Un morbido Lonquich per Mozart

45 Due concerti di grande successo con l'Orchestra Nazionale della Rai Un morbido Lonquich per Mozart Con la direzione di Umberto Benedetti Michelangeli Prima di iniziare il ciclo dedicato alle nove Sinfonie di Beethoven articolate in cinque appuntamenti con Eliahu Inbal sul podio, le «Serate Musicali di Primavera» della Rai hanno messo in cartellone, per il secondo appuntamento, due Concerti per pianoforte e orchestra di Mozart. Un altro passo avanti nella programmazione pluriennale che scandisce l'esecuzione integrale dei lavori mozartiani dedicati a questo genere. All'auditorium» di piazza Rossaro, Umberto Benedetti Michelangeli ha diretto l'«Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai» venerdì e sabato sera dinanzi ad un foltissimo pubblico. Chi non è riuscito ad ascoltare questa esecuzione magistrale, potrà rimediare sintonizzandosi su RadioTre lunedì 16 giugno alle ore 20,30. In apertura, un omaggio a Schubert con 1'«Intermezzo dopo il terzo atto dalle musiche di scena D.797». E' raro sentirlo eseguire così, con quelle gradazioni intimiste fatte di respiri garbati intorno a quella melodia tanto familiare perché Schubert la utilizza anche in altri due lavori. Splendida cornice alle due opere centrali per pianoforte e orchestra, poiché in chiusura, nel secondo fuori-programma dopo l'omaggio a Brahrns per le doverose celebrazioni, Alexander Lonquich ci ha regalato, sempre di Schubert, un godibile «Momento musicale n. 3 op. 94» di commiato. La vena intimistica e la spinta espressiva restano anche i tratti fondamentali dei due concerti mozartiani presentati e la serata ha avuto un filo conduttore emotivo di costante intensità. Nel «Concerto n. 9 in mi bemolle maggiore K 271», dalle mani di Lonquich è sortito un suono limpido, sgranato con esattezza ma al contempo morbido e fluido e Michelangeli ne ha mantenuto intatta la delicata iridescenza in quel colloquio tra solista e orchestra che non diviene mai opposizione. Così è stato nell'immediatezza dell'esordio ammiccante e ancor più nella meditazione introspettiva deU'«Andantino». Anche il «Concerto n. 27 in si bemolle maggiore K 595» ha sortito, soprattutto nel «Larghetto» centrale, un preziosismo di stile di incantata bellezza. Tant'è che, l'irrilevante svista di Lonquich nell'«Allegro» conclusivo, l'ha reso ancora più vicino al pubblico. Gli applausi si sono levati con gratitudine sentita, per lui, per Michelangeli e per l'Orchestra. Aurora Blardone Alexander Lonquich: dalle sue mani è sortito un suono limpido, sgranato con esattezza ma al contempo fluido