Il dottorato di ricerca di E. P.
Il dottorato di ricerca Il dottorato di ricerca Poche le prospettive a breve termine IL dottorato di ricerca in Italia esiste da tredici anni e ha colmato una lacuna che poneva il nostro Paese in una posizione del tutto anomala rispetto a quasi tutto il resto del mondo permettendo ai giovani più motivati e più dedicati di formarsi una preparazione specifica alla ricerca eliminando (almeno in parte) quell'improvvisazione autodidattica che, da sempre, ha caratterizzato i pur ottimi ricercatori italiani. Malgrado i (grossissimi) limiti della legge che, più volte segnalati, non hanno mai ricevuto la minima attenzione legislativa, il ruolo del dottorato è stato nel complesso positivo anche perché, fortunatamente, è venuto in un momento in cui si stava profilando un certo assorbimento di giovani ricercatori da parte di Università ed Enti di ricerca pubblici e privati. Anche se mancano statistiche nazionali, sappiamo che una buona parte dei dottori di ricerca in fisica sfornati dall'Università di Torino ha avuto, almeno fino ai primi Anni 90, una relativa facilità di inserimento nella ricerca. Quello che sta diventando preoccupante è, invece, non solo la mancanza di prospettive a breve termine dei giovani che hanno conseguito il dottorato negli ultimi anni o che lo stanno seguendo o che lo seguiranno negli anni a venire ma, anco- Albert Einstein, padre della fìsica moderna, forse non immaginava le nuove professioni possibili oltre la ricerca e l'insegnamento Sbocchi lavorativi nell'industria e perfino nella programmazione finanziaria ra di più, la mancanza di una politica in questa direzione che ha caratterizzato l'azione governativa finora. Si rischia di spendere cifre considerevoli per creare dei superspecializzati senza preoccuparsi di quali potranno essere i loro sbocchi occupazionali e senza curarsi del fatto che questi giovani, consapevoli di essere la crema dei neolaureati nei loro rispettivi campi, hanno come unica prospettiva quella di non averne. In questo senso la tanto conclamata autonomia delle Università rischia solo di essere una beffa. Non vorrei che si potesse credere che questo è il solito sfogo inutile. Il punto è non solo che qualcosa dovrebbe essere fatto subito ma che, per una volta, qualcosa potrebbe essere fatto subito a un costo relativamente modesto e con una altissima ricaduta per il futuro. Urge, per essere specifici, che vengano attivati subito i tanto celebrati contratti pluriennali di ricerca che potrebbero traghettare oltre le secche attuali i migliori fra i nostri giovani ricercatori permettendo il loro inserimento nel mondo della ricerca. Ma è, a mio parere, del tutto illusorio sperare che le Università possano accollarsi il costo di una simile operazione sui loro bilanci (come i progetti del governo attualmente prevedono). Ad evitare che si possa pensare che si propone di fare solo della beneficenza occorre ricordare che le previsioni sono che, entro 10 anni, l'Università italiana si svuoterà per il 40% del suo organico (vedi, per esempio, la relazione del Preside della Facoltà di Scienze dell'Università di Torino alla Conferenza di Ateneo svoltasi a Torino il 28 novembre 1996). Se la nuova normativa per il reclutamento dei professori verrà finalmente approvata (sperando che la sua farraginosa macchina riesca poi a decollare), questo, al meglio, permetterà un ricambio al livello più alto. Lascerà invece, del tutto aperto il problema di quello delle giovani leve che, viceversa, solo, potrà garantire la funzionalità dell'Università del domani e, di conseguenza, la competitività dell'Italia a livello internazionale. Frustrare i giovani dottori o dottorandi del presente o dell'immediato futuro e disperderne le competenze vanificando anni e anni di studio e di applicazione, non solo è grave in sé e per sé ma è grave in quanto, soprattutto, ci priverebbe di quell'indispensabile ricambio. E non ci saranno scuse, il Paese che non sarà in grado di garantire un alto livello alla sua ricerca in tutti i campi sarà condannato senza pietà a retrocedere (ulteriormente?) di categoria. Resta solo da augurarsi che il governo si renda conto dell'urgenza e della importanza del problema e che provveda immediatamente. [e. p.]
Persone citate: Albert Einstein
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