Una lunga stagione di assedi alla scelte di Palazzo Koch di Massimo Giannini

RETROSCENA Una lunga stagione di assedi alla scelte di Palano Koch RETROSCENAUN DIVORZIO ICORDO con piacere quella domenica pomeriggio nella quale il dottor Ciampi ed io ci ritrovammo, alla sola presenza di un collaboratore, nel mio studio di Via Due Macelli. li decidemmo il rialzo del tasso di sconto, li dettai il comunicato stampa che ne dava notizia. Mi rivolsi a Ciampi e al collaboratore e dissi: "Vede, questa è l'ultima volta che un rninistro del Tesoro firma il decreto per la modifica del tasso di sconto. La prossima volta toccherà a voi". E' stata l'ultima volta davvero...». A leggere in quella miniera di notizie e di aneddoti della storia di questo tormentato Paese, che è il libro di memorie di Carli, questo fatterello di sette anni fa colpisce più degli altri, quando si deve ragionare del sempre precario e periclitante rapporto tra i governi e la Banca d'Italia. In questo fatterello, appunto, Carli e con lui l'allora governatore Ciampi videro e condivisero la conclusione di un lungo percorso che portò l'Istituto di emissione a recidere finalmente i «lacci e lacciuoli», per lo meno amministrativi, con i quali il potere politico lo aveva nel tempo imbrigliato. E' appena il caso di ricordarli, questi lacci e lacciuoli amministrativi appunto, dall'obbligo di acquistare i titoli di Stato inofferti o quello di «subire» appunto il decreto di aumento o riduzione dei tassi di interesse. Perché in realtà, nell'epoca buia che continueremo a chiamare Prima Repubblica, questi vincoli di natura funzionale sono stati solo un aspetto, e probabilmente quello meno pericoloso, del tentacolare appetito dei partiti su Via Nazionale. Vissuto per lo più dai «mercanti» della politica come un tempio da profanare. E non c'è forse neanche bisogno di arrivare all'esempio più clamoroso e vergognoso di questa tentata «invasione», cioè l'incriminazione dell'allora governatore Paolo Baffi e l'arresto dell'allora direttore generale Mario Sarchielli, ordinati in quel fosco 24 settembre del '79 dai giudici Antonio Alibrandi e Luciano Infensi, i più navigati nella Procura di Roma meglio nota come «porto delle nebbie». «Colpevoli» entrambi, agli occhi della piovra piduista e della lobby affaristica filo-andreottiana, di aver frapposto qualche ostacolo ai deliri di onnipotenza di Michele Sindona, ad operazioni come l'Italcasse, il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, i finanziamenti del Credito industriale sardo alla Sir del bancarottiere Nino Rovelli. Non c'è bisogno di arrivare a tanto, per testimoniare dei conflitti tra la Politica e un'istituzione che, per sua natura e volontà, si è sempre auto-custodita. In misura meno traumatica, la storia è costellata di episodi emblematici, a riandare indietro nel tempo e a partire da oggi, dallo sfogo amaro e orgoglioso di Fazio che, come Di Pietro, si sente tirato per la giacchetta, sui tassi di interesse e sulla vigilanza, da tanta, da troppa gente: persino da personaggi autorevoli e al di sopra di ogni sospetto come Francesco Giavazzi e Luigi Spaventa. Ma facciamo qualche passo indietro. Chi non ricorda il febbraio del '95, quando l'allora premier Lamberto Dini schiumò rabbia contro l'aumento di quasi un punto del tasso di sconto, deciso da Bankitalia proprio alla vigilia della manovra? E poi il novembre dello stesso anno, quando ancora Dini in viaggio per il G7 di Washington e di fronte al reiterato monito di Fazio sull'esigenza di una manovrina da 10 mila miliardi tagliò corto sbuffando un «poche storie, questa è la manovra migliore possibile...»? Più indietro ancora, tornano alla mente le letteracce che nell'ottobre del '94 l'allora premier Berlu¬ sconi inviava proprio a Fazio, per caldeggiargli la nomina dell'«esterno» Rainer Masera («Il governo - era il famoso ma inutile incipit epistolare del Cavaliere - ha considerato che l'ufficio del direttore generale è l'unico che si presti, con l'apporto di altre culture...... E poi sovviene la successiva e abile mossa di Pinuccio Tatarella, ministro dell'Armonia, che a Bari dopo una chiacchiera amicale col governatore mise il cappello di An sul candidato proposto dallo stesso Fazio, cioè il «paesano», perchè pugliese, Vincenzo Desario. E infine: tra i più datati flash- back ce n'è un ultimo che stupisce per analogia con i fatti di ieri. Marzo 1990, governo andreottiano a cinque del «partito unico policefalo moderato» come lo definiva acutamente Asor Rosa: la Banca d'Italia pubblicò un durissimo Bollettino Economico (in quegli anni ce n'era davvero gran bisogno) contro 1'«insufficiente controllo della finanza pubblica». Apriti cielo: insorse per primo Paolo Cirino Pomicino, oggi poverino alle prese con brutti guai al cuore ma allora irruente ministro del Bilancio: «Mi auguro che Ciampi e la Banca d'Italia abbiano voluto sottolineare l'esigenza che la politica monetaria sia molto più vicina alla politica di bilancio di quanto non sia avvenuto finora...». Poi toccò a Rino Formica, prete trozkista e allora ministro delle Finanze: «Non spetta certo a Ciampi indicare quale deve essere la scala di priorità di un governo, sono problemi che deve discutere e risolvere la classe politica...». Ancora, un ultimo tuffo nelle cronache ingiallite e indecorose del nostro Ancien regime: viene in mente il 19 luglio dell'85, famoso venerdì nero della lira quando auspice l'Eni che a mercati quasi chiusi fece una iperbolica speculazione contro la nostra moneta che ci costò una svalutazione dell'8% nello Sme - l'allora presidente del Consiglio Bettino Craxi si lanciò in una furiosa invettiva contro la Banca d'Italia e la sua presunta e pretesa incapacità di «governare e vigilare sul mercato». Un atto di ostilità senza precedenti, che indusse l'allora governatore Ciampi a presentare immediatamente le sue dimissioni nelle mani del focoso premier socialista. Che tuttavia, con un rigurgito di benevolenza tipica del principe-tiranno di Radicofani, le respinse. Bontà sua, e di tutti quelli che, sulla Banca d'Italia, hanno voluto e vorranno «allungare le mani». Massimo Giannini

Luoghi citati: Bari, Radicofani, Washington