Germania, il dietrofront di Waigel di Emanuele Novazio
Germania, il dietrofront di Waigel Germania, il dietrofront di Waigel // governo si piega ai liberali: no a nuove tasse BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Mentre il pericolo di una crisi si allontana dal governo, dopo l'annuncio del ministro Waigel che il buco di bilancio non sarà colmato con aumenti fiscali secondo le richieste liberali, una nuova contestazione investe Helmut Kohl e lo stesso Waigel: migliaia di agricoltori bavaresi, tradizionalmente vicini ai partiti dell'Unione, hanno accolto ieri il Cancelliere (che ha reagito con visibile fastidio) e il suo ministro con salve di fischi e al grido di «andatevene». All'origine della contestazione una politica agricola comunitaria - appoggiata dal governo tedesco - che gli agricoltori considerano responsabile di perdite economiche pesanti. Alla vigilia di un vertice europeo decisivo per il futuro dell'integrazione economica e politica del continente, la contestazione di ieri è un fatto marginale, ma significativo di quanto gli umori siano sensibili - e infiammabili - quando di mezzo ci sono l'Europa e le politi- che comunitarie. Il contemporaneo annuncio della «svolta fiscale» del governo ripropone d'altro canto un interrogativo: come risanare le finanze pubbliche in vista del conseguimento degli obiettivi europei. I liberali, che al problema fiscale affidano la propria sopravvivenza, suggeriscono di colmare il buco di bilancio non soltanto con nuovi ta¬ gli alle spese, ma anche aumentando l'indebitamento. Il leader del partito, Wolfgang Gerhard, ha dichiarato alla «Bild am Sonntag» di ieri che un lieve sfondamento del tetto del 3%, nel rapporto fra deficit e prodotto interno lordo, non dovrebbe impedire di entrare puntualmente nell'Unione monetaria. Anche il ministro dell'Economia Rexrodt, un altro eponente liberale, vede «uno spazio di manovra nel criterio del deficit». La rinuncia all'aumento fiscale è un implicito accoglimento di questa tesi? In proposito il governo è spaccato: da una parte l'ala dura della Csu, secondo la quale «3% significa 3 senza virgola»; dall'altra i liberali, appunto, dai quali non sarebbe tuttavia molto lontano Kohl. Nei suoi ultimi interventi pubblici sull'Europa, il Cancelliere ha fatto una significativa distinzione fra criteri e tempi di Maastricht: il rispetto dei primi, ha sottolineato, è legato soprattutto alle due grandi inflazioni che hanno colpito la Germania in questo secolo. Ma dall'avvio puntuale dell'Unione monetaria dipen¬ de il destino stesso dell'Europa: se non partita nel '99 l'Unione potrebbe non partire più, teme Kohl. Proprio l'esistenza di questa preoccupazione - profondamente radicata in un Cancelliere che vuole lasciare alla storia una doppia eredità, la riunificazione tedesca e l'unità europea - apre un importante spiraglio nella trattativa con il governo socialista francese sul Patto di stabilità e il «capitolo del lavoro», all'esame del vertice di Amsterdam. Ieri, Waigel e altri esponenti del governo hanno ribadito il limite al di là del quale Bonn non è disposta a spingersi: rispetto assoluto del Patto e nessun carico aggiuntivo per le casse comunitarie. Ma è difficile che Kohl voglia davvero aprire una crisi europea: è prevedibile che il Cancelliere qualche concessione la farà; anche se i margini per un'intesa sono ristretti: in un momento di forti tensioni interne, Kohl non può dare agli elettori l'impressione d'indebolire il marco. Emanuele Novazio Helmut Kohl
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