Sos per il castello della dama velata

167-269269 A rischio la torre, i tetti, gli affreschi: 12 miliardi per salvare dalla rovina un capolavoro dell'arte italiana Sos per il castello della dama velata Lagnasco, da splendida dimora a deposito di formaggi D SALUZZO ODICI miliardi, il costo di mezzo chilometro di bretella autostradale, per salvare un pezzo unico della storia e dell'arte italiana, non solo piemontese: il castello di Lagnasco, immerso nella campagna verdissima dominata dalla vetta altera del Monviso. Un paesaggio rurale dolce e ricco che fu culla di una civiltà, tra Gotico e Rinascimento, testimoniata dai castelli e dalle opere d'arte che gli indegni eredi del tempo moderno hanno lasciato in abbandono. Uno dei simboli di quell'epoca d'oro è appunto il castello. In quegli anni la vicina Saluzzo era una piccola capitale in cui circolavano le idee grazie a umanisti dotati di grandi ricchezze. La ricerca del bello, nelle forme di maniera, si manifestava in misura straripante, quasi maniacale. Nel castello di Ponente ogni angolo è affrescato. Soffitti e cassettoni scolpiti e dorati, stucchi, maioliche preziose, stemmi bianco-rossi del casato col motto «D'acord». Forse un invito a tenere uniti i diversi rami dei Tapparelli d'Azeglio, proprietari di Lagnasco. Il complesso non ha la fama del vicino castello della Manta, col suo ciclo di affreschi divenuti attrazione internazionale, ma potrebbe uguagliarla se restaurato tempestivamente. Hanno bisogno di cure profonde non soltanto gli affreschi incredibilmente estesi (800 metri quadrati, per usare il dato più elementare) che esprimono la cultura artistica tardorinascimentale in questa parte del Piemonte, non così nascosta e isolata come oggi si ritiene. Bisogna intervenire d'urgenza per evitare il crollo della torre; per consolidare fondazioni, murature, scale, soffitti e pareti che mostrano crepe allarmanti; per coprire i tetti, almeno con qualche telone. Un primo stanziamento di tre¬ cento milioni e garantito dalla Regione Piemonte, dovrebbe arrivare a un miliardo entro l'anno. Il castello di Lagnasco è in realtà un complesso formato da tre corpi principali che raccontano capitoli di storia del Marchesato di Saluzzo. Il blocco di Levante era una fortificazione del XII secolo. Nel 1341 fu acquistato col feudo di Lagnasco dalla famiglia Tapparelli d'Azeglio che poi aggiunse altri due corpi. Quello di Ponente, cinquecentesco, divenne la reggia di Pietro I Tapparellus, ritratto in un affresco relativamente ben conservato: un signore dallo sguardo severo sotto un gran cappello scuro guarda verso la «Donna velata» che ha di fronte. Probabilmente la moglie, Giovanna Saluzzo della Manta, morta ventenne nel 1549. I Tapparelli sapevano scegliere gli artisti che operavano in quelle terre prospere, avendo lo sguardo rivolto alle maniere e ai grandi cicli celebrativi romani. Le «grottesche» con piccoli mostri, i voli di uccellini, i personaggi mitologici, le vedute campestri e di antiche rovine, mostrano analogie con gli affreschi della Manta e suggeriscono agli storici dell'arte riferimenti alle scuole romane, con citazioni di Perin del Vaga a Castel S. Angelo, anche del Vasari nel Palazzo della Cancelleria. Nota non trascurabile: un Silvestro Tapparelli fu dal 1549 «Commissario della Fabbrica di San Pietro». Maria Grazia Bosco studia da anni la cultura figurativa nei castelli di Lagnasco e di Manta. «La Sala di Giustizia, con i suoi miti e le sue allegorie, ha evidenti somiglianze col Salone delle Grottesche nel castello di Manta. Le lunette di quel salone, con rovine antiche, riconducono a quelle dipinte sulle scale del castello Ovest di