L'INTELLETTUALE NELLE SABBIE MOBILI

L'INTELLETTUALE NELLE SABBIE MOBILI L'INTELLETTUALE NELLE SABBIE MOBILI Come rispondere alVinvito di Eco a «tacere» A legislatori a interpreti. Da chi comanda a chi è comandato. «La sensazione dell'apprendista stregone di aver perso il controllo del proprio prodotto e della propria eredità - dice Zygmunt Bauman nella sua Decadenza degli intellettuali - va ricondotta al fatto che i discorsi di verità, giudizio e gusto, che sembravano completamente amministrati da intellettuali sono ora controllati da forze sulle quali gli intellettuali hanno poca o nessuna influenza. Il controllo è passato ad altre forze». Soprattutto a quella meta-autorità che si chiama «mercato», non ultima la tv. Il sociologo di Leeds auspica il ritorno dell'intellettuale al potere, «urgente nelle società postmoderne divise tra "sedotti e repressi"». Ma intanto? Imbarazzo persino di fronte alla parola «intellettuale». Pontiggia la ignora a favore di «letterato» nell'elenco delle «parole all'indice e no» in appendice alle sue Sabbie immobili. Garboli dice: «E' schiuma». Magris scrive: «Dio ci guardi dagli intellettuali». Sberleffi alla domanda sulla funzione dei medesimi: Frutterò & Lucentini rivendicano il diritto-dovere di non applicare a se stessi «un termine di ascendenza totalitaria» e ai critici del disimpegno oppongono la libertà «di impegnarci nelle cose in cui siamo impegnati, mentre queste persone che potremmo chiamare "impegnate dell'obbligo" ti chiedono sempre, in realtà, di impegnarti nella stessa direzione in cui si impegnano loro». DE ROULa forza I MPEGNO, non impegno (apI plementari: i Cinque scritti mo(pp. 113, L. 8000) e il Diario di ude Rougemont per Fazi (pp. 245terventi su temi grandi o grandistampa, la guerra, tocca il nerv Ma a un impegno severamente inteso richiama oggi con insistenza Bobbio. A un impegno mai, per il vero, venuto meno resta fedele Eco, in questi giorni con i suoi «scritti morali»: risposta anche allo «scandalo» di aver (imprudentemente?) affermato che «il primo dovere degli intellettuali è stare zitti quando non servono a niente». (Con coro di vibrate risposte, Tabucchi in cerca di lumi da Sofri). Questo parlarsi dai giornali sarà però sempre «impegno»? «E' la lotta dei galli - dice La Capria Gli scrittori accettano di azzannarsi pur di parlarsi tra loro, invece di parlare al maggior numero di persone possibile. Non con la melassa soffocante della comunicazione tecnologica, ma attraverso il proprio linguaggio, nuovo perché unico, facendo insomma il proprio mestiere». Una scelta, anche di vita, che Pontiggia rispetta da sempre: lo si ritiene un appartato mentre è un combattente. A suo modo. «Non provo attrazione per gli schieramenti, penso sia d'obbligo intervenire nelle tragedie della storia non nella commedia quotidiana della politica». Colpire il vizio piuttosto che il peccatore, altro che impegno. Pontiggia lo esercita sui media ma DE ROUGEMONT La forza dell'esilio I MPEGNO, non impegno (apparente); due libri opposti e comI plementari: i Cinque scritti morali di Umberto Eco per Bompiani (pp. 113, L. 8000) e il Diario di un intellettuale disoccupato di Denis de Rougemont per Fazi (pp. 245, L. 28.000). Eco in un collage di interventi su temi grandi o grandissimi, il fascismo eterno, la fede, la stampa, la guerra, tocca il nervo più sensibile: quello delle migrazioni. E scrive: «Gli intellettuali non possono battersi contro l'intolleranza selvaggia, perché di fronte alla pura animalità senza pensiero il pensiero si trova disarmato. Ma è troppo tardi quando si battono contro l'intolleranza dottrinale...». De Rougemont ( 19061985), grande letterato svizzero autore del celebre L'amore e l'Occidente, grande combattente politico, teorico del «personalismo», acceso sostenitore dell'Europa delle regioni, descrive nel suo incantevole Diario i mesi di esilio volontario, nel 1933, sull'Ile de Ré nel Sud-Ovest francese. Una sfida per cercare di rispondere alla domanda: è possibile, per un intellettuale, sopravvivere lontano dai centri della cultura? Utopia rovesciata, meditazione sul senso civile della dignità umana. soprattutto, con il suo lavoro sul linguaggio. «Nella tensione verso una chiarezza complessa, enigmatica, nella satira contro i luoghi comuni, in una scrittura che elude la banalità e la prevedibilità, penso sia visibile un significato civile, etico, possibile punto di riferimento in un mondo dominato dalla chiacchiera». Anche Andrea Zanzotto, l'uomo della poesia, del «lamento di uno strappo già avvenuto, quando tutto