«Sono i giustizieri del viadotto»
Per l'uomo trovato sotto l'AutoFrejus chiesto il rinvio a giudizio di 4 giovani della Valsusa Per l'uomo trovato sotto l'AutoFrejus chiesto il rinvio a giudizio di 4 giovani della Valsusa «Sono i giustizieri del viadotto» //piti: l'hanno ucciso e bruciato Era il balordo del paese, un violento che li minacciava, li umiliava davanti a tutti al bar, pretendeva sempre denaro altrimenti erano sberle. «Non ne potevamo più, e abbiamo deciso di farlo fuori». E così una sera del luglio scorso lo hanno ucciso a colpi di pistola, dopo averlo attirato in una trappola («abbiamo dell'ottima droga per te»), e hanno bruciato il cadavere sotto un viadotto dell'autostrada del Fréjus. La vittima era Marco Scalzo, 22 anni, tossicodipendente di Avigliana: un nome che richiama alla memoria quello di una delle famiglie più temute e «rispettate» della Sicilia occidentale. Ieri i pm Alberto Giannone e Antonio Malagnino hanno chiesto il rinvio a giudizio per i giovani che decisero di farsi giustizia da sé. Sono Mario Accanii, 32 anni, carrozziere di Condove; Stefano Massimo Fontolan, 22 anni, muratore di Rivoli; Antonio Zerbonìa, 34 anni, di Sant'Ambrogio, disoccupato, detto Totò. Il quarto uomo è Luigi Ierardi, 35 anni, decoratore di Sant'Ambrogio. La sera del delitto non era sotto il viadotto dell'autostrada assieme agli amici che cercavano di bruciare il cadavere di Scalzo. Era a Torino per lavoro e non poteva raggiungere i compagni perché senza macchina. «Ma era d'accordo con noi - hanno spiegato i presunti complici -, anzi era stato proprio lui ad avere l'idea del delitto, a programmarlo». Lui ha negato: «Certo ce l'avevo con lui perché aveva picchiato i miei nipoti. Si è ventilato anche l'ipotesi di ucciderlo, ma erano solo parole. Sì, sono andato con gli altri a fare un sopralluogo per decidere dove farlo fuori, ma il mio era un ruolo piuttosto passivo». Risponde di concorso morale, con gli altri, nell'omicidio premeditato: rischiano tutti l'ergastolo. Un balordo, ucciso da tre balordi, che si sono improvvisati giustizieri. Il cadavere carbonizzato di Scalzo era stato trovato la sera del primo luglio scorsa, nelle campagne di Sant'Ambrogio. Numerosi automobilisti che passavano sull'autostrada avevano no¬ tato quel fumo denso, quella catasta di pneumatici che bruciava sotto il viadotto. All'inizio si era anche pensato al delitto di mafia. Non era così: nessuna vendetta trasversale, ma soltanto il momento di foiba di giovani che hanno pensato di farsi giustizia da soli. E così hanno preparato il delitto, organizzato la trappola e alla fine hanno bruciato il loro nemico, quell'uomo grande e grosso che h' umiliava di continuo davanti a tutti. «Ma si divertiva a minacciare e malmenare anche bambini e vecchi del paese», hanno detto gli imputati che forse solo dopo, nel silenzio della cella, hanno incorniciato a rendersi conto di quello che hanno fatto. Giustizieri vendicatori, ma anche tanto ingenui. Soprattutto Accanii, il primo a cadere nella rete. A metà agosto, mentre va in bici a Susa, litiga con alcuni giovani in auto che, a suo dire, hanno rischiato di investirlo. E non trova di meglio che minacciarli con la pistola che si porta dietro: quella Beretta 7,65 con la matricola abrasa usata per l'omicidio. Gli sequestrano l'arma e si scopre tutto. I tre poi confessano e chiamano in causa il quarto uomo, Ierardi: «Zerbonìa gli ha offerto la droga. Gli ha detto che gliel'avrebbe data se ci lasciava in pace. Lui ci è cascato in pieno. Senza sospettare nulla è salito sull'auto di Zerbonìa e si sono recati sotto il viadotto. Appena è sceso Scalzo si è trovato davanti Fontolan e Accanii che lo aspettavano. Ha capito tutto e si è messo a correre. Gli altri io hanno inseguito. Poi Fontolan gli ha scaricato addosso la pistola. Ierardi sapeva tutto, anzi era il più accanito, il più deciso». Sono difesi dagli avvocati Wilmer Perga, Marcello Tardy, Geo Dal Fiume, Roberto De Sensi e Patrizia Santachiara. L'udienza preliminare è fissata per il prossimo 15 luglio. Nino Pietropinto La vittima era il violento del paese e li umiliava sempre al bar La vittima dell'omicidio Marco Scalzo (a fianco, da sinistra) e due degli amici accusati di averlo ucciso: Antonio ZerbonTa e Stefano Fontolan
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