«leoncavallini» nel mirino fra cariche scontri e fermi

200 identificati e poi espulsi mentre in centro sfilavano 50 mila persone per chiedere «più lavóro» REPORTAGE DOPO IL VIAGGIO DI 15 ORE VERSO L'OLANDA «leoncovallini» nel mirino fra cariche, scontri e fermi AMSTERDAM I TALIANI? «Stop, stop». Ma H chissà perché. Arriva il primo treno e tutti giù di corsa verso questa città del mito: «Oh, qui ti fai tutte le canne che vuoi...», dice uno che appena fuori dalla stazione si guarda intorno come in un sogno. Arriva il secondo treno e stop. Sedici ore di tradotta, stazione dopo stazione, come un accelerato. Tutti paesini della Germania, gli hanno fatto fare. Alle 15,30, quando tutto il resto dell'Europa alternativa è già in marcia lungo i canali di Amsterdam come uno straordinario meltingpot in movimento, duemilacinquecento ragazzi italiani sono bloccati dalla polizia olandese senza poter bere e nemmeno fare pipì. Per un'ora e mezzo. E, più tardi, finisce male: qualche carica e un po' di botte. Cinque fermati, una settantina di «identificati»; e tutti gli altri che non sapevano quando sarebbero potuti ripartire. Altissimi agenti con i caschi e gli scudi li hanno guardati subito male dal marciapiede numero due della stazione centrale. Gli hanno fatto perdere la partenza del corteo; l'impressione è stata subito che volessero impedirgli di unirsi alla manifestazione e ci sono riusciti. Alternativi senza etichetta, punk, autonomi, guevaristi, zapatisti, anarchici, disoccupati napoletani. Già venerdì sera li avevano bloccati per sette ore a Milano, in Stazione Centrale. Quando sono arrivati a prendere il treno promesso dal ministro Burlando, non hanno trovato niente. Si sono dati da fare Bertinotti e il capo milanese di Rifondazione Umberto Gay per ritrovare il treno perduto. A mezzanotte sono partiti. Alle 15,30 sono arrivati. E sì, perché, come aveva detto Enrico da radio Kappa di Bologna (ex Alice, ora «Acciuga, ah, ah...») . per «andare in Europa, ci vuole il treno». E finalmente è arrivato. Che treno: «Sembravamo degli albanesi, stretti e senz'acqua». Fortuna che si fermava in continuazione e si poteva comprare da bere nelle stazioni. Venticinque carrozze, più o meno cento a carrozza, grosso modo 2 mila e 500 ragazzi dei centri sociali (Ya Basta di Roma, Leoncavalio di Milano, Pedro di Padova, radio Sherwood, etc) che evidentemente i giganteschi poliziotti olandesi consideravano più pericolosi dei punk inglesi o degli anarchici finlandesi (effettivamente un po' paUidi) che sono sbarcati tre ore prima nell'indifferenza generale. Colorati, stracciati, sballati ben più dei nostri. Eppure i nostri avevano niente meno che un messaggio del subcomandante Marcos arrivato dal Messico via Internet a qualche centro sociale italiano e subito rimbalzato qui via Gsm: «Sono con voi, perché so che voi siete con me». Lo volevano leggere alla manifestazione, la marcia per il lavoro, l'altra faccia dell'Europa che da oggi celebra qui ad Amsterdam il suo rito ricorrente del summit tra capi di Stato e di governo. Nella sede della Banca Centrale olandese, come a voler dar ragione a chi dice che questa che si sta combinando nei palazzi della politica è davvero l'«Europa dei banchieri». Ma ogni summit ha il suo contro-summit che, capitando ad Amsterdam, ha preso una piega di happening alternativo che ha cominciato a coagularsi fin dal mattino in quella irresistibile calami¬ ta centrale che è piazza Dam. C'era un bel gruppo di Rifondazione (che tanto per scaldarsi già verso mezzogiorno ritmava insulti a Berlusconi), vari «cobas» lombardi, gruppi di Alternativa sindacale (la corrente di minoranza della Cgil), dell'Alfa di Arese, della Sit Siemens, della Fiat Mirafiori, tre sindaci della Basilicata accompagnati dal vigile urbano in divisa e 3 gonfalone del Comune, l'Associazione lavoratori pinerolesi. Uno striscione della Bosnia, uno che diceva soltanto «Rock and rolb, i verdi tedeschi, il comitato disoccupati di Biarritz, i portuali di Liverpool (500 licenziati), le 200 sospese di Auchan in Francia, i comunisti dell'Iran, le fenuniniste egiziane, i «senza casa» francesi che alzavano la voce per tutti i «cinque milioni di senza casa europei». E poi socialisti di Catalunya, luxemburghiani tedeschi, incazzati austriaci di vario tipo, orecchinati di tutto il continente. Un calderone di tutti i colori, i fumi, gli slogan, le maschere di un'Europa inquieta e impossibile da stringere dentro i parametri di Maastricht. C'erano, vestiti di verde, gli operai della Renault di Vilvoorde (Bruxelles), loro davvero cavie di sperimentazioni di euro-sadismo sociale. In quella fabbrica (dove ora si produce la Méegane) non si faceva un'ora di sciopero dal '79 fino a quando qualche mese fa hanno annunciato la chiusura. Nessuna ragione di mercato, ma per trasferire la produzione in Spagna (uno dei Quindici della comunità) in una zona dove il governo Aznar fa concorrenza agli altri Quattordici abbattendo i costi e incentivando le aziende. «No agli apartheid economici: uccidono», diceva uno striscione. E sembrava un po' il simbolo delle euro-contraddizioni. Il caso Vilvoorde ha fissato il timbro di concretezza ad una manifestazione che punk, pacifisti, alternativi e fumati di tutt'Europa avrebbero invece lasciato galleggiare nel limbo di un happening coloristico. In questo calderone sono arrivati anche i nostri duemilacinquecento ragazzi con i loro orecchini, macchine fotografiche, zainetti, bandierine con Che Guevara e qualcuno anche con la paura di essere riconosciuto in tivù dalla mamma: «Ho detto che andavo in gita al lago di Vico...». La gita non è finita bene. Anche perché nella notte un centinaio di autonomi sovraeccitati hanno effettivamente sconquassato un vagone. Un capostazione tedesco se n'era accorto e l'aveva segnalato alla pohzia olandese. Di qui è nata la «diffidenza verso gli italiani». E in serata le autorità olandesi hanno firmato l'espulsione per 200 italiani, [c. m.) 200 identificati e poi espulsi mentre in centro sfilavano 50 mila persone per chiedere «più lavóro» rr; J Nella foto in alto un momento della «marcia dei 50 mila» per le strade di Amsterdam Nelle foto a sinistra e sopra gli scontri fra manifestanti e polizia durante la marcia

Persone citate: Aznar, Berlusconi, Bertinotti, Burlando, Guevara, Umberto Gay, Vico