CON 5 EQUAZIONI CAMBIO IL MONDO di Piero Bianucci

I NUMERI DI UN'ITALIA PRIVA D'EUROPA I NUMERI DI UN'ITALIA PRIVA D'EUROPA Pregi e limiti dell'annuale Rapporto Istat Indagine Istat su persone di 15-24 anni che vivono con i genitori. Ripartiti per sesso e attività nel tempo libero. N tempo il colore dell'Istat era l'azzurro. L'azzurro quasi Savoia, solo un po' più stinto, delle copertine dell'Annuario Statistico Italiano, lo specchio più completo dell'Italia ufficiale, un asettico ma fortissimo simbolo dell'unità del Paese. E' un segno, sostanzialmente positivo, dei tempi che l'Istituto Nazionale di Statistica si sia messo assieme con un editore privato come il Mulino, e abbia prodotto, per il secondo anno di seguito, un volume dichiaratamente divulgativo, e che alcuni paragrafi abbiano titoli non proprio tecnici come «le stragi del sabato sera», «vivere da separati e da divorziati», «nidi pieni e nidi vuoti», «il lavoro non regolare». E di certo chi affronta questo libro di duecento pagine si immerge in un'Italia insolita, ignota, irrituale; le statistiche si mettono a parlare, il che è sempre qualcosa di raro e affascinante. Un applauso, o forse anche due, a quest'ente pubblico che si mette al passo dei tempi e cerca di interagire con la società che descrive attraverso i numeri. Non siamo ancora, però, ai rituali «tre urrah» che salutano un successo pieno. Perché? Perché lo statistico, quando abbandona l'abito dello statistico si mette, più o meno consciamente, a dar giudizi di valore. Quando si esprime con le parole più che con le nude cifre corre il rischio di interpretare invece di descrivere e quindi di perdere credibilità. Per la verità, il Rapporto sull'Italia, giunto al secondo anno in edizione divulgativa, se la cava piuttosto bene sia nella descrizione sia nell'interpretazione. Biso¬ gna però accettare in via preliminare la scelta «politica» di fare dei problemi del lavoro il filo conduttore di questa visita guidata alla realtà italiana, così come il rapporto precedente era incentrato sul tema della sostenibilità del mutamento. Proprio qui sta il punto: perché il lavoro e non - ad esempio - l'ambiente, al quale si dedica un interessante capitolo a metà volume che ci fa capire soprattutto quanto poco sappiamo sui livelli di inquinamento del Paese? E perché, in questi tempi di disordine climatico, non dare magari spazio al clima, un settore in cui le statistiche italiane sono in generale piuttosto carenti? A queste domande non esiste una risposta certa e queste scelte sono in ogni caso assai scomode. L'insistenza su alcuni fenomeni sociali di estremo interesse, dall'obiezione di coscienza alla tossicodipendenza, inevitabilmente sottrae spazio ad altri, ugualmente interessanti. E' scarso lo spazio riservato alla giustizia e poco sappiamo sull'evoluzione di Mani pulite e neppure si supporrebbe che gli italiani pratichino degli sport; e al lettore, pure molto bene informato dal Rapporto sul sistema delle imprese, non viene detto nulla sul fatto che le famiglie italiane hanno risparmiato di meno, che le «sofferenze» delle banche italiane sono a livelli da primato. Sono, in realtà, peccati veniali rispetto allo sforzo di presentare l'Italia in duecento pagine dense di tabelle e di grafici, tra i quali l'attenzione scorre senza fatica. Un li¬ mite culturale più rilevante è che il Rapporto rispecchia un'Italia chiusa in se stessa: i confronti internazionali, che spesso risulterebbero sfavorevoli per l'Italia, ricevono scarsissima attenzione. Del resto Incultura dominante, incline SÌSroPP^òlé™J® n ,allSSÌSroPPa^òlé7™JESs®»< anni, esorcizzati con troppa facilità contribuendo a diffondere un'immagine di falsa sicurezza. Un confronto tra la disoccupazione italiana e quella di altri Paesi, tra le pensioni italiane e quelle medie auropee, tra la spesa sociale italiana e quella del resto del mondo ricco avrebbe dato al lettore medio, e anche a molti politici chiamati a prendere decisioni che influenzano queste grandezze, uno scossone che invece manca. Così come i divari regionali meritano maggior approfondimento in un Paese che si interroga sulla propria identità. Nel generale processo di maturazione del Paese, ci auguriamo di vederli nel prossimo Rapporto. Mario Deaglio CON 5 EQUAZIONI CAMBIO' IL MONDO LE CINQUE EQUAZIONI CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO Michael Guillen Longanesi pp. 294 L 30.000 LE CINQUE EQUAZIONI CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO Michael Guillen Longanesi pp. 294 L 30.000 ADE una mela, la Luna attraversa il cielo, i pianeti girano intorno al Sole, una stella collassa in