è ormai spaccato, inconcepibile» crede che il dovere di «esserci» riguardi soltanto «i momenti delle decisioni speciali: perché non è vero che l'intellettuale "sa" di più, ma è vero che "sente" di più quando si tratta di cose massime. Magris: «Dio ci guardi da queste figure» F&L. rifiutano «un termine di ascendenza totditaria>> La Capria: «Gli scrittori si azzannano pur di parlarsi tra loro, invece di parlare al maggior numero di persone» [m. app.] Altrimenti l'uso delle parole risulta improprio, sorpassato dalla falsa notizia in tempo reale. Difatti, nella vita di tutti i giorni i chierici sono emarginati». Inevitabilmente, sottolinea Cesare Garboli: ((Abituati a un ruolo critico negativo, gli intellettuali difficilmente possono partecipare alla costruzione di una società. Si tratta nella sostanza di quella scissione tra l'intelligenza e la prassi, estranea al mondo ebraico e protestante, ma profondamente coltivata dalla cultura cattolica. Sicché l'intellettuale in Italia, anche il più rispettabile (ma è così in Francia, non siamo più illuministi neppure al di là delle Alpi) non conta quasi nulla. L'intellettuale Da chi comanda a chi è comandato: il sospetto di avere smarrito il controllo del proéìtti) e della propria eredità è un separato e un piagnone che arriva sempre a cose fatte». Autodiagnosi spietata quanto quella di Franco Cordelli, che ha però un di più di narcisismo: «Mi sembra che per lo scrittore il mondo sia addirittura una via d'uscita. Due i possibili modelli di comportamento: o ci si sporcano le mani in modo diretto o in modo indiretto. Nel primo caso, oggetto del discorso è, appunto, il "mondo"; nel secondo ciò che lo rappresenta, o lo contesta: il mondo della letteratura. Ma entrambi questi modelli, di ascendenza illuministica sono in crisi: a che titolo uno scrittore, al di fuori del suo testo, dovrebbe parlare a nome di un altro? O perché, se qualcuno parlerà a mio nome, proprio uno scrittore? La critica della facoltà cosiddetta illuministica, che implicava comunque una compromissione personale, ci riconduce a una terza opportunità, né politica né di mera competenza. E', abbracciato con letizia, il modello del cortigiano o, meglio, del mandarino». Un mandarino, forse, ma con un DNA nuovo: Edoardo Sanguineti è ottimista, l'intellettuale resiste, anche dopo la caduta delle ideologie, si configura come umanista-scienziato e parlare d'impegno «è tautologico, dal momento che anche con il silenzio, chiunque di noi manda il suo messaggio. Il problema serio, da quando il ruolo della comunicazione è di- Sariguinetì: «L'uomo di cultura si decida a conquistare la tv, lavori come deve da politico e da organico» ventato così forte, riguarda come i mezzi di comunicazione potrebbero venire gestiti stabilendo su di essi un controllo culturale aperto». Battuto in partenza dagli «intellettuali virtuali», presentatori tv, conduttori di talk show, disc jockey, i veri attuali e potentissimi persuasori, l'intellettuale risponda con uno scatto di tensione; dentro o fuor di metafora «conquisti la tv», smetta di essere un «pensatore debole, lavori come deve da politico e da organico come penso sia tuttora, prenda le proprie responsabilità». Da interprete a legislatore. Ne avrà voglia? Mirella Appiotti EXTERNET, L'ALTERNATIVA SURREALISTAA INTERNET DERNIERE RECHERCHE DE L'AME, DEMAIN Alain Jouffroy Editions du Rocher pp. 345 Franchi 129 PARIGI RECHERCHE DE L'AME, DEMAIN Alain Jouffroy Editions du Rocher pp. 345 Franchi 129 NTERNET? «No, grazie, Externetb). Potrebbero essere battute plausibili in un futuro non lontano se l'Associazione «invisibile» fondata sul culto dell'amicizia dal protagonista di un romanzo trovasse altrettanti adepti dei patiti delle autostrade telematiche. Se cioè, in un mondo di globalizzazione imperante dove la nuova civiltà elettromagnetica ha moltiplicato rapporti d'ogni tipo ma, mediandoli, li ha deprivati di calore umano, gli strenui difensori della parola poetica, gli irriducibili dei rapporti tra gente in carne ed ossa, i cultori degli incontri del caso e delle conversazioni in cui ci si guarda dritto negli occhi, magari con un bicchiere in mano, credessero così tanto nel concetto di anima proprio di Externet da far proseliti non con il clamore della pubblicità ma nel segreto delle relazioni umane quotidiane. E' l'utopia che Alain Jouffroy affida a Dernière recherche de Vaine, demain (Ultima ricerca dell'anima, domani), un bel romanzo intrigante a metà tra l'inchiesta, il pamphlet e la fiction. Siamo nei primi anni del Duemila, in quella