VOTI CONTRO IL CATTIVO UMORE di Luigi La Spina

«Raccoglieremo 500 mila firme e abrogheremo i reati d'opinione» PRIMA PAGINA VOTI CONTRO IL CATTIVO UMORE agli abusi, alle spregiudicatezze, alle irrilevanze. Eppure, questo esito del voto sarebbe un peccato perché si aggiungerebbe ai brutti sintomi che si avvertono in Italia, spie di un clima di restaurazione partitocratica strisciante, di una diffusa delusione tra i cittadini. La speranza di un rinnovamento politico e civile in Italia, alla vigilia del Duemila, era fondata su tre fondamentali punti: una battaglia contro la corruzione pubblica e privata, la trasformazione del sistema politico in una democrazia più efficiente e moderna, l'inserimento del nostro Paese in una Europa forte e competitiva nel mondo. Su tutti e tre i fronti, i segnali sono preoccupanti e le grandi attese rischiano di trasformarsi in cocentissime delusioni. L'era di Tangentopoli è finita e non certo perché la corruzione sia stata sconfitta: il recente scandalo dei medici a Milano testimonia non solo la persistenza delle «cattive abitudini», ma anche la protervia e l'arroganza di chi è ben consapevole di una sostanziale impunità, sia per l'estrema diffusione del fenomeno che rende la scoperta del reato statisticamente assai ridotta, sia per le scappatoie, i rinvii, le logomachie di una giustizia che parla troppo e che fa poco. I magistrati, poi, urlano allarmi e invettive contro la classe politica di cui temono una rivincita normalizzatrice senza rendersi conto, come fa Davigo, che solo il silenzio e il lavoro creano consenso mentre battute e strampalati paragoni tolgono credibilità e suscitano una penosa impressione di isolamento e di sconfitta. La crisi del tentativo moralizzatore in questo Paese è ben simboleggiato da Di Pietro, ex procuratore, ex ministro, docente improbabile, forse anche ex leader di un partito mai nato. Pure il tentativo di rinnova¬ mento istituzionale sembra impantanato tra sotterranee spartizioni finite in truffa, eccessi di furbizie, egoismi partitici, vanità politologiche. Lo spettacolo della Bicamerale, ai più incomprensibile nei suoi astrusi passaggi procedurali,.si è interrotto su un primo atto all'insegna della beffa, più alla maniera di Georges Feydeau che di William Shakespeare. E i successivi atti rischiano di concludersi in tragedia greca. L'Europa, infine, è in affanno, stretta tra le gelosie dei banchieri centrali, le paure dell'opinione pubblica tedesca, più o meno fondate, le preoccupazioni sociali di francesi ed italiani, più o meno ipocrite. Pensavamo fosse difficile per l'Italia salire sul treno in corsa dell'Europa, abbiamo scoperto che il convoglio in realtà ansima penosamente, ma la rivelazione non è affatto consolante. E' questo il grigio panorama con il quale stamane si aprono i seggi della consultazione referendaria. Siamo tutti liberi di votare, di non votare o di votare solo per alcuni quesiti. Si è parlato spesso di gravi difficoltà per capire le domande, di impreparazione specifica e di ignoranza generica degli italiani, In verità, tutte le volte i cittadini hanno dimostrato di sapere benissimo cosa fare, sia quando hanno partecipato con entusiasmo al voto sia quando hanno esercitato legittimamente il diritto di astenersi. Gli alibi preventivi delle opposte tifoserie non servono, la maturità democratica degli italiani è assicurata anche senza ascoltare le direttive dei partiti e dei giornali. Ma può valer la pena di votare, forse per nostalgia, ricordando le battaglie civili del benemerito Pannella di ieri o, forse, anche per dispetto, sfidando il Pannella di oggi e il suo fantasma. Luigi La Spina

Persone citate: Davigo, Di Pietro, Georges Feydeau, Pannella, William Shakespeare

Luoghi citati: Europa, Italia, Milano