Botteghe Oscure, il giorno della lite

Botteghe Oscure, il giorno della lite Botteghe Oscure, il giorno della lite Si studia il compromesso fra Massimo e Walter LO SCONTRO NELLA QUERCIA aROMA UANDO è tornato a Palazzo Chigi, dopo la riunione di ieri mattina al Bottegone, Walter Veltroni ha spiegato ai suoi che lui questo nuovo scontro verbale e di linea con Massimo D'Alema non lo voleva proprio. Che si è visto costretto ad intervenire, a rilanciare la sua proposta di azzerare tutto in Bicamerale, perché non ha sopportato «la spocchia con cui D'Alema ha evitato di fare una qualsiasi autocritica su come sono andate le cose in Commissione». Il vicepresidente ha anche raccontato di non essere stato solo. A sentir lui anche personaggi come Gloria Buffo, ulivisti come Morando e Claudia Mancina hanno espresso qualche riserva sull'operato del presidente della Bicamerale, mentre Fabio Mussi, in un impeto di equidistanza, se l'è presa sia con lui che con D'Alema. Traduzione del pensiero veltroniano: le ho prese ma le ho anche date. Detto questo, la cosa è stata messa agli atti per un futuro processo a D'Alema qualora finisca tutto a carte quarantotto. Eh sì, perché la critica che il numero due di palazzo Chigi ha fatto al segretario del pds è stata, manco a dirlo, quella di mettere in pericolo la maggioranza di governo. Veltroni, al solito, ha portato l'umore di palazzo Chigi nella riunione congiunta del comitato politico e dell'esecutivo del pds. «E' inutile continuare - ha spiegato nella logica delle maggioranze risicate, bisogna trovare maggioranze più ampie. Chi l'ha detto che non si può tornare indietro sul semipresidenzialismo, che non si può tornare a ragionare su una proposta di premierato nella versione Barbera, quella che da sempre raccoglie il maggior numero di consensi? Anzi, non capisco perché questo modello non sia mai stato preso in considerazione. Dobbiamo ricercare un accordo, una sintesi, perché l'ipotesi del semipresidenzialismo abbinata al doppio turno può determinare degli strappi nella maggioranza che sostiene Prodi, mettere a rischio il governo». Fin qui Veltroni. E gli altri «critici»? Le riserve sono state espresse per motivi diversi, spesso opposti. La Buffo ha rimproverato a D'Alema di non aver espresso una posizione «di principio» contraria al presidenzialismo e, ora, di essere troppo radicale sulla legge elettorale che, invece, dovrebbe garantire una maggiore rappresentanza, una più alta quota proporzionale. La Mancina e gli uh visti hanno awer- tito fin d'ora che si schiereranno contro ogni tipo di legge elettorale che consenta un ampio recupero proporzionale. Poi, sempre la Mancina, per essere più perfida ha aggiunto: «Dovremmo prepararci anche all'ipotesi del fallimento della Bicamerale, non farci cogliere impreparati». Mussi, invece, le ha date ad entrambi i galh del pollaio. D'Alema? «In certi momenti bisogna prestare maggiore attenzione alle scelte - ha osservato il capogruppo dei deputati -. Ad esempio, bisognava mettere subito nella stessa padella semipresidenzialismo e doppio turno e non farlo dopo il voto». Veltroni? «Ma come si fa ad azzerare una decisione che la Bicamerale ha appena votato? Sarebbe una delegittimazione della commissione». Il segretario ha risposto a modo suo, alternando sarcasmo, eloquio pedagogico esasperante e un pragmatismo fin troppo freddo. «Ma che principi e principi! - ha replicato alla Buffo -. Noi non abbiamo mai detto che il semipresidenzialismo è l'anticamera della dittatura, altrimenti ora dovremmo gridare che il fascismo è alle porte. Per noi, invece, il semipresidenzialismo è una proposta accettabile se è accompagnata da una legge elettorale a doppio turno nei collegi. Questa è la proposta che dobbiamo fare agli altri e, secondo me, si può trovare un accordo: con Rifondazione si può trattare su una maggiore quota proporzionale; ai Popolari si possono dare delle assicurazioni politiche, portando avanti il progetto dell'Ulivo. Ci presenteremo insieme come coalizione fin dal primo turno». E se queste aperture non bastassero? «L'unica cosa che non possiamo fare - ha osservato il segretario - è contestare noi la decisione della Bicamerale. Se si deve passare ad un altro modello diverso da quello semipresidenziale, lo si deve fare in conseguenza delle contraddizioni interne al Polo». Poi rivolto alla Mancina ha aggiunto: «Io non considererei ora un fallimento della Bicamerale. Secondo me ci sono dei margini. Certo non dobbiamo farci illusioni (risposta a Veltroni, ndr) perché non credo che Fini mollerà il semipresidenzialismo. Ma se il Polo non accetterà il doppio turno nei collegi si può anche tornare ad un altro modello, a qualche altra forma di premierato o a qualcosa di simile. Quelli del Polo, infatti, se non accettano il doppio turno non potranno forzare più di tanto: a Malmoe lo stesso Boselli mi ha assicurato che non accetta il semipresidenzialismo senza il doppio turno. Se il centrodestra reagisse cavalcando un'ipotesi contraria nel referendum confermativo? State a sentire me, fra due anni la gente voterà comunque sì». In poche parole il segretario del pds se ne è rimasto sulla sua linea Maginot: il semipresidenzialismo abbinato al doppio turno nei collegi, anche se ammorbidito da ima soglia di sbarramento bassa (fino al 5 per cento). Ma qual è la subordinata, quell'altro modello, quel simil-premierato di cui ha parlato D'Alema ai suoi? L'ipotesi è ritornata nel colloquio di un quarto d'ora che il segretario del pds ha avuto con Franco Marini subito dopo la riunione del Bottegone. E' lo schema del «doppio motore»: in questo modello il presidente eletto dal popolo avrebbe meno poteri che nel sistema francese - svolgerebbe soprattutto un ruolo di garante - e sarebbe affiancato da un premier o da un cancelliere espressione di una maggioranza parlamentare. In questo caso anche il pds accetterebbe una legge elettorale a doppio turno di coalizione. In sintesi: si abbinerebbe il semipresidenzialismo al premierato. Una soluzione che in fin dei conti non dispiacerebbe neppure a Berlusconi. Ma a Fini?. Augusto Mlnzolinl Veltroni: «Ho parlato perché non reggevo la spocchia con cui il segretario evitava di fare autocritica» E forse perché il vicepremier teme per la maggioranza di governo A sinistra Walter Veltroni In alto D'Alema e Berlusconi