Ma la moneta unica non può fermarsi OSSERVATORIO di Aldo Rizzo

Ma la moneta unica non può fermarsi r OSSERVATORIO -"I Ma la moneta unica non può fermarsi nodi di Maastricht al vertice di Amsterdam, sei anni dopo. Tutto in terra d'Olanda, con la «Venezia del Nord» battuta, in giugno, da un vento freddo quasi quanto quello che investiva la cittadina sulla Mosa, dove nacque il famoso Trattato, nel dicembre 1991. Ma non è questione di metafore climatiche o territoriali. Il punto è che un ciclo si era aperto e ora si chiude, speriamo positivamente, nonostante le molte difficoltà. Anche solo il rinvio di un'intesa avrebbe effetti gravi. In questi anni sono emerse due visioni diverse dell'integrazione economica e monetaria, e la seconda di queste si è accentuata bruscamente dopo l'inattesa (soprattutto da Jacques Chirac) vittoria elettorale dei socialisti francesi. E' la visione dell'insufficienza sociale del cammino verso la moneta unica, se percorso con una dura disciplina di bilancio, senza un'adeguata attenzione al problema, soprattutto, della disoccupazione, che in Europa riguarda ormai 18 milioni di lavoratori. L'altra visione è quella essenzialmente tedesca, che punta, con estrema determinazione, alla stabilità della futura moneta europea, stabilità intesa come valore massimo e indiscutibile, il solo, comunque, per il quale i cittadini della Germania possono essere indotti a rinunciare a quel marco che è il simbolo, più che della loro ricchezza, della loro rinascita nazionale, dopo la catastrofe del 1945. Entrambe queste visioni sono legittime, ma non è facile conciliarle, se fatte valere in modo troppo deciso. Nell'attesa di un compromesso, che il vertice di Amsterdam dovrebbe sancire, non bisogna dimenticare che la moneta unica è comunque l'unico progresso di portata storica che abbiamo a disposizione. Se esso-dovesse saltare, sia pure per motivi nobili, le conseguenze sarebbero enormi e tutte negative, anche sul versante «sociale». Del resto, la moneta unica e naturalmente stabile non serve solo ai tedeschi (e anzi in origine fu un'idea francese), serve a tutta l'Unione europea per attrezzarsi a quell'ardua competizione mondiale che dominerà i prossimi decenni. E compeI titività vorrà dire investiI menti, crescita e anche occu- pazione. Ovviamente, la moneta e le sue istituzioni non possono vivere «nel vuoto politico», cioè senza contropoteri, o poteri bilancianti, tali da gestire il complesso della strategia economica e di sviluppo. E a questo, nel senso più generale, dovrebbe servire la riforma, appunto, politica del Trattato di Maastricht, anche pensando al prossimo allargamento dell'Ue. Tale riforma, avviata a Torino quindici mesi fa, dovrebbe concludersi anch'essa ad Amsterdam. Ma pure su questo la vigilia è incerta, ci saranno discussioni non facili. Se, per ipotesi, risultati deludenti si sommassero tra economia e politica, se l'Europa sospinta dal vento di Maastricht fosse fermata dal vento di Amsterdam, si aprirebbe una stagione poco incoraggiante per tutti. Va ricordato che questo è il primo di tre «summit» in meno di un mese; seguiranno tra quattro giorni a Denver quello del G7 (o del G8, Russia compresa) e l'8 luglio a Madrid quello della Nato. E se il G7 affronta anch'esso i problemi dello sviluppo e dell'occupazione, con un'America pronta a esibire ai partner i propri successi, la Nato ratificherà gli accordi sul suo allargamento a Est, raggiunti essenzialmente tra Washington e Mosca. Vale a dire che un'Europa già in posizione di debolezza, se dovesse fallire il «suo» appuntamento di Amsterdam, si presenterebbe sia a Denver che a Madrid ulteriormente emarginata dai grandi giochi che determineranno gli assetti geopolitico, geoeconomico e geostrategico del XXI secolo. A questo occorre che riflettano, oggi e domani, i portatori delle diverse «visioni» europee. Per evitare non solo improbabili rotture, ma anche compromessi che fossero troppo mediocri e dunque inefficaci. Aldo Rizzo :zo^J

Persone citate: Jacques Chirac