un lampo di luce. Fatti trascurabili e grandiosi, vicini e remoti, romantici e terrificanti. Ma tutti legati da una semplice formula che Isaac Newton intuì nel 1665: quella che riassume la legge di gravitazione universale (due corpi si attraggono con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza). Cinque lettere, un 2, segni di moltiplicazione e divisione, un segno di uguaglianza. I poemi della scienza sono concisi. Se, nella loro estrema sintesi, vi sembrano aridi, leggete Le cinque equazioni che hanno cambiato il mondo di Michael Guillen. Dietro la formula di Newton ci sono duemila anni di ricerca, tentativi ed errori, avventure umane e intellettuali. E' poesia epica, lirica, ermetica. Guillen è nato a Los Angeles e ha insegnato a Harvard. Poi, dal 1988, si è dedicato alla divulgazione scientifica soprattutto tramite documentari tv, mestiere che lo ha portato persino sul fondale del Lo eh Ness su un mini-sommergibile alla ricerca del mostro. Quando posa la telecamera, prende la penna. E' buon narratore. Talvolta un poco a scapito del rigore scientifico. Ma non si può avere tutto. In questo libro racconta la vita di cinque grandi scienziati e, nonostante alcune eccessive semplificazioni, ci aiuta a percepire la poesia di altrettante formule che hanno cambiato il mondo, inclusa la nostra vita quotidiana. Fino all'epilogo. Nel caso della legge di Newton, la discesa di Armstrong sulla Luna, viaggio che non sarebbe stato possibile senza Newton. Seconda viene la formula che Daniel Bernoulli trovò intorno al 1730 e che rappresenta la legge della pressione idrodinamica. Anche in questo caso si parte da un'osservazione semplice. Là dove un fiume si restringe, l'acqua accelera, dove si allarga rallenta. Vi risparmiamo i passaggi intermedi, ma se oggi noi possiamo volare da un continente all'altro lo dobbiamo a Bernoulli: sopra l'ala arrotondata dell'aereo la corrente atmosferica è più veloce che non sotto l'ala. Questa differenza di velocità genera una differenza di pressione, che è maggiore sotto e inferiore sopra. Così nasce la «portanza» che tiene sollevato l'aereo. La terza formula porta la firma di Michael Faraday e sintetizza la legge dell'induzione elettromagne- Albert Einstein tica. Grazie ad essa possiamo raderci la barba ogni mattina, salire in cima ai grattacieli in ascensore, viaggiare in treno e in tram, rinfrescarci con un ventilatore, fare la maionese e un sacco di altre cose dove sia necessario un motore elettrico. Contravvenendo all'indice del libro e all'ordine cronologico, tralasciamo momentaneamente la quarta formula, che tratteremo per ultima. E accenniamo alla quinta: la famosa equazione di Albert Einstein E = mxc2. Cioè energia uguale massa moltiplicata per la velocità della luce elevata al quadrato. E' una conseguenza della teoria della relatività ristretta, che Einstein pubblicò nel 1905. Ci dice che un grammo di materia può essere trasformato in circa 25 milioni di kilowattora, la potenza richiesta in un giorno da una metropoli. Oppure che con sei chilogrammi di uranio è possibile distruggere Hiroshima e uccidere centomila persone. Ma è la stessa formula che spiega la luce del Sole e di tutte le stelle. Il Sole, per brillare, annichila ogni secondo 4 milioni di tonnellate di ma¬ teria. Non preoccupatevi, la formula di Einstein ci permette di calcolare che è lì da cinque miliardi di anni e che c'è ancora abbastanza carburante per altri cinque. Infine, la quarta formula. La trovò un prussiano, Rudolf Clausius, verso la metà del secolo scorso. Ora capirete perché l'abbiamo tenuta per ultima. E' la formula delle formule, contiene il destino di tutti noi e del cosmo. E' la poesia suprema, ma è un epicedio, un canto funebre. Dice che l'energia complessiva dell'universo è costante e che non si può trasferire energia da un corpo più freddo a uno più caldo. Ma le formulazioni possono essere molte. Eccone alcune: l'entropia cresce sempre; il disordine è destinato a prevalere sull'ordine (pensate ai conti dello Stato italiano); la disinformazione sull'informazione (questo vale anche nel giornalismo); per produrre ordine è necessario creare un disordine ancora maggiore; esiste una direzione del tempo e il tempo è irreversibile; prima o poi si muore. Somerset Maugham ha trovato una formulazione popolare: «Non serve piangere sul latte versato, perché tutte le forze dell'universo sono inclini a versarlo». E Luciano De Crescenzo una gastronomica: «Un acquario può trasformarsi in una zuppa di pesce, ma una zuppa di pesce non può diventare un acquario». Piero Bianucci

Luoghi citati: Europa, Hiroshima, Italia, Los Angeles