punta estrema della Francia, il Cotentin, che l'avveniristica Cattedrale di nome Cogema - com'è noto, il più grande impianto europeo di rici¬ claggio di scorie nucleari - ha esposto ancora di più al pericolo di un'imminente catastrofe ecologica. Per condurre l'inchiesta annunciata dal titolo, il fotografo Valentin Fisher nell'arco di un'estate sfida l'aria intorbidata da fitto pulviscolo e il pressoché totale deserto dei villaggi in cerca di un amico e maestro di vita scomparso da due anni. Il poeta Pierre Herreyre, intellettuale a tutto campo, fondatore di Externet e appassionato multante an¬ tinucleare è stato rapito, si è suicidato o è sparito volontariamente? Dopo aver ispezionato la casa abbandonata e aver interrogato vari fidati testimoni delle sue ultime tracce, dal Giappone all'Italia all'Australia, la ricerca approda a un'ipotesi. Ma, pur mancando la prova della sopravvivenza reale di Herreyre, un nome simbolo che sa di ricerca filosofale e dell'occultamento che Breton predicava nel Secondo Manifesto, l'inchiesta non è stata inutile. Anzi era necessaria per dimostrare attraverso le idee, le esperienze, le opere di Pierre, la realtà dell'anima ovvero quella materia invisibile fatta di atomi di conoscenza, emozioni, immaginazione, esperienze, desideri, realizzazioni e aspirazioni libertarie, amore, gioia e dolore, che gli uomini da sempre si comunicano attraverso gh' affetti, la poesia e le opere d'arte che a loro sopravvivono. Intreccio di autobiografia e di predilezioni letterarie, di immaginario e di sapere scientifico, dipanato con grande libertà e secondo il capriccio delle associa¬ zioni verbali e della memoria, Dernière recherche de l'àme, demain, oltreché un romanzo surrealista della migliore grana in cui Jouffroy si diverte a mescolare i registri - da Rabelais a Sterne, a Ducasse -, risulta anche un prezioso osservatorio della vita intellettuale con relativi rimandi e schizzi di personaggi. A Breton, il ruolo privilegiato. Non tanto come leader di un Movimento da cui, per «attività frazionistica», questo settantenne dinoccolato con l'aria da ragazzo fu espulso due volte: la prima, a diciott'anni perché spesso agli stereotipati incontri al caffè preferiva una serata con Brauner, Matta o Duchamp. La seconda, nel 1963, per L'AntiProcés, un manifesto contro la guerra d'Algeria firmato con Jean-Jacques Lebel. Qui, Breton è l'amico-maestro che gli insegnò a considerare la poesia uno strumento per risvegliare la coscienza e l'occultamento un modo necessario per preservare la libertà. Paola Decina Lombardi JOUFFROY A ECO: ATTENTO, IN GIOCO CE'LA LIBERTA' Breton maestro di Jouffroy OUFFROY, Externet non può diventare un'avanguardia intellettuale individualista che pensa solo per sé? i il i Breton maestro di Jouffroy p((A me interessa il sistema delle relazioni umane e credo che la vera rivoluzione sia quella che si prepara nel fondo della coscienza e non attraverso la politica. Come ho cercato di spiegare in De l'individualisme révolutionnaire (una nuova edizione sta per uscire da Gallimard, ndr.ì, l'individuo, soprattutto l'intellettuale, può agire nella storia al di fuori dei partiti. E' successo con David e i suoi amici durante la Rivoluzione francese, lo hanno fatto Rimbaud e Ducasse durante la Comune e i Surrealisti con i loro continui interventi - volantini, manifesti, riviste. Contro l'individualismo borghese estetizzante di oggi, quello esaltato dai media, credo in un individualismo rivoluzionario nel senso dei valori umani. E la mia idea di Externet è apertissima». Lei attacca Internet. Eppure molti intellettuali non sospetti, come Eco, pur con qualche riserva, ne sembrano entusiasti. «Sono degli ingenui. E' la scatola apparentemente meravigliosa che li affascina. Non si accorgono delle insidie e dei pericoli che comporta. Le prime sperimentazioni di Internet sono state concepite come strumento di spionaggio militare durante la guerra». Però gli appartenenti a Externet usano Internet, almeno per la posta elettronica, e viene il sospetto che lo abbia usato anche lei. «No, ho usato i dizionari, che sono una specie di computer su carta. Ho ripreso il metodo di Rimbaud che lavorava su Uste di parole rare che interrogava e associava distillandone il succo. Ma mi sono anche servito di pubblicazioni scientifiche ed enciclopedie. Che io prediliga l'immaginario non esclude infatti l'amore dell'esattezza e l'importanza della scienza o della tecnologia. La grande posta in gioco è la libertà», [p. d. L]

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