«Più lavoro nel Trattato»

^—«Più lavoro nel Tramilo» Dl Mih il ^— «Più lavoro nel Tramilo» Dl Mih il Delors: serve un Maastricht «sociale» ^—matignon LM EX presidente della Com™ missione europea Jacques Delors è stato fra i protagonisti dell'incontro dell'eurosinistra a Malmoe. Pur non sedendo nel nuovo governo, ha accettato il ruolo esterno di «garante» europeo dell'esecutivo di Lionel Jospin. Il congresso dei socialisti europei ha rappresentato una svolta nella costruzione dell'Unione, in direzione della dimensione sociale? «E' prematuro dirlo. Quel che è certo è quello che i cittadini europei pensano: "I socialisti sono al governo in dodici Paesi su quindici, e in nove di essi esprimono il premier. Ci parlano di costruzione europea, di dimensione sociale e di occupazione. Dunque vediamo, che cosa faranno ora?". La palla è nel nostro campo, e ne siamo ben consci». Che cosa chiede il governo francese riguardo all'Unione monetaria? «Chiediamo l'applicazione del Trattato di Maastricht, in particolare delle disposizioni che prevedono la creazione di un'area economica a complemento di quella monetaria. Questo è nel Trattato, e il governo francese vuol semplicemente rispettarne lo spirito e la lettera. L'articolo 103 prevede che il Consiglio europeo, in occasione di ogni riunione, definisca gli orientamenti comuni in materia economica. Si tratta ora di definire come farlo, in un protocollo che completi il Patto di stabilità (un'integrazione delle disposizioni di Maastricht che consolida la convergenza dei bilanci e prevede sanzioni per i Paesi il cui deficit supererà il 3% del pil, ndr). E' necessario che si tenga conto, su un piano di parità, del punto di vista dei ministri del Lavoro come di quelli delle Finanze. Se lo avessimo fatto già quattro anni fa, adesso avremmo una crescita maggiore, creatrice di più occupazione». Ma il Patto di stabilità è compatibile col rilancio economico? «Il Patto è indispensabile perché in ogni Paese la situazione finanziaria si mantenga durevolmente sana. Definisce regole del gioco che non sono assolutamente di ostacolo a una politica di crescita. Anzi: più si mette ordine nelle finanze pubbliche, più c'è margine di manovra per soddisfare i bisogni essenziali. Ma il Patto di stabilità va completato con il coordinamento delle politiche economiche. Anche questo è indispensabile». I socialisti europei sono in grado di accordarsi sulla politica economica e sociale da condurre? Fra la flessibilità di Tony Blair e le proposte di Lionel Jospin c'è ben più che una sfumatura... «In Francia oggi il 75 per cento dei nuovi contratti di lavoro è a termine o a tempo parziale. Siamo già in una logica di flessibilità: bisogna fare come i partner sociali europei che hanno firmato un accordo sulla protezione dei diritti dei lavoratori in caso di impiego a tempo parziale». Fra le soluzioni per ridurre la disoccupazione, Jospin evoca i grandi progetti. Le idee sviluppate nel suo «Libro bianco» restano di attualità? «La messa in opera di queste grandi reti permetterebbe al mercato unico di essere più competitivo, alle persone di circolare più liberamente e a un costo meno elevato, e garantirebbe un miglior assetto del territorio. Che cosa aspettano a vararle?». Bisogna trovare i soldi... «L'Unione può prenderli in prestito. Non ha grandi debiti. Se si fanno mutui a trent'anni, saranno coloro che ne beneficeranno a pagare gli interessi. E' una visione economica ortodossa. Mi stupisco che i ministri delle Finanze, spesso preda del "pensiero unico", siano così poco inventivi». Che somma dovrebbe stanziare l'Europa per ridare un lavoro a 18 milioni di disoccupati? «I grandi progetti non possono creare più di 500 mila posti di lavoro. Non siamo più ai tempi di Roosevelt e Keynes. Ma ci sono gli esempi incoraggianti di Paesi che sono riusciti a ridurre la disoccupazione anche in fase di cattiva congiuntura: penso all'Olanda, alla Danimarca, all'Irlanda». Parallelamente alla marcia verso l'Unione monetaria i Quindici stanno negoziando in seno alla «Conferenza intergovernativa» (Cig) gli adattamenti istituzionali resi necessari dai futuri allargamenti. L'appuntamento era fissato per il summit di Amsterdam, ma non c'è più da contarci. «La Cig avrebbe dovuto creare le istituzioni idonee a un'Europa che potrebbe arrivare a comprendere trenta Paesi. Invece si è concentrata sul miglioramento dei trattati esistenti. Il testo proposto dalla presidenza olandese registra qual- che modesto passo avanti. Ma credo che ci vorrà una nuova Cig verso il 2000 per battezzare l'Europa dei Trenta». Dunque il summit di Amsterdam non produrrà niente di sostanziale? «Sul primo "pilastro" dell'Unione, cioè l'economia, si può sperare in disposizioni utili all'occupazione e nella reintroduzione nel Trattato della protezione sociale, visto che ora anche la Gran Bretagna la accetta. La politica estera comune, al contrario, è una Jaguar con il motore di una carretta. Riguardo al terzo pilastro, la cooperazione giudiziaria e di polizia, sono emerse delle cose interessanti che rispondono alle aspirazioni dei cittadini a una maggiore sicurezza. Ma la lotta contro la grande criminalità, l'immigrazione clandestina e la droga dovrebbe essere più efficace. Per le istituzioni, tutto quel che si può sperare è una piccola estensione del voto a maggioranza». Novità nel campo fiscale? «No, non credo. Forse faremo qualche progresso sulle magre disposizioni relative alla ricerca scientifica. E vedremo un'estensione del potere di co-decisione del Parlamento europeo». E questo è sufficiente? «Si potrebbe far meglio... ma è quello che i governi sono disposti a firmare». Didier Tellier Copyright «Le Soir» e per l'Italia «La Stampa» «Ad Amsterdam saranno fatti dei sostanziali passi avanti eppure servirà un'altra conferenza per disegnare l'Europa dei Trenta» «Con le grandi reti del Libro bianco si potrebbero creare 500 mila posti Sarebbe un bene per l'occupazione Cosa si aspetta per andare avanti?»

Persone citate: Delors, Didier Tellier, Jacques Delors, Jospin, Keynes, Lionel Jospin, Roosevelt, Tony Blair