Tudjman si elegge Presidente a vita

L'avversario liberale Gotovac «In tutta la campagna elettorale la tv mi ha concesso meno di un'ora» Bassa affluenza in un Paese stanco e senza democrazia per un voto dal risultato scontato Tudjman si elegge Presidente a vita Unica incertezza: ballottaggio o no ZAGABRIA DAL NOSTRO INVIATO Prima di entrare fra gli immortali - in senso politico, beninteso - ieri mattina Franjo Tudjman ha benedetto il Paese da Tuskanac, sede del suo seggio elettorale. Era con la moglie Ankica: ha detto di esser certo che queste elezioni dimostreranno come la Croazia abbia scelto la democrazia, impersonata da sé medesimo, e s'è poi accinto ad un'attesa priva di emozioni. I risultati si conosceranno stamani. «Non mi faccio alcuna illusione - ci diceva ieri mattina Vladimir Gotovac, liberale, uno dei due concorrenti delle opposizioni -. Sarebbe già straordinario se in questa prima tornata Tudjman non raggiungesse il 51 per cento dei voti e fosse costretto al ballottaggio. Significherebbe che in Croazia ci sono ancora margini di speranza». Per il momento l'unico dato di qualche interesse riguarda la stanchezza dell'elettorato. Fino a tarda sera l'affluenza alle urne si era mantenuta molto bassa: alle 16, tre ore prima della ciusura dei seggi, si era ancora al 42,5%, bene che vada si arriverà intorno al 56-58 per cento. Questo significa che se eletto subito, Tudjman sarebbe presidente coi voti di appena un quarto del Paese. All'incirca 700 mila elettori su quattro milioni e mezzo di croati e mezzo milione di iscritti al partito-Stato, l'«Hdz». Un trionfo soltanto numerico dunque, e che dovrebbe fornirgli qualche spunto di meditazione. La Croazia è appena nata, fino a due anni fa si trovava in guerra e adesso, in percentuali allarmanti, già mostra di rispondere con l'astensionismo alle forzature del regime. «Non possono esistere competizione né reale interesse continua Gotovac - in un Paese in cui tutto dipende da un partito e da un uomo. Durante tutta la campagna elettorale la tv mi ha assegnato meno di un'ora per spiegare l'intero programma. Finché le cose continueranno così in Croazia non si sarà spazio per una vera democrazia. Il Paese si sta allontando dall'Europa, direi che ormai si colloca a un livello intermedio: un po' più democratico della Serbia, infinitamente meno di qualsiasi Paese occidentale». Ecco forse il punto. Anche Gotovac, il liberale, il poeta, finisce col vivere la contrapposizione che ha reso possibile una guerra sanguinosa e ancora oggi sorregge due regimi. Croazia e Serbia, il «pogravnik» e il «grande costruttore di pace», Franjo Tudjman e Slobodan Milosevic. Ancora poche ore e Tudjman sarà presidente a vita dei croati. Ancora qualche giorno e a Belgrado Slobodan Milosevic riuscirà nell'ennesima grande piroetta: passare dalla presidenza della Repubblica serba a quella di Jugoslavia (cioè della federazione serbo-montenegrina) con una plastica costituzionale che riempia di poteri una carica finora solo rappresentativa. Qualche settimana fa, quando la campagna elettorale croata era agli inizi per qualche giorno i giornali rincorsero uno scandalo. «Durante la guerra, Tudjman e Milosevic si sono incontrati in segreto almeno 47 volte»: rivelazione autorevole, fatta com'era da Stipe Mesic, ultimo presidente della confederazione jugoslava. Rivelazione «pesante» anche per il luogo in cui era stata fatta: il tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia. Mesic era stato convocato all'Aia come te- stimone. Partendo da questo dato la storia della guerra di Jugoslavia avrebbe potuto essere riscritta. E' la prima lama di luce che illumina un intrigo sempre sospettato e mai dimostrato: il programma di una «Grande Ser¬ bia» e di una «Grande Croazia» che si perfeziona attraverso accordi sotterranei fra due nemici apparenti. Che cosa pensate sia accaduto? Quel che avviene nella famosa storia del dito che indica la luna. I giornali croati si sono concentrati sul dito, hanno scatenato la polemica non per chiedersi se la storia di quegli incontri fosse vera, tentare si scoprire qualcos'altro, ma solo per accusare Mesic di tradimento. «L'immagine della Croazia è stata oltraggiata», scrivevano: ennesimo esempio di deformazione a uso interno. La cosa peraltro è durata pochi giorni, il tempo di registrare una distratta mezza conferma del Padre della Patria: «Sì, ho incontrato Milosevic ma solo per cercar di evitare altri disastri e altri morti». Ecco che cosa sta accadendo in Croazia, in questa calda domenica di giugno. Non tanto e non solo la rielezione di un uomo che impersona lo Stato ma un'altra stretta di freni, l'autoperpetuazione di un regime che ancora si trova costretto a vivere in una sorta di simbiosi con quello di Belgrado. 1 due leader, in apparenza così lontani, mantengono ruoli legati in modo sempre più indissolubile. Un regime di destra e il governo dell'ultimo comunista dei Balcani si fronteggiano per puntellarsi a vicenda. Chissà che cosa scopriranno gli storici quando si potrà conoscere la verità su quegli incontri. Giuseppe Zaccaria L'avversario liberale Gotovac «In tutta la campagna elettorale la tv mi ha concesso meno di un'ora» La stampa indipendente rivela quarantasette incontri segreti con Milosevic durante la guerra per teleguidarla Qui sopra il presidente Tudjman depone la sua scheda nell'urna Nella foto grande, soldati in fila in attesa di votare