Bruxelles cerca il compromesso sul lavoro di Cesare Martinetti

Bonn sarebbe disponibile a un impegno formale sull'occupazione. Dini: «Ora la Francia è più vicina a noi» Bonn sarebbe disponibile a un impegno formale sull'occupazione. Dini: «Ora la Francia è più vicina a noi» Bruxelles cerca il compromesso sul lavoro Oggi l'incontro Santer-Jospin STRASBURGO DAL NOSTRO INVIATO Jacques Santer, presidente della Commissione europea, incontra oggi Lionel Jospin con molte buone intenzioni, ma poche offerte concrete: «Rieri de nouveau», niente di nuo vo, ha ammesso ieri qui a Strasburgo illustrando la sua missione diplomatica. Che la politica dell'Unione debba essere «economica» c non solo «monetaria», come ha ripetuto ieri anche Lamberto Dini, è cosa fm troppo ovvia, scritta nel trattato di Maastricht e persino in quel (matto di stabilità» che ha fatto imbizzarrire il nuovo governo socialista. Il fatto è che finora Europa ha voluto dire moneta, politiche restrittive e in definitiva disoccupazione. Ma da Bonn è arrivato ieri un segno distensivo. Il governo tedesco sarebbe disponibile ad accettare la ricluesta di Parigi per affiancare al patto di stabilità monetaria anche una dichiarazione di impegno politico comunitario sull'occupazione. Si tratta solo di un «segno», perché il ministro degli Esteri Kinkel, ripetendo la convinzione che l'euro sarà varato «senza ritardi», ha precisato che in ogni caso la creazione di nuovi posti di lavoro «deve essere rimessa principalmente alla responsabilità dei singoli Stati membri». Santer ha comunque detto di andare a Parigi con «ottimismo» perché nemmeno l'impuntatura di Jospin vuol mettere in discussione il «patto di stabilità» voluto soprattutto dai tedeschi per trasferire sull'euro le virtù di solidità del marco. E apoda sunt servartela)), i patti si rispettano, ha detto Santer. L'ipotesi del presidente della Commissione è che tutto questo sia visto in una «dimensione nuova», per l'appunto quella chiesta dai francesi, in cui una politica economica mirata all'occupazione abbia dignità pari a quella monetaria. E su questo punto Santer è stato chiaro: l'Unione monetaria si regge su «due gambe», politiche di bilancio e politica economica. Basterà questo per convincere i francesi e salvare il summit di Amsterdam? Santer dice che il patto «sarà firmato con questo spirito». Di concreto non c'è nulla di nuovo, semmai da riprendere in mano strumenti mai usati, come il «libro bianco» di Delors e il «Patto di fiducia per la crescita e l'occupazione» dello stesso Santer rimasti ad impolverarsi negli archivi ingombri dell'Europa. Il patto di fiducia prevedeva anche investimenti della Banca Europea sulle reti di trasporto transeuropee. Fu bocciato dai tedeschi per quell'ossessione monetaristica che consentiva al cancelliere di guadagnare il consenso della Bundesbank al progetto di moneta unica, altrimenti indigeribile alla banca centrale che ha sempre vissuto l'euro prossimo venturo come un suicidio per il marco. C'è qualche possibilità che venga ora accettato il «patto di fiducia»? «Un quarto di secolo di politica - ha risposto Santer - mi ha insegnato che bisogna avere pazienza». Il ministro degli Esteri Dini, come già aveva fatto lunedì a Lussemburgo Ciampi, si è detto soddisfatto dell'iniziativa di Jospin: «Ora la Francia è più vicina all'Italia». E da Strasburgo il Parlamento ha sostanzialmente sostenuto la posizione di Parigi votando una risoluzione in cui si chiede un'applicazione «elastica» dei criteri di convergenza sui parametri della moneta unica. Questo non vuol dire mettere in discussione il patto di stabilità, ma - come previsto dal trattato di Maastricht tenere conto della direzione in cui si sta muovendo l'economia di un Paese. Il summit di Amsterdam è a questo punto davvero il crocevia del fu- turo dell'Europa. Si aprirà lunedì mattina nella sede della banca centrale olandese, ma avrà quasi sicuramente un prologo domenica sera con un incontro tra i ministri economici. Se un accordo coi francesi ci sarà, è lì che verrà manifestato dal neo-ministro Strauss-Kahn. Ma ad Amsterdam i capi di Stato e di governo dei Quindici dovranno varare il cosiddetto Maastricht 2 e cioè l'ampliamento «politico» del trattato, che dovrebbe dare uno scheletro istituzionale all'unione in grado di consentire anche l'allargamento della comunità ai Paesi dell'Est (Polonia, Slovenia e Repubblica Ceca), un obbiettivo a cui tiene soprattutto la Germania. La bozza di accordo preparata dalla presidenza olandese dopo un anno di negoziato intergovernativo è stata giudicata in modo critico dal Parlamento che ha approvato la risoluzione proposta dal presidente della commissione istituzionale Biagio De Giovanni, pds. Cos'è che non va? Anche qui si torna alla questione delle questioni: troppo poca dimensione «sociale» a fare da contrappe¬ so agli eccessi monetari. E poi un'impalcatura istituzionale che viene considerata ancora insufficiente a reggere l'allargamento. E' sostanzialmente la posizione italiana che ha sempre negoziato per una soluzione «di alto profilo» e lo ha ripetuto ancora ieri Dini. Da questo punto di vista la conclusione di Amsterdam non è affatto scontata. Cesare Martinetti * ili * ■ • ★ * * Una manifestazione contro il cancelliere Helmut Kohl Sotto, il presidente della Commissione Europea Jacques Santer