Lagnasco. E' probabile che i due cicli pittorici siano opera della stessa persona o di uno stesso gruppo». Maria Grazia Bosco ha individuato nella reggia Tapparelli motivi dipinti da Cesare Arbasia (ritrattista di corte a Torino e poi attivo a Roma) nel Palazzo Santa Cruz a El Viso del Marques, Ciudad Real, dove era stato chiamato dalla nobile famiglia Bazàn. Ma al nome di Arbasia si aggiungono quelli di Giovanni Angelo Dolce e di Pietro Dolce, da Savigliano, più quello di Giacomo Rossignolo, altro piemontese imitatore di Perin del Vaga. A Lagnasco, nella seconda metà del Cinquecento, era aperto un cantiere straordinario in cui lavoravano muratori e pittori, stuccatori, intagliatori, scelti da Benedetto I tra quelli di alta scuola. Tramontata l'epoca splendida, dopo occupazioni militari e dopo essere stato usato come fabbrica e deposito di formaggi, il castello è oggi abitato da cinque famiglie (non sarà difficile offrire loro un alloggio conveniente, meglio se all'interno dei castello di cui sono in qualche modo custodi). Si tratta di pochi anziani, affittuari dell'Opera Pia Tapparelli che, non avendo risorse per finanziare il restauro, ha deciso di mettere il castello nelle mani del Comune in forma di comodato per rendere realizzabile un'impresa coinvolgente enti diversi. Il presidente del Consiglio regionale, Rolando Picchioni, ne è uno dei promotori più convinti: ((Abbiamo assunto l'iniziativa di un accordo d'area per le terre del Marchesa¬ to di Saluzzo, mobilitando la Regione stessa, la Provincia, i Comuni, le banche. Il castello di Lagnasco verrà inserito nei circuiti storicoartistici del Piemonte, comprendenti edifici e complessi di forte valore simbolico, già restaurati o da restaurare. Dalla Sacra di S. Michele e dal forte di Exilles alle dimore sabaude. Il disegno rientra nella filosofia degli Stati Generali del Piemonte». Una chiamata a raccolta di enti locali, atenei, istituti scientifici, associazioni culturali e di categoria, per rileggere le diverse realtà e proporre progetti per il futuro. Tra i contributi orientativi degli Stati Generali» sono quelli di Gianni Vattimo (identità e cultura), di Sergio Ricossa (imprese, lavoro, sviluppo), di Tullio Regge (ambiente) e di Giorgio Lombardi (istituzioni). «Ora dobbiamo fare i primi passi concreti», dice il presidente Picchioni. Primissimo: trovare i due miliardi per consolidare la torre e altre parti a rischio, per coprire i tetti che non trattengono la pioggia. Contemporaneamente avviare le ricerche che precedono la stesura del progetto definitivo di restauro, condizionato dalla scelta degli usi più idonei e compatibili col rispetto della storia. Sarebbe utile un consulto tra studiosi e architetti portatori di esperienze diverse. Il castello va salvato fisicamente ma bisogna anche ridargli vitalità per garantire cure e manutenzione. Conservare l'eredità delle grandi famiglie non è un'impresa semplice nel nostro tempo. Pone la domanda «Che farne per il beneficio della collettività?». Non tutti i castelli possono diventare musei, ma le alternative non sono quelle di tipo disneyano, vedi centri turistico-gastronomico-commerciali magari con cameriere e venditrici in costumi cinquecenteschi. Mario Fazio Iprimi soccorsi dalla Regione Piemonte: il gioiello nel Marchesato di Saluzzo è tra i simboli del patrimonio stonco-artistico Revare ealtà orpi itoli uzzo. rtifi1 Le ri, i mi e di logie sug rifeon citel S. alazn traUno degli affreLagnasco. AReal, ddalla nMa al giungoAngelo DolcSavigliano, Rossignolo, a dama velata deposito di formaggi schi nel castello destra, l'edifìcio Uno degli affreschi nel castello Lagnasco. A destra, l'edifìcio