DALLA PRIMA PAGINA. DUE DATE E UN SUCCESSO di Massimo Giannini

Ipassi da gigante di un Paese in crisi DUE DATE E UN SUCCESSO conti di un gruppo che chiuderà l'esercizio con un fatturato consolidato di 90 mila miliardi, una posizione finanziaria netta positiva e un risultato prima delle imposte pari a quello dello scorso anno, cioè 3805 miliardi, senza il beneficio delle plusvalenze '96. Basterebbe il confronto tra queste due date, per capire quale sia stata la progressione del gruppo Fiat in questi 23 anni. Momenti di crisi anche drammatica, dal terrorismo alla marcia dei 40 mila, programmi traumatici di risanamento, con licenziamenti e cassa integrazione, ma anche investimenti «ai limiti del temerario», come ha ripetuto più volte Gianni Agnelli, massicce riassunzioni di personale, nuovi impianti in Italia e all'estero, rilancio della gamma, profitti in crescita per gli azionisti e progressivo ampliamento delle quote di mercato. Eppure - in mezzo a queste due date che racchiudono la trama fitta dei problemi e soprattutto dei successi di Corso Marconi - ci sono anche due incognite che, in parte, ne condizionano il futuro. La prima è di natura industriale. La Fiat - grazie all'apertura verso le economie emergenti, alla concentrazione sul core-business e ad una puntigliosa strategia di valorizzazione degli investimenti - ha posto le basi per varcare lè frontiere della globalizzazione. Tuttavia, sul mercato interno, l'hanno aiutata gli incentivi alla rottamazione. L'«elettrochoc», come lo ha definito Romiti, ha insomma funzionato bene, facendo lievitare le vendite di 85 mila veicoli in soli 5 mesi e generando un plusvalore fiscale, per lo Stato, nell'ordine dei 500 miliardi. Ma cosa accadrà al mercato se e quando gli incentivi verranno meno? Sarà apparsa un po' brutale al punto di irritare i sindacati, ma la previsione fatta daU'amrninistratore delegato di corso Marconi Paolo Cantarella - «senza benefici sulla rottamazione aumenterà la cassa integrazione» - rischia purtroppo di rivelarsi fondata, indipendentemente dalla volontà dell'azienda, in un ciclo congiunturale ancora depresso a livello europeo. La seconda incognita riguarda la vicenda giudiziaria. Ieri il presidente della Fiat è tornato a difendere con orgoglio la sua posizione, ma nel riconfermare il rispetto per la magistratura, questa volta ha alzato 5 tiro. Affermando due cose: la sentenza di condanna in primo grado è stata «ingiusta e infondata», e i nuovi avvisi di garanzia per i bilanci Cogefar-Impresit tradiscono un «atteggiamento contraddittorio e inquietante» dei magistrati, oltre a rappresentare «un costume giudiziario mai abbastanza deprecato e censurato». Questo stillicidio, che dura ormai da 4 anni, carica di ulteriori tensioni la prossima fase d'appello e - indipendentemente dall'ovvio principio di giustizia che deve fare il suo corso - non aiuta le aziende né l'economia del Paese. A questa incognita si lega infine la successione allo stesso presidente della Fiat, che ieri ha confermato la volontà di rassegnare il mandato all'assemblea del giugno '98. Se poi gli azionisti - come hanno fatto all'unanimità dopo la sentenza del tribunale di Torino - decideranno di rinnovargli la fiducia è altra questione. «Ogni decisione spetterà a loro», ha ribadito Romiti. Ma se è vero quello che ha aggiunto, e cioè che «di questo io e l'Avvocato parliamo continuamente e con serenità», non sarà un problema. Del resto ancora Romiti, nello stessso libro-mtervista con Pansa - concludeva l'ultimo capitolo, profeticamente intitolato «Fra dieci anni»: «Noi uomini siamo "cose" che transitano. Dura nel tempo solo ciò che abbiamo costruito». La Fiat, appunto. Massimo Giannini

Persone citate: Gianni Agnelli, Pansa, Paolo Cantarella, Romiti

Luoghi citati: Italia, Torino