Sono in corsia i rischi maggiori
Sono in corsia i rischi maggiori IL CASO Sono in corsia i rischi maggiori «C'è meno prudenza che in sala operatoria» PROFESSIONI PERICOLOSE OL luogo più a rischio? Le camere di degenza. Molto più dei pronto soccorso dove arrivano i pazienti gravi, le barelle insanguinate, le ferite da ricucire. Molto più anche delle camere operatorie, dove si maneggiano bisturi, pinze e fili di sutura. Secondo una recente ricerca internazionale realizzata col contributo delle Molinette, il pericolo di essere infettati dal virus dell'Hiv è alto soprattutto in corsia. Dove si fanno i vaccini, i prelievi, dove s'infilano i tubicini delle fleboclisi, l'attenzione di medici e infermieri sarebbe molto inferiore rispetto alle zone dell'emergenza, del primo intervento, o della lama che incide la pelle sotto le lampade delle sale operatorie. E gli strumenti più a rischio? L'ago delle siringhe, innanzitutto. E di conseguenza ecco che il personale più esposto sono gli infermieri professionali, incaricati delle endovenose e dei prelievi. Poi in lista ci sono i medici, gli addetti ai laboratori, e infine gh ausiliari. Per il dottor Roberto Arione, direttore sanitario del presidio Molinette, «le linee guida contro i rischi in ospedale ci sono, ma a volte la distrazione o la non corretta applicazione rendono inutili le disposizioni di legge fissate già nell'89 dal ministero della Sanità». «Qualsiasi dipendente ospedaliero - recita la nonna - deve essere formato e informato sui rischi che corre». Ep- pure oggi che esplode questo caso di sospetta infezione in un ospedale della provincia, fioccano le polemiche e i timori che la legge sia in realtà solo sulla carta: «Da quando a Torino è morta per Aids quell'infermiera colpita da uno schizzo di sangue, sono passati 10 anni, ma non è cambiato nulla», è l'accusa generale. Non solo: «L'Aids è il pericolo più eclatante, ma non bisogna dimenticare che in corsia si rischiano anche l'epatite e diverse altre infezioni». Insomma: la legge c'è, ma non sempre la prevenzione sta al passo. Lo dimostrano le lamentele degli infermieri nei pronto soccorso e sulle ambulanze che parlano: «Mascherine protettive impossibili da utilizzare», «guanti troppo sottili che si rompono». E lo dimostrano pure i numerosi tentativi per riuscire a dettare comportamenti e studiare strumenti di sicurezza duraturi: «In sei, sette anni - racconta ancora il dottor Arione - è cambiato completamente l'ap¬ proccio al malato. Prima, ad esempio, gli aghi utilizzati andavano reincappucciati per sicurezza. Ora, per sicurezza, vanno gettati scoperti, insieme alla siringa». Il caso dell'infermiere infettato in un ospedale ricorda quello della bimba torinese che nel novembre scorso si è ferita con un ago di siringa abbandonata in una cabina telefonica. «Il rischio di contagio in casi simili è basso - sostiene il dottor Guido Calieri, aiuto del professor Walter Grillone all'Amedeo di Savoia -: dopo poche ore il sangue si secca ed è innocuo». Ma la speranza non basta, protestano gh infermieri: «Occorrono norme» più rigide. «Più buonsenso, e anche più vigilanza». lm. acc] Roberto Arione direttore sanitario del presidio Molinette
Persone citate: Amedeo Di Savoia, Arione, Guido Calieri, Roberto Arione, Walter Grillone
Luoghi citati: Torino
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