«Ecco i nomi dei seviziatori di Johar»

Caso Somalia: primi avvisi di garanzia, alcuni dei presunti responsabili sarebbero in servizio nel contingente in Albania Caso Somalia: primi avvisi di garanzia, alcuni dei presunti responsabili sarebbero in servizio nel contingente in Albania «Ecco i nomi dei seviziatori di Johar» Sono stati individuati dall'inchiesta dell'esercito ROMA. Al termine della sua prima giornata di lavoro la commissione di inchiesta dell'esercito guidata dal generale Francesco Vannucchi ha consegnato al procuratore militare, Antonino Intelisano, i nomi di alcuni dei militari fotografati nel campo di Johar mentre torturavano i prigionieri somali nel 1993. Qualcuno sarebbe ancora in servizio sotto le armi, anche se non è accertato se si trovi attualmente in Albania con il nostro contingente. Non è stato reso noto quanti siano i para della Folgore fino a questo momento riconosciuti ma nei loro confronti sarebbe comunque già stato emesso un avviso di garanzia e sono ora attesi da Intelisano per essere interrogati. Prima di consegnare i nomi a Intelisano, Vannucchi nel pomeriggio di ieri ha esaminato a lungo le carte e i documenti messi a disposizione dallo Stato Maggiore dell'esercito relativi alle varie tappe della partecipazione italiana all'operazione «Restore Hope». In particolare il generale ha studiato la disposizione sul terreno dei reparti dei para e le zone interessate dalle operazioni di pattugliamento e di rastrellamento. Secondo alcune indiscrezioni giudiziarie, che negli ambienti militari non hanno però trovato conferma, Vannucchi nella giornata di ieri avrebbe ascoltato sui fatti raccontati a «Panorama» dall'ex caporalmaggiore Michele Patruno, gli ex comandanti della nostra missione in Somalia, Bruno Loi e Carmine Fiore. A loro Vannucchi avrebbe chiesto conferme su luoghi e circostanze dei fatti in questione e, secondo le indiscrezioni trapelate, i due avrebbero risposto ad ogni domanda fornendo tutti i dettagli necessari. In particolare Vannucchi è interessato ad appurare quali erano i compiti che spettavano ai militari che avevano in consegna i prigionieri e quali erano le regole che dovevano rispettare. In un altro luogo della città, tenuto segreto, il procuratore militare Antonino Intelisano ha invece sentito dalle 9.30 alle 13 di ieri la testimonianza dell'ex ufficiale di complemento Roberto Nardini, che in un'intervista ad un quotidiano aveva dichiarato di poter riconoscere alcuni dei soldati fotografati, affermando però che i casi di violenza in Somalia non avrebbero mai «superato certi limiti». Il pm Intelisano ed il generale Vannucchi si sono sentiti più volte durante la giornata mantenendo però sempre il massimo riserbo sulle indagini in corso. E' trapelato tuttavia che la commissione di inchiesta dell'esercito, nominata dal capo di Stato Maggiore Francesco Cervoni, dovrebbe recarsi in Somalia per interrogare i testi ed i parenti delle «cinque vittime» che, secondo le associazioni somale, sarebbero morte in seguito alle torture subite. Circostanza questa che tuttavia non ha ancora avuto nessun riscontro. Durante l'intera giornata Intelisano ha parlato con i giornalisti solo per chiarire che fra il caso Ilaria Alpi e le foto scattate nel 1993 in So¬ malia «non c'è alcun collegamento». Nel pomeriggio Intelisano è poi andato ad incontrare il pm Giuseppe Pititto, titolare dell'inchiesta sul duplice omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio, che a sua volta sentirà l'ex para Michele Patruno venerdì prossimo. Pititto ieri ha visto anche i genitori di Ilaria Alpi, che da parte loro ritengono improbabile ogni collegamento fra l'assassinio della figlia e gli episodi di tortura. L'impressione comunque è che già dopo i primi interrogatori il cerchio si stia chiudendo attorno ai militari apparsi sulle foto pubblicate da «Panorama» che saranno presto interrogati e potranno dare così le loro spiegazioni. «Sarebbe però un errore scaricare ogni responsabilità sui soldati - afferma l'ex generale Pietro Giannattasio, già capo di gabinetto della Difesa durante le operazioni in Somalia - perché ritengo che in situazioni come queste i comandanti in loco, ma anche quelli dell'intera missione, siano responsabili e debbano dare le dimissioni». La questione dei comandanti è stata sollevata anche da Elio Veltri, deputato dell'Ulivo, che ha presentato un'interrogazione al ministro della Difesa, Beniamino Andreatta, per chiedere «misure cautelari» nei confronti di chi ricopri¬ va alte responsabilità durante la missione «Restore Hope». «Costoro - afferma Veltri erano attivissimi nel controllo dei campi militari ed è difficile pensare che non fossero ve- nuti a conoscenza di fatti così gravi». Gli sviluppi delle indagini hanno avuto subito una eco positiva in Somalia, da dove il «Centro per i diritti umani» ha fatto sapere di apprezzare gli sforzi in corso a Roma anche perché «visto che qui non esiste un governo, gli unici che possono appurare la verità sono gli italiani». Con Mogadiscio si tiene in stretto contatto anche la Farnesina. Ieri gli uomini del desk africano hanno contattato il clan dell'ex presidente ad interim Ali Mahdi per seguire gli sviluppi della richiesta di una corte distrettuale islamica di Mogadiscio Nord di ascoltare Loi e Fiore. Gli uomini di Ali Mahdi avrebbero confermato che la decisione della Corte Suprema di Mogadiscio resta pendente, lasciando intendere di sperare in una veloce e positiva conclusione delle indagini portate avanti a Roma dal pubblico ministero Intelisano e dal generale Vannucchi. [m. mo.] Sarebbero stati interrogati anche i generali Loi e Fiore che furono a capo della operazione Ibis Il procuratote militare Intelisano ha smentito che esista un collegamento tra le torture e la morte di Ilaria Alpi Il procuratore militare Antonino Intelisano ha mandato i primi avvisi di garanzia ai soldati responsabili delle torture in Somalia Un'immagine del contingente italiano impegnato a Mogadiscio durante la missione Ibis