e nella singoiar tenzone ParigiBonn, schiera subito Roma. E la schiera dalla parte di Parigi. L'antipasto: «La bozza presentata dagli olandesi va bene, ma va rafforzata altrimenti c'è il rischio di restare sulle enunciazioni». L'affondo: «In Europa non tutta l'opinione pubblica comprende l'importanza di quel che stiamo facendo e non riusciremo a farglielo capire se non rafforzeremo il contenuto sociale del trattato, se non sapremo incidere sulla vita di tutti i giorni». Prodi schiera l'Italia e la Francia ringrazia. Nei corridoi del Consiglio, Catherine Colonna, portavoce di Chirac, fa sapere che «l'Italia è d'accordo con la Francia» e poi è lo stesso Lionel Jospin a fare un ringraziamento personalizzato: «Esprimo apprezzamento per il sostegno offerto al governo di Parigi dal presidente del Consiglio italiano Romano Prodi». Prodi ha schierato l'Italia dalla parte della Francia, la Francia non ha spinto troppo l'acceleratore e alla fine è spuntato il compromesso che consente ad entrambi i duellanti di tornare a casa can- tando vittoria. Ma «vittoria» la canta anche Prodi. «Se il vertice fosse finito già oggi - dice il presidente del Consiglio - direi che per l'Italia è una vittoria, non un pareggio». Un trionfalismo spropositato? A ben vedere, quasi mai come stavolta un vertice europeo è apparso come un affare franco-tedesco, con due protagonisti e tredici comprimari. Ma proprio il duello tra Parigi e Bonn ha oscurato l'eterna questione italiana, la querelle sull'ingresso del Belpaese nel primo gruppo dell'Euro. Della questione non parla più nessuno in termini negativi e chi ne parla - il ministro dell'Economia francese Dominique StraussKahn - lo fa per dire: «Italia e Spagna devono entrare da subito nell'Euro». L'eterna «questione italiana» è dunque in dissolvenza (almeno per ora), ma Prodi si aggirava ieri nei corridoi della Banca d'Olanda con un altro compiacimento: quello di chi aveva visto in anticipo la «svolta sociale» decisa dai Quindici. «Quello della lotta alla disoccupazione era un capitolo che doveva essere aperto 18 mesi fa ed ora è stato finalmente aperto». Come dire: se avessero ascoltato l'Italia, se avessero ascoltato Romano Prodi, non avrebbero perso del tempo. E prima di superare lo sbarramento del servizio d'ordine, Prodi fa in tempo a dire: «Un anno fa, vi ricordate dopo il vertice di Firenze, quali erano i titoli dei giornali? Non si è parlato di disoccupazione...». E allora era stata proprio l'Italia - inascoltata - a sollevare il problema. Semmai il piccolo paradosso è che nei pourparlers del «dopopartita» gli sherpa italiani facevano capire che se la Francia si fosse battuta con più determinazione, si sarebbe potuto ottenere qualche risultato in più. E Lamberto Dini lo ha fatto capire: se la Francia avesse sostenuto posizioni più forti, noi saremmo stati pronti a sostenerla. Anche se poi il ministro degli Esteri ha precisato: «Se la Francia avesse insistito per ridiscutere il patto di stabilità sarebbe rimasta isolata». Prodi e Dini hanno parlato nel corso di una conferenza stampa, che però ha rischiato di saltare per un incidente diplomatico. Inizialmente l'incontro con la stampa era previsto alle 18,30 in una formazione d'eccellenza: Prodi, Dini e Ciampi. Un presidente del Consiglio e due ex. Tre personaggi che si stimano, ma non si amano. Il colpo di scena si consuma alle 17,30. Una voce in sala stampa: «Parla Ciampi!». I cronisti si precipitano nella saletta riservata al governo italiano e Ciampi, affiancato dal suo portavoce Paolo Peluffo, si limita a fare un'informativa sul summit dei rninistri eco¬ nomici. Tre quarti d'ora dopo compaiono gli uornini dello staff di Prodi: «Singolare iniziativa quella di Ciampi, non ci aveva avvertito... A questo punto si potrebbe anche annullare la conferenza stampa di Prodi...». Ma Prodi conferma l'appuntamento e durante la conferenza stampa sfoggia una gentilezza senza precedenti verso Dini. Si volta spesso verso di lui, annuisce platealmente e chiosa: «Come ha detto il ministro degli Esteri...». Fabio Martini