Un Presidente a vita per Zagabria di Giuseppe Zaccaria

A Tudjman dovrebbe andare il 65% dei sì. Pochissimo spazio sui media agli altri due candidati A Tudjman dovrebbe andare il 65% dei sì. Pochissimo spazio sui media agli altri due candidati Un Presidente a vita per Zagabria La Croazia vota, vincerà di nuovo il «padre della patria» ZAGABRIA DAL NOSTRO INVIATO Nella versione più artistica, i manifesti elettorali mostrano il «poglavnik», cioè il condottiero, che sovrasta irraggiungibile i grandi del passato, quelli normali lanciano un messaggio che non prevede repliche: «Tudjman Presidente». E presidente della Croazia Franjo Tudjman sarà ancora, per la seconda volta e mezzo. Già leader nell'emergenza, quindi eletto nel '92, il padre di tutti i croati si prepara a trionfare ancora nelle presidenziali di oggi, nonostante i 75 anni d'età ed una malattia che si diceva gravissima. Il risultato non è mai stato in discussione, anzi potrebbe rivelarsi ancora più netto di quanto lo fu cinque anni fa. Se allora l'uomo della provvidenza vinse col 56 per cento dei voti, adesso secondo i sondaggi potrebbe ottenere fino al 65 per cento. Quel che allarma è piuttosto il modo con cui questa vittoria si sta raggiungendo, e il passo indietro che minaccia di segnare negli equilibri dell'intera regione. Ci sono almeno due motivi per i quali Tudjman resterà sul trono che si è così brillantemente costruito. Il primo si esprime in un proverbio: con saggezza contadina qui suggeriscono di «non cambiare padrone quando conosci i suoi vizi». Meglio un presidente soddisfatto e con le tasche piene, meglio una cerclùa di parenti e un gruppetto di 200 famiglie che governano l'economia del Paese, che un presidente nuovo con minori meriti e che voglia di arricchirsi a sua volta. La seconda ragione è espressa come meglio non si potrebbe dalla «Slobodna Dalmacjia» di ieri: «Tudjman è Presidente, gli altri soltanto candidati». E allora perché forzare così i toni della campagna elettorale, riproporre in forma quasi edipica il ricatto «se ami la Croazia devi amare Tudjman», perché ricorrere ancora una volta all'armamentario dell'epica guerriera, della tradizione, e di tutto quel che ci si può costruire intorno? Due anni fa, di questi tempi, la giovane Croazia era sul punto di riprendersi le Krajne con la famosa operazione «Tempesta», pochi mesi dopo gli accordi di Dayton ne avrebbero fatto la sola vincitrice nella guerra di Jugoslavia. Adesso, nonostante un'economia surgelata e una democrazia soltanto formale, questo è il solo Paese dell'Est che potrebbe accingersi a cambiamenti veri, eppure anziché progredire si arrocca, piuttosto che inaugurare il tempo della pace vive le ultime elezioni del dopoguerra. «Se non voti per il duce sei un traditore»: i temi della campagna elettorale, che pure erano numerosi, hanno finito per scomparire sotto questo ricatto, esasperati al di là non solo della decenza ma oltre ogni necessità. Quale croato potrebbe contestare il ruolo di Franjo Tudjman nell'edificazione del Paese? Chi potrebbe negargli il diritto a re¬ stare nell'arengo dei grandi finché l'età o le condizioni di salute non glielo impediranno? Ieri una funzionarla americana venuta a controllare la regolarità delle elezioni ci forniva alcuni dati sull'imparzialità dei «media» di Stato. La «Hrvastka Tekevisjia» ha riservato brevi «spot» alle opposizioni, e qualche spazio a pagamento che però va saldato subito e sarà rimborsato in un imprecisato futuro. Intanto grazie ad apparizioni e discorsi, inaugurazioni di scuole, mostre, rassegne e fiere, solo nei notiziari dell'ultima settimana Franjo Tudjman è andato in onda per 140 minuti. Fra i candidati di minoranza, il socialista Zdravko Tomac è apparso per dieci minuti e mezzo e il liberale Vladimir Gotovac per ben due minuti e quaranta secondi. Non c'era bisogno di mobilitare gli attivisti, dunque, ed invece è accaduto: Gotovac giovedì scorso è stato aggredito e malmenato a Pola da un ufficiale della guardia (un certo Tomislav Brzovic) che ha poi orgogliosamente dichiarato: «Sono un ustascia, pronto ad ammazzare tutti i nemici della Patria». La dichiarazione è stata prudentemente «tagliata» dalla tv di Stato. Anche i furgoni del socialista Tomac hanno subito qualche danno. Lungo tutto il Paese, soprattutto nei centri della Dalma¬ zia, gli ex eroi della Krajna oggi trasformati in guardaspalle hanno svolto un'attività di «propaganda» che definire intimidatoria sarebbe poco. In questo contesto, i messaggi di Tomac e Gotovac sono annegati nel disinteresse. «Se Tudjman se ne va la Croazia non finisce», continua a gridare il primo, sessantenne, ex comunista, professore di sociologia. In qualche modo l'«Hdz» lo teme, sa che i suoi richiami alle condizioni della gente comune, alla disoccupazione, agli spudorati arricchimenti di pochi possono far presa. L'ultimo comizio a Zagabria gli è stato impedito con un pretesto burocratico. I sondaggi gli accreditano dal 14 al 18 per cento dei voti. Gotovac, scrittore e poeta, usa toni più sommessi, dice che ((nessun Paese può dipendere da un solo uomo e da una sola firma», da liberale crede nel fatto che i croati siano pronti a uscire dall'ubriacatura nazionalistica. Pure, il fatto di essere sposato da due anni con una croata divenuta italiana (Simona Sandric, un tempo suora ed oggi cardioioga al «Gemelli» di Roma, dove appartiene all'equipe che cura il Papa) gli ha creato qualche fastidio. Dicono non supererà 0 12-16 per cento. Nell'attesa di celebrare la riconferma a vita, Franjo Tudjman sembra lottare con successo contro il tumore allo stomaco che gli era stato diagnosticato. La tv lo mostra mentre gioca al tennis, nel recente viaggio in treno a Vukovar (il problema della Slavonia Orientale resta aperto: si vota anche lì ma nell'assoluto disinteresse dei serbi) è rimasto un'ora e mezzo sotto il sole ostentando una forma invidiabile. Il suo appello alla nazione dice che contro la Croazia è in atto una nuova congiura internazionale: «Siamo ancora esposti ad attività contro la nostra indipendenza, al centro di una vera e propria guerra psicologica... Vogliono presentare la politica in Croazia come guidata dagli erzegovesi e dai criminali...». Un regime che non è stato capace di rinnovarsi gioca ancora la carta dell'emergenza. Ai 3 milioni e 700 mila elettori si aggiungeranno ; ancora 377 mila III votanti della co¬ li siddetta «dia¬ spora». Nella maggior parte, erzegovesi e bosniaci con passaporto di Zagabria, quelli che inseguono il sogno della Grande Croazia. Quelli che più di altri rischiano di dimostrare quanto fragile sia la pace di Dayton. Giuseppe Zaccaria ; III li A sinistra la Albright Al centro un piccolo fan di Tudjman Qui accanto il presidente in divisa