A rapporto gli ufficiali della Ibis di Foto Reuter

il Rimosso dall'incarico il maresciallo fotografato mentre seviziava un prigioniero A rapporto gli ufficiali della Ibis Convocati dallo Stato maggiore per accertare la verità LIVORNO DAL NOSTRO INVIATO Fin dalla vigilia si sapeva che quella di ieri sarebbe stata una giornata nera per il comando della brigata dei paracadutisti, e tutta tinta di nero è iniziata, fin dal primo cornetto bagnato nel caffellatte del bar dove gli ufficiali hanno l'abitudine di fare colazione prima di varcare la soglia di Villa Orlando, quartier generale della Folgore. Ogni locale aveva uno, due quotidiani con titoli che urlavano alla vergogna, con racconti particolareggiati sulle violenze della Somalia. Ogni locale aveva il settimanale «Panorama» aperto sulla sequenza di foto delle sevizie commesse. Gli ufficiali si sono dileguati in fretta. Si sono chiusi alle spalle il portone di Villa Orlando, lasciando fuori le chiacchiere, i rimproveri. Non lo scandalo, quello li ha seguiti fin nelle loro stanze, privando chiunque della forza di parlare, di provare a spiegare che no, non tutti erano così, di ricordare il sacrifìcio, l'impegno, la lapide posta all'interno del comando in ricordo dei 14 italiani morti in Somalia. La prima e unica schiarita in questa nera giornata dei para è giunta nel pomeriggio, quando si è diffusa la notizia cbe il maresciallo Valerio Ercole aveva parlato. Dopo la seconda serie di foto, ha voluto prendere le distanze da episodi di cui - afferma - «disconosco nel modo più categorico fatti e personaggi». La sua versione dei fatti passa di bocca in bocca, proietta di nuovo quel film della Somalia a cui il comando pensava di aver partecipato, non quello apparso nell'ultima settimana sui giornali. «Quel giorno racconta Valerio Ercole - la polizia somala portò al campo di Johar tre cittadini somali. La stessa polizia sosteneva che questi ultimi erano dei rapinatori e soprattutto erano a conoscenza di un grosso deposito di armi. Preciso che gli arresti erano regolari. Iniziarono gli interrogatori, sempre da parte della polizia somala, dei tre arrestati. Tutte le dichiarazioni rese dagli stessi verniero regolarmente verbalizzate, verbale di cui sono in possesso». Quanto al somalo deìla foto, «fece sicuramente finta di svenire per sottrarsi all'interrogatorio, fu portato fuori dalla tenda e gli fu buttata dell'acqua in viso per rianimarlo». Il maresciallo voleva «indurlo a rivelare l'effettiva ubicazione di armi e munizioni». Per «impaurirlo», non utilizzò degli elettrodi, ma un telefono da campo, con fili «che inviavano un leggero impulso, così come avviene quando si vuol far squillare un altro telefono da campo». Il tentativo non riuscì, Valerio Ercole lasciò perdere, racconta, precisando che all'episodio non furono presenti né ufficiali, né sottufficiali dell'Esercito italiano, ma alcuni funzionari della polizia somala: le due persone sedute all'interno della tenda nella foto. Questa, la sua versione. Certo, Michele Patruno, l'ex para autore delle foto continua a sostenere l'altra ricostruzione: «Quelle foto parlano da sole», afferma, annuii- dando altre rivelazioni. E ieri sera lo stato maggiore del'esercito ha rimosso dall'incarico, a titolo precauzionale, il maresciallo Ercole. E ha convocato per stamani a Roma tutti gli ufficiali che con il grado di capitano hanno partecipato alla operazione Ibis. Per la Folgore le parole del maresciallo Ercole appaiono comunque un tenue barlume di luce in un lungo, interminabile venerdì nero. Non tutto è perduto e Villa Orlando intende dimostrarlo. Dalla prossima settimana una pioggia di domande e sospetti investirà i responsabili della brigata. Subito dopo arriveranno le sanzioni: non solo per i protagonisti delle vicende, ma anche per i responsabili delle truppe. Il comando della Folgore sta raccogliendo ogni informazione utile a dimostrare l'unica tesi ormai dimostrabile: che gli episodi si riferiscono ad alcuni esaltati, che per quei pochi non è possibile condannare un'intera brigata. Dalle ricerche di ieri, ad esempio, è emersa la notizia che Benedetto Bertini, autore di una serie di drammatiche foto di un massacro di somali disarmati, non è, in realtà, un ex para, come affermato nel settimanale Panorama. Il suo reparto non è mai confluito nella Folgore, replicano i documenti: è stato sciolto e basta. Flavia Amabile Ercole si difende «Era un trucco per fargli confessare dove erano le armi» «Ho usato solo fili del telefono e poi l'ho lasciato andare» il Le torture inflitte ai prigionieri somali e (a fianco) la folla che si contrappone ai nostri para all'epoca della missione [FOTO REUTER]

Persone citate: Benedetto Bertini, Flavia Amabile Ercole, Michele Patruno, Valerio Ercole, Villa Orlando

Luoghi citati: Livorno, Roma, Somalia