LA PRIMA COLT DI TEX di Stefano Bartezzaghi

LA PRIMA COLT DI TEX LA PRIMA COLT DI TEX 77 nuovo eroe delfilmetto esordisce nell'autunno del '48 Testi di Bonelli, disegni di Galleppini, in arte Galep Aurelio Galleppini Come un grande illustratore dì fiabe classiche, lasciata Firenze per il crollo della Nerbali, trovò lavoro a Milano e sfondò qualche lettore sarà parso che mi sia dilungato troppo su Hugo Pratt e Guido Crepax, Corto Maltese e Valentina Rosselli, è l'ora di riprendere questa discutibile storia del fumetto italiano. Ricominciamo da Giovanni Luigi Bonelli il più grande soggettista e sceneggiatore dopo Federico Pedrocchi e, come l'italiano di Buenos Aires, destinato a diventare leggendario. Se n'è già parlato qualche puntata fa, ma merita senz'altro di più. Molto di più, in quanto capostipite di una dinastia. Nato nel 1908 a Milano aveva esordito nell'editoria alla fine degli Anni Venti, facendo impetuosamente e letteralmente di tutto. Ovvero scrivendo raccontini per il Corriere dei Piccoli di Silvio Spaventa Filippi, articoli fantasiosi per il Giornale Illustrato dei Viaggi edito da Sonzogno, novelle rosa e romanzi di cappa e spada per periodici ed editori diversi. Negli Anni Trenta aveva aumentato il ritmo di lavoro e la portata delle sue ambizioni, dirigendo praticamente, pur non potendo presentarsi come direttore perché privo della tessera del P.N.F., più di una testata dell'editore Lotario Vecchi, da Jumbo, il primo giornale a fumetti uscito in Italia, a Rin-tin-tin, a Prima rosa, all'Audace, sfortunato antagonista milanese del fiorentino Avventuroso. Così aveva cominciato a scrivere i suoi primi soggetti per i grandi disegnatori dell'epoca. Da quel momento si era considerato «un romanziere prestato dalla letteratura al cineromanzo», la definizione è sua, e, per padroneggiare maggiormente quel tipo di narrativa, ne era diventato editore, rilevando nel 1941 l'Audace, passato nel frattempo con scarsi risultati da Lotario Vecchi ad Arnoldo Mondadori ed era già tornato al più che mai deluso Lotario Vecchi. l'Avventuroso è stato e sarà sempre il più grande giornale a fumetti uscito in Italia, ma, per quanto riguarda i fumetti italiani, non regge il confronto con l'Audace. L'Audace si può gloriare di avere ospitato Alle frontiere del West di Rino Albertarelli, Capitan Audace di Walter Molino, Virus di Walter Molino, Il Solitario dei Sakya di Antonio Canale, ecc., tutti o quasi sceneggiati da Federico Pedrocchi, o dallo stesso Giovanni Luigi Bonelli così immaginoso ed energico, così prolifico e instancabile. Ma anche per lui pareva valere quella specie di maledizione che pesava sulla testata l'Audace. E allora pensò a un cambiamento totale. Ci sono giornali sfortunati come ci sono giornali fortunati. L'Audace, come si è già detto, fu un giornale sfortunato. Forse, scontò troppo il suo misero inizio. Era uscito, infatti, nel gennaio 1934 ed era un fascicolino striminzito con tutti testi e appena qualche disegnuccio umoristico e una sola storia a fumetti elargita in uno stillicidio di puntate. Aveva condotto vita grama ed era restato umiliato dall'esplosione dell'Avventuroso nell'ottobre di quello stesso 1934. Nel febbraio 1935 si era presentato camuffato al modo dell'Avventuroso e da allora aveva pubblicato anche grandi fumetti, a partire da Brick Bradford, biondo eroe di Clarence Gray emulo di Flash Gordon, il biondo eroe di Alex Raymond, anzi, il predecessore essendo nato nel 1933 ovvero un anno prima. La primogenita non era servita a nulla, Brick Bradford, pur sorretto da un bravo sceneggiatore come William Ritt, sarebbe sempre figurato come secondo nel settore delle guerre stellari. L'ingiustizia di certe classificazioni è scandalosa. D'accordo, l'Avventuroso è stato e sarà sempre il più grande giornale a fumetti uscito in Italia, ma, per quanto riguarda i fumetti italiani, non regge il confronto con l'Audace. L'Audace si può gloriare di avere ospitato Alle frontiere del West di Rino Albertarelli, Capitan Audace di Walter Molino, Virus di Walter Molino, Il Solitario dei Sakya di Antonio Canale, ecc., tutti o quasi sceneggiati da Federico Pedrocchi, o dallo stesso Giovanni Luigi Bonelli così immaginoso ed energico, così prolifico e instancabile. Ma anche per lui pareva valere quella specie di maledizione che pesava sulla testata l'Audace. E allora pensò a un cambiamento totale. Non cercò di nascondere i suoi propositi ai lettori, aggressivamente