«Una tomba a Cracovia per il Papa» di Marco Tosatti

Indiscrezione dall'entourage: là Wojtyla celebrò le prime Messe. Ieri visita alla lapide del padre Indiscrezione dall'entourage: là Wojtyla celebrò le prime Messe. Ieri visita alla lapide del padre «Una tomba a Cracovia per il Papa» Nella cripta della cattedrale, tra i re della Polonia CRACOVIA DAL NOSTRO INVIATO A Zakopane, a Cracovia, salutano il Papa come se non dovessero vederlo mai più. E anche se la ragione dice che non è così, che l'anno prossimo, o magari fra due anni Karol Wojtyla sarà di nuovo qui a sgridare il suo popolo, questa sensazione struggente ha coinvolto tutti, Papa compreso. E in un'atmosfera così emotivamente densa, prende corpo una voce, un sussurro, un desiderio. Giovanni Paolo II potrebbe - fra molti anni - essere sepolto non a Roma, sotto San Pietro, dove da secoli la tradizione vuole l'ultimo giaciglio dei pontefici, ma nella cripta della Cattedrale di Cracovia, sulla collina del Wavel, di fianco al palazzo reale. Se così sarà, in questo momento possono saperlo solo il Pontefice stesso e il suo segretario particolare. Ma ambienti polacchi avvalorano quella che per ora è solo un'ipotesi, sottolineando il particolare rapporto di Giovanni Paolo II con quel luogo, dove sono sepolti i re di Polonia, gli Jagelloni e i Wasa; è lo scrigno della nazione po- il particolare rapporto di Giovanni Paolo II con quel luogo, dove sono sepolti i re di Polonia, gli Jagelloni e i Wasa; è lo scrigno della nazione polacca. Lì, poco più di mezzo secolo fa, il neo-sacerdote Wojtyla ha detto le sue prime tre messe. E ieri ha celebrato di nuovo, in privato. A fianco del piccolo altare in pietra dove Wojtyla ha officiato dormono giganti sfortunati dell'indipendenza polacca, Kozciuzko e Poniatowski. Mai, in decine e decine di viaggi, Wojtyla si è commosso così tanto; e anche se afferma di piangere raramente, l'occhio impietoso dei cronisti - e dei fotografi - ha colto più volte luccichii sospetti sotto le palpebre pontificali. A Zakopane, di fronte alla gente dei Tatra, trentamila in costume, a cantargli all'infinito «Sto Lat, sto lat», «cento anni, che viva cento anni»; a Ludmierz, ricordando il cardinale Wysziski; e domenica sera, all'Università Jagellonica, dove studiava, clandestinamente, durante la guerra. Ha finito il discorso, un bel discorso accademico. Poi ha detto: «Non ho potuto mettere questo nella mia allocuzione, ma voglio raccontarvi un particolare. Il 6 novembre bel discorso accademico. Poi ha detto: «Non ho potuto mettere questo nella mia allocuzione, ma voglio raccontarvi un particolare. Il 6 novembre 1939, ero allora studente di lettere, ho incontrato a via Golebia il mio professore. Aveva fretta, doveva andare a una riunione dei docenti convocata dai nazisti all'Università. Non è più tornato: tutti sono stati deportati a Sachsenhausen. Li ricordo e li affido a Dio». E gli occhi erano pieni di lacrime. Un pellegrinaggio nei ricordi personali. A Zakopane, sui Tatra, dove andava in gita e campeggio incredibilmente magro, ma un po' curvo come adesso - ha passato il pomeriggio con sette dei suoi vecchi compagni e compagne di liceo. A Ludmierz ha incontrato il ricordo di Wyszinski, e la prima profezia del cardinale sul suo futuro da pontefice. Una solenne processione conduceva la Madonna di Ludmierz al santuario; dalla statua cadde lo scettro, Wojtyla, vescovo, lo afferò al volo. «La Madonna ti ha dato il potere del Cielo, do¬ vrai guidare la Chiesa», gli disse il porporato. A Ludmierz, alla fine della messa, lo scettro è tor- nato in mano a un Papa commosso. vrai guidare la Chiesa», gli disse il porporato. A Ludmierz, alla fine della messa, lo scettro è tornato in mano a un Papa commosso. Chissà quale film si snoda sotto gli occhi del Papa, in questi giorni, una sovrapposizione continua di immagini antiche ed attuali. Non fa commenti, dicono le persone vicine, chiede molto. Qualche sera fa ha voluto, al termine di una giornata massacrante, fare un giro in «Papamobile» per il «Rynek Glowny», il mercato centrale affascinante, della città, dalla cui torre, a mezzogiorno, un trombettiere suona l'ora; ma le ultime note sono spezzate, a ricordo della freccia tartara che secoli fa prese la vita della vedetta di allora. «Guardo da questa chiesa Cracovia, la mia diletta città - ha detto ieri, a Sant'Edvige -. Ho nella memoria tutti i quartieri, tutte le parrocchie che visitavo come Pastore». Anche un Papa può soffrire di nostalgia. Acuta. Già, perché ieri era il culmine di questo viaggio nei ricordi, nella pellicola vissuta a ritroso memoria di Karol Wojtyla. Il pellegrinaggio anziano Pontefice si è concluso, pubblicair nei ricordi, nella pellicola vissuta a ritroso dalla memoria di Karol Wojtyla. Il pellegrinaggio di un anziano Pontefice si è concluso, pubblicamente, nell'omaggio a un sepolcro di granito grigio, nel cimitero di Rakovice. Sua madre, (Karol aveva nove anni, quando è morta), suo padre e suo fratello, Edmund, sono sepolti lì. Edmund aveva 26 anni, era medico, e fu contagiato, durante un'epidemia, dai malati di morbillo che curava. Il Papa ha acceso una candela, che una suora ha collocato sulla pietra, ornata di rose rosse, e margherite gialle e bianche. Ha pregato, in silenzio, in ginocchio, il mento sulle mani, per qualche minuto. A occhi bene aperti. Gli scatti delle macchine fotografiche coprivano la melodia degli uccellini, e il coro di musica gregoriana polacca sistemato dietro di lui. «Grazie per il bel canto, e grazie per la vostra discrezione». Così si è congedato. Marco Tosatti