«Adesso è lo Stato che mangia i suoi figli» di Alessandra Pieracci

«Adesso è lo Stato che mangia i suoi figli» L'inchiesta sui vertici Dia, la Parenti contro i pm genovesi «Adesso è lo Stato che mangia i suoi figli» Tiziana Parenti GENOVA. Pressioni a pentiti perché la tirassero in mezzo, punizioni trasversali a ex collaboratori, l'ordinanza del gip paragonata a «stracci che volano», un'inchiesta vista come una vendetta politica nei suoi confronti, basata su conflitti e rancori personali riportati dalla Procura di Savona: «Ma che cosa si vuol dimostrare, che un nucleo di investigatori agiva come un'associazione a delinquere?». Tiziana Parenti, parlamentare di Forza Italia, ieri a Palazzo di Giustizia ha spiegato la sua richiesta di essere ascoltata dal procuratore Vito Monetti in merito alla vicenda che ha portato all'arresto, venerdì scorso, del colonnello dei carabinieri Michele Riccio, ex capo della Dia di Genova, accusato, con altri cinque suoi ex collaboratori, di aver gestito in maniera troppo disinvolta i pentiti, pagandoli con partite di droga sottratte ai sequestri, o addirittura costruendo a tavolino le prove di inchieste clamorose, il tutto «per far carriera». - «Mi offro come indagata» ha detto l'ex pm della Procura di Savona che dirigeva le inchieste antidroga di Riccio e dei suoi. E che Tiziana Parenti si prepari a un'autoaccusa è avvalorato dal fatto che domani si presenterà ai magistrati genovesi assistita dagli avvocati Giovanni Ricco, lo stesso del colonnello Riccio, e Gimmi Giacomini, prassi inconsueta per una semplice testimonianza. «Non amo infatti - ha spiegato - che persone che hanno lavorato lealmente con me abbiano a soffrire punizioni per colpa mia». Un destino che sembra colpire i collaboratori dell'ex pm: a Savona il colonnello Riccio, a Milano il sottufficiale della Finanza, Simonetti. I fatti su cui vuole intervenire si riferiscono all'inchiesta da lei condotta 9 "anni fa sulla prima raffineria di coca scoperta in Italia, a Tovo San Giacomo, nel Savonese, la cui installazione, secondo le dichiarazioni del pentito Angelo Veronese, sarebbe stata suggerita ai narcotrafficanti colombiani da un maresciallo infiltrato nell'organizzazione, uno dei carabinieri colpito da un ordine di custodia e in procinto di costituirsi, oggi, agli inquirenti. A chi le ha chiesto commenti sulle voci malevole che mettono in relazione quell'operazione con una relazione sentimentale tra lei e il sottufficiale in questione, Tiziana Parenti ha risposto: «Quelli sono solo fatti personali, non hanno nulla a che vedere con gli aspetti giudiziari». Con gli aspetti giudiziari, invece, ha a che vedere la figura di Veronese. «Da mesi a Roma circolava una voce, a cui peraltro non ho mai dato peso, secondo la quale il pentito Veronese sarebbe stato chiamato a Milano da Ilda Boccassini che gli avrebbe chiesto di me». Naturalmente dagli ambienti della Procura milanese arriva la puntuale smentita. Ma su Veronese, personaggio legato al clan di Guglielmo Fidanzati e uomo chiave anche per l'operazione Duomo Connection, dal 1991 ufficialmente informatore del Ros di Genova, la Parenti ha altro da dire, giudicandolo assolutamente inattendibile, come gli altri pentiti su cui si basa l'inchiesta genovese: «Un anno e mezzo fa ebbi da lui una lettera in cui lamentava indebite pressioni e un'altra da un detenuto a Prato in cui mi raccontava di essere stato contattato da un compagno di cella, un certo Faruggia, mio imputato in un processo, perché mi accusasse di aver agevolato il boss Michele Zaza in cambio di una villa. In seguito Faruggia è stato sentito dalla dottoressa Nanni, uno dei pm genovesi dell'inchiesta Riccio, per certe operazioni fatte dai Ros». Delle lettere erano state informate le Procure di Milano e Genova, «ma non ne ho saputo più nulla». «Ho trovato in tutta l'ordinanza del gip di Genova molta malevolen za - sostiene Tiziana Parenti - mi chiedo se è legittimo che con una sentenza passata in giudicato si vada ora a sentire i condannati di quel processo, ora pentiti. Sono rimasta allibita di come si possano sollevare delle ombre basandosi su dichiara zioni di persone che stanno scon tando le pene». Ieri i marescialli arrestati venerdì, Ernesto Capra e Giuseppe Se sto, interrogati da gip e pm, si sono avvalsi della facoltà di non rispon dere. Intanto, a Roma, si è costituito il maresciallo Gianmario Doneddu, 46 anni, medaglia d'oro negli Usa per aver collaborato alla cattu ra di un boss della droga. E' rin chiuso nel carcere militare di Pe schiera, sarà sentito domani. Alessandra Pieracci Tiziana Parenti