Phnom Penh: prendete Pol Pot vivo

«I suoi si scannano, la tigre divorerà il leone». Amnesty: per lui una Norimberga «I suoi si scannano, la tigre divorerà il leone». Amnesty: per lui una Norimberga Phnom Penh; prendete Poi Pot vivo Per il governo tiene in ostaggio anche un inglese PHNOM PENH. Dopo aver abbandonato la sua roccaforte di Anlong Veng, al confine tra Cambogia e Thailandia, il capo dei khmer rossi Poi Pot si è rifugiato nella giungla assieme a 2300 fedelissimi, ma la fuga gli è preclusa da un migliaio di khmer rossi che gli si sono rivoltati contro. Intensi combattimenti sono in corso. E' questo il quadro tracciato ieri in una conferenza stampa dal vicecapo di stato maggiore delle forze armate cambogiane, generale Nhiek Bun Chhay, secondo il quale Poi Pot tiene in ostaggio tre stretti collaboratori: il suo «primo ministro» Khieu Samphan, il consigliere Nuon Chea e il comandante Ta Mok, tristemente noto come «il macellaio». Poi Pot avrebbe trascinato con sé anche il cittadino britannico Christopher Howes, rapito dai khmer rossi assieme al suo traduttore cambogiano Houn Hourth nel marzo dell'anno scorso mentre stava bonificando un tratto di giungla dalle mine. Da tempo ormai il britannico era dato per morto. Commentando la notizia dei combattimenti in corso nella giungla fra khmer rossi, uno dei due co-premier di Phnom Penh, Hun Sen, ha dichiarato che il governo cambogiano non intende per il momento intervenire: lascerà che le fazioni, ugualmente brutali e sanguinarie, si distruggano a vicenda. «Stiamo seduti sulla cima della collina a guardare il leone e la tigre che si sbranano a vicenda. Aspettiamo che si feriscano entrambi, così da poterli catturare. Poi vedremo il da farsi» ha detto Hun Sen. Secondo il generale Bun Chhay, Poi Pot, responsabile del genocidio di due milioni di cambogiani dal 1975 al 1979, potrebbe sterminare coloro che gli sono rimasti al fianco e alla fine suicidarsi. Il governo cercherà di convincere i guerriglieri che gli sono rimasti fedeli ad arrendersi in modo da avere una chance di catturare Poi Pot vivo, come ha chiesto Amnesty International per sottoporlo a giudizio per crimini contro l'umanità. «Tutti coloro che sono coinvolti in questo conflitto dovrebbero rammentare che l'impunità, letteralmente l'esenzione dalla pena, è uno degli elementi che maggiormente contribuiscono al perpetuarsi del ciclo della violenza e delle violazioni dei diritti umani», ha affermato ieri l'organizzazione internazionale in un comunicato. Prima di lasciare Anlong Veng, martedì scorso, nel timo re di essere tradito e consegna to al governo, Poi Pot ha truci dato il suo «ministro della dife sa» Son San, la moglie e dieci famigliari, passando poi sui ca daveri con un camion. Il gene rale Nhiek Bun Chhay ha mo strato le foto dell'eccidio: corpi dilaniati in un lago di sangue con fori di proiettile alla nuca o nella schiena. Ma su quanto sta avvenendo nella giungla attor no ad Anlong Veng non tutto è chiaro, e finora le uniche versioni dei fatti sono quelle fornite dal governo, o meglio da quella parte del governo guidata dal co-primo ministro Norodom Ranariddh. Il suo rivale, il premier aggiunto Hun Sen, ha infatti dichiarato di non credere che Poi Pot abbia assassinato Son San e preso in ostaggio i suoi più fedeli collaboratori. Gli avvenimenti ad Anlong Veng vanno allora visti anche alla luce della profonda rivalità tra Hun Sen e Ranariddh, il quale non fa mistero di voler riabilitare leader khmer rossi meno compromessi nel genocidio come Khieu Samphan, per trasformarli in alleati politici alle elezioni dell'anno prossimo. Son San sarebbe stato ucciso a Anlong Veng, nel Nord del Paese, per aver accettato di negoziare la pace con le autorità di Phnom Penh. L'accordo prevedeva che Poi Pot, Son Sen e Ta Mok andassero in esilio in un Paese non specificato. Ma Poi Pot si era opposto: il 10 giugno aveva accusato i suoi di tradimento, convocando una riunione cui Son San non aveva preso parte. E' stato ucciso poco ore dopo nella sua casa. Circa 10.000 guerriglieri khmer si sono consegnati alle autorità cambogiane dall'agosto scorso, quando ci fu la defezione dell'ex ministro degli esteri del gruppo, Ieng Sary. [Ansa-Agi]

Luoghi citati: Cambogia, Phnom Penh, Thailandia