li informò che l'Audace prendeva un'altra strada. «Da questo numero il giornale modifica l'impaginazione per motivi di carattere tecnico e contiamo che il cambiamento abbia a incontrare l'incondizionata approvazione di tutti. Delle storie già apparse sui numeri precedenti tre continueranno regolarmente, e cioè II Mistero del sigillo spezzato, Ilpugilatore misterioso e II Cavaliere dell'aria. Gli altri cineromanzi appariranno in seguito sotto forma di albi e ne verrà data notizia a suo tempo nella corrispondenza dell'Audace. Frattanto la Direzione sta studiando il modo di poter premiare gli assidui e affettuosi lettori della nostra pubblicazione...». Detto e fatto. L'Audace smise di essere un giornale, diventò albo giornale. Le storie con molti personaggi e diluite in puntate di una pagina alla volta furono sostituite da albi costruiti intorno a un unico personaggio forte, di culto, che dominava anche la copertina in palese contrasto con le copertine di analoghe pubblica¬ zioni dell'epoca composte da un caleidoscopio di vignette prelevate dall'interno. Ottima decisione, ottimo programma, ma Giovanni Luigi Bonelli. non era uomo da impantanarsi a lungo in beghe editoriali. Per di più la guerra non andava bene per l'Italia, e lui sapeva di non essere visto di buon occhio dal regime. Così lasciò tutto, la famiglia e la Casa editrice alla moglie Tea, e se ne andò in Svizzera. La signora Tea Bonelli non si sognò neppure di poter non accettare quell'arduo impegno. Nata a Milano, non era estranea al lavoro del marito. Sapeva quello che affrontava, e prese in mano con energia le sorti della pericolante impresa familiare. Le difficoltà erano molte. Si trattava di non lasciarsi sopraffare dall'affanno, era impossibile tentar di risolvere tutta la situazione in un colpo solo, occorreva stabilire delle priorità. La prima necessità da fronteggiare era la carta, ovvero la mancanza di carta. Era difficile trovar la carta. Specie essendo afflitti da un'altra mancanza. Ovvero quella dei soldi con cui la carta sarebbe stata raggiungibile. La carta era indispensabile per proseguire almeno una simulazione di attività. Fu uno strazio ma la signora Tea Bonelli fu straordinaria. Della poca carta che riuscì a reperire si servì per ristampare gli albi del marito assentatosi. A poco a poco le richieste aumentarono. La gente stava male e aveva bisogno di fiabe a lieto fine e di eroi per tirarsi su, di sogni, di speranze. O, se non altro, di illusioni. Un grande disegnatore di fiabe classiche Aurelio Galleppini, di Casal di Pari in provincia di Grosseto, leva 1917, che non trovava più lavoro a Firenze per il crollo della Casa Editrice Nerbini, fu chiamato a Milano. Abituato alla fastosità delle grandi case editrici per cui aveva lavorato, Aurelio Galleppini non si aspettava di esser ricevuto in un appartamento privato, in un'unica stanza che fungeva da ufficio con una sola impiegata. La signora Tea Bonelli aveva modi cordiali, ma a colpire il disegnatore fu soprattutto la decisione e la chiarezza della sua interlocutrice. L'attività della casa editrice sino a quel momento era consistita nelle ristampe. Ma lui, invece, Aurelio Galleppini, era lì «per realizzare nuove pubblicazioni che avrebbero dovuto portare su livelli eccelsi la Casa editrice...». Mai promessa o sogno furono rispettati come quelli della signora Tea Bonelli. Aurelio Galleppini ne è stato testimone non estraneo ai fatti, anzi coinvolto, anima e cuore. Quando il primo albo di Tex Willer apparve in formato striscia il 30 settembre del 1948, se i testi erano firmati Giovanni Luigi Bonelli, i disegni erano firmati Galep, pseudonimo scelto da Aurelio Galleppini per partecipare all'epopea texana. All'inizio fu solo Galep a disegnare il nuovo eroe, ma, crescendo il successo editoriale, crebbe anche il numero dei disegnatori per tenere dietro alle richieste del pubblico. Galep si riservò a lungo sinché potè l'onore e l'onere della copertina. Stregato anche lui come tanti. Cosa aveva di diverso Tex dai giustizieri che pullulavano allora nei giornalini per ragazzi? Oreste del Buono * ummjmi §gy la posta *y- ingioco §gy la posta*y- ingioco RICERCHIAMO LE VIE DEL TEMPO si sgrava chf risuscitare i fantasmi pflla somalia servisse a qualche riflessione sulla [^civiltà1. Scrivete a: Stefano Battezzagli) «La posta in gioco» La Stampa - Tuttolibri via Marenco 32 10126 Torino I- L progetto Vie del Tempo (ovvero, il Gioco dei Giorni Instradati) mi