Cercasi erede di John Major di Fabio Galvano
Solo 49 voti (su 83 necessari) al moderato Clarke, ex cancelliere dello Scacchiere. Gli eurofobi all'offensiva Solo 49 voti (su 83 necessari) al moderato Clarke, ex cancelliere dello Scacchiere. Gli eurofobi all'offensiva Cercasi erede di John Major Fallisce il primo voto per la successione LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ancora scossi dalla disfatta elettorale del primo maggio, i conservatori inglesi dovranno attendere un'altra settimana per sapere chi li guiderà attraverso il deserto politico dei prossimi cinefile anni. Kenneth Clarke, l'ex Cancelliere dello Scacchiere, ha superato ieri tutti i rivali nel voto con cui i 164 residui deputati tory erano chiamati a designare il successore di John Major; ma la sua maggioranza, prevista dai sondaggi, non è stata sufficiente a chiudere la partita. Sarà necessario, per conoscere l'avversario di Tony Blair, almeno un secondo voto, martedì prossimo. «E' stato un buon inizio - ha commentato Clarke - e ora si tratta di superare il prossimo esame». Ma non era il solo, ieri sera, a esprimere ottimismo per una corsa che avrà come premio il più ingrato compito politico, quello di ristrutturare un partito schiacciato, decimato e in questo momento senza voce. Clarke, che rappresenta l'ala moderata del partito ed è essenzialmente filoeuropeo, ha raccolto 49 voti. Ma 41 ne ha avuti il giovanissimo William Hague: 36 anni, ex ministro per il Galles, è considerato l'enfant prodige dei Tories fin da quando vent'anni fa, appena sedicenne, prese la parola a un congresso del partito conquistandosi un lungo applauso. Molti dicono che sarà lui l'uomo del compromesso, capace di colmare le divergenze oggi incolmabili fra Clarke e l'ala destra, eurofoba, del partito: divisa ieri fra i suoi tre candidati, ma formidabile potenza quando dovesse attribuire a un solo nome i 27 voti di John Redwood, l'uomo che già due anni fa sfidò Major subendo però una clamorosa sconfitta, i 24 dell'ex ministro della Sicurezza Sociale Peter Lilley e i 23 dell'ex ministro degli Interni Michael Howard. Ieri sera questi ultimi due, Lilley e Howard, hanno abbandonato la corsa: entrambi, nei giorni scorsi, avevano espresso l'intenzione di rinunciare se non fossero risultati fra i primi tre. Redwood potrebbe raccogliere i loro voti: non abbastanza per vincere martedì prossimo (occorre la maggioranza più uno, cioè 83 voti), ma abbastanza per diventare uno dei due contendenti di un eventuale spareggio finale. «Abbiamo un magnifico slancio», ha detto ieri: «Bisogna fermare Clarke». Ma Lilley e Howard gli hanno guastato la festa, precisando dopo il ritiro: «I nostri voti vadano a Hague». Kenneth Clarke ha avuto forse qualche voto più del previsto. E altri ne avrà, al secondo turno, se i deputati tory di Westminster prenderanno nota di altre scelte espresse alla vigilia da chi non ha oggi voce in capitolo ma potrebbe averla in futuro, non appena il meccanismo per l'elezione del leader conservatore sarà modificato: i Lord, che per 177 a 45 hanno preferito Clarke a Hague; i presidenti delle circoscrizioni elettorali che, anteponendo le capacità organizzative e la presa sull'elettorato alle simpatie personali, avevano dato a Clarke 269 voti e a Hague 178 (stracciati gli altri, Redwood appena 25). Questo è il partito conservatore d'oggi: lacerato, incerto, senza un leader dominante e tantomeno indiscusso. Hague, che si è detto «entusiasta per il sostegno dei colleghi», è convinto che la sua piattaforma unitaria possa trionfare. E' ormai l'uomo-chiave: candidato anti-Clarke per le destre e anti-destre per Clarke. Ammesso, però, che arrivi al ballottaggio finale. Se martedì dovesse essere eliminato, invece, avrà l'ingrato compito di indicare a quale dei rivali regalare nella «bella» i propri voti, all'europeista Clarke o all'ultrascettico Redwood, all'uomo che ha avviato la prodigiosa ripresa eco¬ nomica britannica o a quello che dell'Unione europea mette in dubbio non soltanto l'Euro. Non è soltanto una questione di preferenze personali o di alchimie politiche. E' in gioco l'anima del partito; peggio, di un partito che sta cercando quell'anima. L'antieuropeismo delle destre spaventa, nel Paese che con il voto del 1° maggio ha scelto invece un cauto cammino verso Bruxelles, ma resta una concreta realtà. E nelle scontro fra le due concezioni di conservatorismo molti si domandano se avesse ragione Major con il pragmatismo che ne faceva un moderato o Maggie Thatcher con i suoi reboanti no. Ma le due «eminenze grigie» dei Tories, per ora, tacciono. Fabio Galvano Il favorito pare ora il giovanissimo (36 anni) Hague, ex ministro Lex primo ministro britannico John Major e l'ex ministro Kenneth Clarke, filoeuropeo, che sino a ieri sembrava favorito nella corsa alla successione
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