Davigo, nuovo atto d'accusa ai politici

Il pm del pool parla a sorpresa: attacca la bozza Boato e chiede più autonomia per i magistrati Il pm del pool parla a sorpresa: attacca la bozza Boato e chiede più autonomia per i magistrati Dovigo, nuovo atto d'accusa ai politici «Sbagliatoprivilegiare la difesa». Fini: rabbrividisco CASTELLANZA DAL NOSTRO INVIATO «Nessuno vuole in carcere degli innocenti. Ma non è che stiamo dando il messaggio che la difesa viene prima di ogni altra cosa, prima perfino della tutela delle vittime?». Riceve l'applauso più lungo e convinto di tutto il Convegno. Riesce a «far correre un brivido» lungo la schiena di Gianfranco Fini. A strappare una battuta caustica a Massimo D'Alema. E in sei minuti esatti dà la misura di cosa si aspettano i giudici, e in particolare i magistrati di Mani pulite, dal dibattito sulle riforme e la Bicamerale. Ancora lui, Piercamillo Davigo, la lingua più tagliente del Pool: anche stavolta riesce a stupire e a gettare il sasso della provocazione nelle acque fin troppo tranquille di Castellanza. Il suo intervento non è previsto ma non si fa pregare quando Di Pietro, con affetto, lo chiama sul palco per ravvivare una mattinata che sembra ammalarsi di noia. Il «dottor Sottile», vero ventriloquo di Antonio Di Pietro per i problemi sulla giustizia. «La mattinata la faccio chiudere a Davigo - conferma Di Pietro - che tanto le cose che dice lui le penso anch'io». E via, prima sciabolata, direttamente a Fini, D'Alema e alla Bicamerale tutta: «Dato che il sistema giudiziario è un sottosistema di quello politico e non ima variabile separata, a seconda di come viene organizzato il primo, viene poi organizzato il secondo. Allora io mi chiedo: se ancora non si è deciso quale sarà l'assetto politico del Paese, come si fa ad aver già deciso quello giudiziario?». Applauso. «Se si vuole un premier capo dell'esecutivo e della maggioranza, si cominci a prevedere una magistratura più autonoma». Davigo mcalza e ribadisce la richiesta di autonomia per la magistratura. Quindi colpisce con una seconda stoccata, sulla corruzione: «C'è la necessità che venga rifondato il patto tra governati e governanti: una classe dirigente merita rispetto e può pretenderlo dalle classi subordinate solo se impone a sé stessa almeno gli stessi doveri che impone agli altri cittadini». E perché il messaggio arrivi chiaro, utilizza una delle sue metafore preferite: «La corruzione è più grave di un reato come il furto d'auto. Perché il pubblico ufficiale aveva giurato fedeltà alla sua funzione pubblica. Mentre il ladro non ha mai giurato di non rubare». Spiega: «La norma che oggi punisce il finanziamento illecito, e che si vuole ga¬ bellare come una questione formale, è una norma che di fatto punisce meno severamente di quanto accadrebbe se fosse annullata. Perché se non ci fosse, allora il reato diventerebbe quello di falso in bilancio, di ricettazione». Ci penserà più avanti un allarmato Elio Veltri a ricordare alla platea come in Parlamento ci siano allo studio leggi per depenalizzare, appunto, il falso in bilancio e la ricettazione. Il professor Davigo va avanti per la sua strada e si prepara all'affondo finale, quello che farà correre «un brivido lungo la schiena» a Fini. Il riferimento è ai contenuti della bozza 3oato, squilibrata su un garantismo, secondo il pm, che terrebbe conto solo dei diritti delle difese, ma non di quello delle vittime dei reati. «Io non vorrei sembrare repressivo ad oltranza - attacca morbido Davigo -. Meno che mai chi è preposto alla pubblica accusa vuole in carcere degli innocenti». Puntini di sospensione, orecchie tese: «Però un giusto processo è anche quello che tutela non solo i diritti degli imputati, ma innanzitutto le vittime dei reati, altrimenti non può essere considerato civile». Quindi la conclusione, tutta dedicata al tentativo che Davigo intravede, nella bozza Boato in Bicamerale, di tarpare le ali alla magistratura: «Non è che stiamo dando il messaggio che la difesa viene prima di ogni altra cosa, anche della tutela della vittima? Ma siete sicuri che questo sia il pensiero dei cittadini di questo Paese?». Applausi dalla platea. Apprezzamento, a pranzo, di Ignazio La Russa. Perplessità invece di Fmi: «Uno dei principi fondamentali di uno Stato di diritto prevede che è meglio un colpevole in libertà che un innocente in galera. Non vorrei aver frainteso le parole di Davigo. Ma se corrisponde al vero quanto ho capito, mi sembra che il principio sia ribaltato e quando le ha pronunciate ho sentito un brivido lungo la schiena». Replica Di Pietro, sorridente: «Guardi, lei ha capito male, se fosse come teme, allora avrebbe ragione, ma non è così». Controreplica di Fini: «Io non conosco davvero nessuno che abbia in testa un disegno tale per le riforme da sottomettere la magistratura». Ancora Di Pietro: «Davvero lei non conosce nessuno?». Intervento di salvataggio di D'Alema. «Per carità, lasciamo stare i conoscenti e atteniamoci ai testi scritti». Finalissima di Davigo, via agenzia, su quanto avrebbe capito Fini: «Ho detto chiaramente delle cose. Se uno non vuol capire, è un altro discorso». Paolo Colonnello Disponibile con le telecamere e con i giornalisti mentre impartisce le direttive a un manipolo di studenti A sinistra il presidente di An Gianfranco Fini con il presidente della commissione bicamerale Massimo D'Alema ieri al tavolo dei relatori Qui sotto il pm Piercamillo Davigo con l'ex ministro Di Pietro nella pausa-pranzo dei lavori

Luoghi citati: Castellanza