Corruzione Pirellone nel mirino
Quattro avvisi di garanzia, uno per l'assessore (Forza Italia) ai Trasporti Quattro avvisi di garanzia, uno per l'assessore (Forza Italia) ai Trasporti Corruzione, Pirellone nel mirino Per l'inchiesta Interporto MILANO. Brutto periodo per la giunta del Pirellone presieduta da Roberto Formigoni: già costretta a muoversi nei campo minato dello scandalo sanità, adesso si ritrova tra le mani ima nuova bomba: l'inchiesta suiriuterporto di Lacchiarella. La miccia è stata accesa ieri con un'informazione di garanzia consegnata dalla Gdf nelle mani di Giorgio Pozzi, assessore ai Trasporti della Regione per Forza Italia. «Chiederò domani stesso (oggi, ni.ir) ai magistrati di poter essere ascoltato per fornire tutte le spiegazioni», dice l'assessore Pozzi, sostenendo di avere la coscienza tranquilla. Ma l'informazione di garanzia che gli hanno inviato i pm della procura Fabio Napoleone e Claudio Gittaidi è pesante: i reati ipotizzati vanno dalla corruzione alla malvereazione ai danni dello Stato, dalie false fatturazioni alla truffa, dall'abuso d'ufficio al falso in bilancio. Il tutto per due miliardi e mezzo di lire versati dallo Stato ed erogati dalla Riigione nel febbraio scorso alla società Interporto Milano Sud che, sostiene l'accusa, anziché spenderli per l'acquisto di terreni e strutture per la costruzione dell'interporto di Lacchiarella, li avrebbe distribuiti tra vari professionisti (fratello dell'assessore compreso) pur scopi diversi, principalmente consulenze di studio. In ballo ci sono im milione e 600 mila metri quadrati di cemento che dovrebbero essere costruiti nel cuore del parco Sud di Milano per risolvere il problema dello stoccaggio e del trasporto delle merci in città, con un sistema ferroviario integrato per lo jinbio da ruota gommata a rotaie: un progetto di cui si discute da anni, ma che esiste solo sulla carta e per il quale però sono già stati stanziati 600 miliardi che entro il prossimo dicembre bisognerà decidere se investire o no. Pozzi ieri mattina ha dovuto subire l'onta di perquisizioni in casa e nell'ufficio della sua immobiliare, nella villa hollywoodiana di Mariano Comense e nell'assessorato in Regione. Stessa informazione di garanzia e stesso trattamento anche perii fratello dell'assessore, l'architetto Marcello Pozzi, per il dirigen¬ te del settore programmazione della Regione Marco Rossetti e per il titolare di uno studio di consulenza, l'architetto Giuseppe Penzotti. Contestualmente le Fiamme Gialle hanno eseguito anche una ventina di perquisizioni in società di consulenza sparse tra Brescia, Mantova, Bologna, Venezia e Torino. E' lunga e tormentata la storia dell'lnterporto: un affare da svariate decine di miliardi che vede in prima linea molti protagonisti di Tangentopoli. E che si trascina da almeno 20 anni con reciproci scambi di accuse tra forze politiche, ambientalisti e abitanti della zona, indagini su amministratori ed ex del Pirellone e della Provincia. Un guazzabuglio che è giunto perfino a sfiorare la breve esperienza ministeriale di Antonio Di Pietro. In questo caso però i fatti accertati dai magistrati sono circoscritti a un episodio ben preciso: 2 miliardi e mezzo di lire utilizzati, sostengono gli mquirenti, per fini diversi da quelli previsti. Il contributo, stanziato dallo Stato nel 1989 alla Regione, richiesto il 28 dicembre '95 dalla Interporto Milano Sud (Ims), società mista che dovrebbe gestire l'affare, è stato infine erogato dalla Regione, con delibera di Pozzi, il primo febbraio del '96. Due mesi dopo cioè che alla Ims erano pervenute diverse fatture per studi di fattibilità sulla realizzazione del progetto, quasi, fanno notare gli investigatori, a voler giustificare l'erogazione dei soldi. Da qui, l'accusa di false fatturazioni. Ma la Ims (società detenuta al 51% dalla stessa Regione attraverso le Ferrovie Nord) si difende sostenendo che fu lo stesso ministero dei Trasporti, con una nota del 30 novembre '93, a chiarire che i contributi potevano essere utilizzati sì per «l'acquisizione di aree», ma anche «per studi e progettazione». Mentre per quanto riguarda la corruzione l'ipotesi è che sia stato favorito un ingiusto vantaggio alla Interporto Milano Sud e alla Finterporti, una delle società confluite nell'operazione dell'interpoito di Lacchiarella e dietro cui si nascondono personaggi fin troppo noti alle cronache di Mani pulite: da Marcellino Gavio, dell'Itinera) alla società di costruzioni Romagnoli e Lodigiani, dalla Grassetto di Ligresti (che però ha ceduto da tempo le quote) alla Edilgest di Antonio D'Adamo. Per non parlare di uno dei promotori dell'intero progetto, Pompeo Locatelli, inquisito per le tangenti Eni e la maxi Enimont. Il falso in bilancio riguarderebbe invece il valore di alcuni terreni, oggetto di contratti tra la Finterporti, il Centro stoccaggio merci e l'Ims. Terreni che la Ims sostiene di aver pagato molto meno del normale prezzo di mercato e che i Verdi sostengono siano stati oggetto di una gigantesca speculazione andata avanti per 15 anni. Paolo Colonnello IL CASO LACCHIARELLA 1975: in un'area di 64 ettari che ora fa parte del parco agricolo Sud Milano, il Comune di Lacchiarella approvò il piano di fabbricazione che prevedeva la realizzazione di un centro stoccaggio merci. 27 gennaio 1987: la giunta regionale individuò Lacchiarella come sede dove realizzare uno degli interponi previsti nel piano generale dei trasporti del 1986 Per gestire l'operazione «Interporto Lacchiarella» venne costituita la «Interporto Milano Sud», Spa mista, con capitale pubblico e privato. Il 51% del capitale è infatti della «Interponi Lombardi Spa»: ne fanno parte Ferrovie Nord (75,7%), Ferrovie dello Stato (15,5%), Finlombarda (4,1%) e altri azionisti (4,7%). La parte privata è costituita da «Finterporti Spa» di cui fanno parte: Impresa Grassetto (ex gruppo Ligresti) con il 40,5%, Fincedi (Lega Cooperative) con il 40,5% e Sii di Antonio D'Adamo (19%). Il progetto originario dell'lnterporto prevedeva un impianto di oltre 2000 mq, poi ridimensionato. Giorgio Pozzi (Forza Italia) assessore ai Trasporti della Regione Lombardia
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