Molte e diverse opportunità di lavoro

Molte e diverse opportunità di lavoro Molte e diverse opportunità di lavoro LA laurea in fìsica (almeno per il momento) sembra ancora dar lavoro, e ciò dovrebbe tranquillizzare sia gli studenti che oggi seguono il corso di laurea in fisica sia quei potenziali (futuri) studenti che avessero in mente di iscriversi. Ricordo ancora l'allarme con cui i miei genitori accolsero (molti anni fa) la mia decisione di fare fisica: «Non ti darà da vivere» dicevano. In retrospettiva posso tranquillamente dire che c'era una buona dose di esagerazione. Pur non portando alla ricchezza, fino a qualche anno fa la laurea in fisica era un ottimo viatico per trovar lavoro. Un sondaggio nazionale fatto sui laureati fino al 1992 mostra che praticamente tutti i laureati in fisica trovavano lavoro entro meno di un anno dalla laurea. Da un certo punto in poi, da quando cioè è cominciata la crisi, è invalsa la pratica di accomunare in una generale disfatta occupazionale tutte le lauree. Certo, i tempi per trovare un lavoro soddisfacente si sono allungati e spesso il lavoro che uno trova non è quello che aveva sognato o sperato o per il quale si era dato una specifica dura formazione universitaria. Ugualmente, bisogna riconoscere che il tipo di occupazione sta cambiando e che sempre più spesso i giovani, anche quelli superspecializzati (anzi, loro forse, più di tutti) devono rassegnarsi a una lunga trafila di borse di studio (di dottorato, di specializzazione ecc.), di lavori a tempo determinato (di formazione o altro) e che sempre più viene spostato il momento in cui la carriera corre su binari stabilizzati. Lo sa chiunque (come me) abbia figli in questa situazione. In questo, però, dobbiamo rassegnarci al fatto che stiamo, ahimè, solo adeguandociadun tipe di realtà che è comune da anni nei Paesi più progrediti (cominciando dagli Stati Uniti) e che la vita sta diven tando molto più difficile, so prattutto per i giovani (come mostrano le statistiche nazio nali, vedi La Stampa del 6 mar zo 1997, da cui risulta che in Italia la disoccupazione giovanile supera il 35% contro il 13% del totale dei lavoratori), ma anche per gli anziani non si scherza e lo vedremo meglio dopo che la revisione del sistema pensionistico sarà stata completata. Mancando dati recenti, il corso di laurea in fisica ha deciso di procurarseli con un sondaggio. Circa 520 lettere sono state spedite a tutti i laureati in fisica tra il 1993 c il 1996 chiedendo varie informazioni tra cui appunto se uno avesse un'occupazione stabile oppure a tempo determinato o, ancora, saltuaria oppure nessuna. Al momento, sono giunte circa 300 risposte. Il campione di risposte si può, pertanto, considerare sufficientemente ampio da meritare di essere analizzato. Il risultato non solo conferma che non vi è quasi disoccupazione (semmai vi è troppa occupazione a tempo determinato) ma è assai interessante per molti motivi: il 40% circa degli interessati dichiara un'occupazione stabile (quasi tutti sono impiegati nell'industria o in varie attività produttive, quelli assorbiti dalla ricerca o dalla scuola sono poche unità). H 34% dichiara un'attività o a tempo determinato (nella stragrande maggioranza) o saltuaria e in questo caso la ripartizione è circa metà nell'industria e metà nella scuola o nella ricerca. Solo l'8% dichiara nessuna occupazione (ma si tratta, in maggioranza, di laureati nella sessione di laurea di novembre del 1996 per i quali una disoccupazione appare fisiologica, tenuto conto anche di altri impegni come il servizio militare o civile). Per ragioni che verranno chiarite meglio a parte, non si è ancora parlato di un ultimo 18% di risposte che è costituito da giovani che seguono, a Torino, in Italia o all'estero, un dottorato di ricerca (in fisica, prevalentemente), cioè, in un certo senso, dalla crema dei giovani laureati in fisica. E' forse proprio in questo 18% che si possono individuare, semmai, elementi di preoccupazione (almeno sotto il profilo occupazionale). Ma, appunto, questo è un discorso che richiede un approfondimento particolare. Anche se, in assoluto, un solo disoccupato è già da considerarsi una sconfitta, da un punto di vista di confronto con altre situazioni, possiamo concludere che l'indagine riportata contiene elementi prevalentemente positivi. Sarebbe interessante avere dati simili sia sui laureati in fisica di altre università che sugli studenti laureati in altre discipline. L'impressione, restando ai laureati in fisica di Torino che sono gli unici sui quali possiamo azzardare dei commenti, è che stiamo assistendo ad un'evoluzione degli sbocchi occupazionali tradizionali. Mentre fino a 15 anni fa lo sbocco di un laureato in fisica era quasi integralmente nella ricerca o nella scuola, nel corso degli ultimi anni, l'industria si è gradualmente resa conto della grande duttilità nella preparazione dei giovani laureati in fisica. Sbocchi nuovi si sono andati configurando negli ultimi anni sia nella fisica sanitaria, che legati alla gestione di banche dati e all'analisi tecnica previsionale (da parte di Assicurazioni, Banche e Società Finanziarie), che, ancora, alla creazione e gestione di software. Nuove prospettive si stanno lentamente aprendo legate a problemi ambientali, archeologici, in domini di frontiera dello studio di materiali speciali (fenomeni superficiali, di superconduttività alle alte temperature), mentre aumenta l'importanza del controllo dei fenomeni di turbolenza (anche per lo studio dei moti di grande masse atmosferiche, cioè per previsioni meteorologiche). Come cu¬ riosità, ricordiamo che svariati fra i superesperti assunti negli ùltimi anni da Wall Street per la programmazione finanziaria sono dei PhD in fisica. Da prendere con grande attenzione sono i commenti contenuti nelle risposte pervenute. Molti sono coloro che lamentano un taglio ancora troppo astratto nella preparazione dei giovani fisici da parte dell'Università e suggeriscono un maggior raccordo con il mondo del lavoro. A conferma che questa è infatti una delle nostre preoccupazioni, si può concludere segnalando che è allo studio la possibilità di istituire quello che si chiama un Diploma in Metodologie fisiche (noto anche come laurea breve o, più correttamente, laurea del primo livello) che in tre anni dovrebbe preparare una figura di fisico più direttamente predisposta per l'inserimento nel lavoro. L'unico problema è evitare facilonerie e fare una attenta verifica se abbiamo le forze per fare un passo così impegnativo dal punto di vista della didattica senza venir meno a quella serietà di preparazione e alto livello culturale che sono sempre stati una caratteristica dei giovani laureati in fisica. Enrico Predazzi Università di Torino

Persone citate: Enrico Predazzi

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