sta regalando emozioni che non I provavo dai tempi beati degli album di figurine. L'idea originaria l'ha avuta Pier Antonio Pansotto (Schio VI): consiste nell'annotare le vie e le piazze di città (italiane e non) che siano intitolate a un giorno dell'anno. La speranza è quella di arrivare a compilare un intero calendario con date toponomastiche. Ma le Vie del Tempo saranno poi infinite? Inizialmente non ero molto ottimista. Poi ho letto le lettere di Fulvio Biagioni (Milano), di Camillo Orlando (Milano), di Gino Roman (Almese, TO), di Claudio Santacroce (Chivasso, TO), ed è svanito quel tanto di pessimismo che era legato a una certa regola che mi ero posto. Non sapendo cosa aspettarmi da questa ricerca avevo pensato: «Sicuramente sarà difficilissimo riuscire a com¬ pletare un calendario di datestrade; se però si trova almeno una città italiana che ha dedicato una via al XXIV ottobre, allora vuol dire che l'impresa non è impossibile». Il XXIV ottobre è la data di Caporetto, nome ossimorico quant'altri mai (Capochino sarebbe stato meglio). Sapevo bene che quelle a cui si dedicano strade sono date «importanti», e quindi, il più delle volte, memorabilmente sanguinarie (battaglie, carneficine). Però Caporetto è Caporetto: come intitolare una strada alla peggiore disfatta nazionale? Così mi dicevo, e mi sbagliavo, forse di grosso. Si è subito scoperto che via (o piazza o corso; non so) XXTV ottobre esiste, almeno a Bertinoro, provincia di Forlì. Sarà quel XXTv" ottobre, quello del ' 17? Non so, ma resta il fatto che c'è una via dedicata a quel giorno e che io non posso più essere completamente pessimista sulle Vie del Tempo. Proprio come con le figurine, ho centellinato le lettere arrivate. Ho esultato quando lettori come Biagioni indicavano scrupolosamente, caso per caso, se si trattava di una via-data, di una piazzadata o che altro. Mi sono segnato alcuni esempi curiosi, come un eventuale premio Mimosa da assegnare alla città di Carpi (Modena), che ha dedicato una via alla data dell'Vni marzo. Il premio Giulietta e Romeo andrà invece, giustamente, a Verona, che ha una via (o piazza) XIV febbraio, da cui d'ora in poi sarà d'uopo imbucare le valentine. Ho visto che il mio compleanno è ricordato a Milazzo (ME), e immagino che si tratti di una semplice coincidenza (ma un anno o l'altro andrò a spegnere le candeline in loco). Ho visto che Parigi ha una rue VTH Mai 1945, a cui Bari risponde con una via (o piazza) IX maggio, rinfocolando così la nota (almeno in Puglia) rivalità. Si mette in concorrenza con Parigi anche Montagnana (PD), che ha una via per il ENZO g(A6( : <50£NI reRPUTI ci avessero freso fer riformatori 171 fannella -? LA VIGNETTA DI MARAMOTTI XTV luglio, presa della Bastiglia. Ho infine registrato la coerenza con cui la vigiha di Natale, il XXIV dicembre, viene ricordata nel Comune di Altare (SV). Ma una volta guardate, le figurine vanno attaccate sull'album: qui si tratta di riempire gli spazi del calendario e per ogni data scoprire se è una primizia o se è già rappresentata, se è un «celo» o un «manca». Piano piano sotto i miei occhi si sono andati riempiendo lunghi «ponti», come quello di dieci giorni-strada che collega il XXHI aprile (via o piazza di Chiaramonti, SS) al II maggio (plaza di Madrid). Le prime lettere, infatti, proponevano un buon numero di esempi, ed essendo l'album ancora intonso i «manca» hanno sovrastato i «celo». Poi è arrivata la lettera del già citato Roman, e lì è stata una scorpacciata: come quando, contro una media settimanale di dieci bustine di figurine, arriva uno zio brillante (zius ex machina) che regala al piccolo collezionista cento pacchetti, tutti in una volta. Battendo soprattutto paesi e città di provincia, Roman ha infatti contribuito con una dozzina di dozzine di datestrade alla nostra impresa. E' grazie soprattutto a lui se quasi metà del calendario-mappa è già piena. C'è San Silvestro, via o piazza XXXI dicembre, a Boves (CN) ma non c'è Capodan no; molti XXV aprile e I maggio, ma nessun I aprile; un ferragosto a Madrid e uno a Savigno (BO) eccetera. Il mese messo meglio è, a sorpresa e di gran lunga, giugno: gli mancano solo sette giorni (I, m, vm, XVO, XIX, XXTJI, XXVH). Il mese messo peggio è gennaio, con solo nove giorni già instradati. E adesso? Speriamo di riempire l'altra metà, sapendo che più si andrà avanti più sarà difficile. Animo, però: finché c'è Caporet to, c'è speranza. Stefano Bartezzaghi