«Pol Pot non è morto e cerca un rifugio»

Secondo un giornale sarebbe già a Bangkok, ma il governo di Pechino nega di voler concedergli asilo Secondo un giornale sarebbe già a Bangkok, ma il governo di Pechino nega di voler concedergli asilo «Poi Pot non è morto e cerca un rifugio» Ormai isolato, il leader dei khmer rossi emigrerebbe in Cina Era stato dato per morto, un anno fa, ma come la sua vita anche la sua fine era avvolta nel mistero. Dal fondo delle giungle cambogiane in cui aveva fatto massacrare oltre due milioni di suoi connazionali e da cui, spodestato dal potere, dal '79 dirigeva la guerriglia dei suoi khmer rossi, era affiorata la notizia della sua morte. Tutti ne avevano dubitato, nessuno aveva tirato sospiri di sollievo. Il fatto che la guerriglia continuasse rafforzava i dubbi: no, Poi Pot, il capo del regime di terrore in Cambogia fra il'75 e il '79, non era morto. Rincorrersi di dichiarazioni ufficiali e voci in queste ultime ore tra Bangkok e Phnom Penh confermano che Poi Pot sarebbe vivo: ma ormai in fuga, in cerca di un rifugio fuori della Cambogia, magari in Cina. Ultimi gruppi di suoi fedelissimi stanno trattando col governo cambogiano per porre termine alla guerriglia; per lui, sono in corso manovre diplomatiche per dargli segretamente asilo da qualche parte. Una fuga, più che la via dell'esilio. Mesi fa lo aveva abbandonato Ieng Sary, il più sinistro dei suoi antichi compagni, a lui legato anche da rapporti di parentela, avendo entrambi sposato due sorelle. Emerso dalla giungla, Ieng Sary, che negli anni di potere era ministro degli Esteri, alcuni mesi fa si era presentato al governo di Phnom Penh trattando la resa del suo gruppo e una sorta di immunità per se stesso. Rivelando spaccature tra i khmer rossi, ciò indicava anche l'inizio d'un esaurirsi delle capacità di guerriglia. In questi ultimi giorni si sono infatti intensificati contatti tra il governo e esponenti dei guerriglieri. Khieu Samphan, nominalmente leader dei khmer rossi, sta trattando un accordo per deporre le armi in cambio di una sistemazione per sé e per i suoi uomini, mentre Poi Pot e alcuni altri dovrebbero trovar rifugio all'estero. Ieri a Phnom Penh, Norodom Ranariddh, uno dei due premier cambogiani e figlio di re Sihanouk, ha dichiarato che «un Paese amico» accoglierà Poi Pot e alcuni suoi collaboratori. Secondo un quotidiano di Bangkok Poi Pot sarebbe già nella capitale thailandese, da dove andrebbe in Cina, che gli darebbe asilo. Le autorità thailandesi si dicono all'oscuro della presenza di Poi Pot a Bangkok, mentre da Pechino un funzionario degli Esteri, affermando di non saper nulla dell'intera vicenda, sottolinea

Persone citate: Ieng Sary, Khieu Samphan, Mesi, Norodom Ranariddh, Sihanouk