Retata-bis per la truffa sulle analisi di S. Mar.

Milano, i dottori ricevevano lino a 100 mila lire per ogni falsa prescrizione. Il ruolo dei promotori Milano, i dottori ricevevano lino a 100 mila lire per ogni falsa prescrizione. Il ruolo dei promotori Retata-bis per la truffa sulle analisi In cella anche la moglie del medico al centro dell'inchiesta MILANO. Com'era prevedibile e previsto, l'inchiesta sui falsi esami medici si è allargata. Per ora sempre nell'ambito del Centro di medicina nucleare di Giuseppe Poggi Longostrevi, considerato l'organizzatore della truffa miliardaria ai danni del servizio sanitario nazionale. Ieri, sono finite in carcere nove persone: la giovane moglie di Poggi Longostrevi, Rosalia Zanca, 35 anni; tre «promotori» del centro - Giorgio Gozzi, Giuseppe Marini Fasolo e Marco Pompei; cinque medici - Paolo Accornero, Antonio Ruggeri, Paolo Francesco Goffredo, Ettore Scillieri e Ivana Celano. Un altro medico è stato colpito da analogo ordine di cattura, ma al momento si trova all'estero. Per tutti i reati contestati sono associazione per delinquere, truffa e concorso in corruzione. In particolare Rosalia Zanca, che al «Cmn» aveva «poteri di cogestione della cassa», è accusata di aver «predisposto i compensi illeciti da inviare ai vari medici». Ai tre promotori «quali addetti alla propaganda» spettava il compito, si legge nell'ordine di custodia, «di definire gli accordi con i sanitari cui offrivano gli illeciti compensi in cambio della prescrizione di esami con indicazioni tali da determinare maggiori e indebiti utili per il "Cmn"». Erano molto abili i «promotori». Il fattorino del Cmn, Pietro Gallo, li aveva definiti «in modo forse pittoresco ma certamente efficace» come «rubacuori». E lo stesso Poggi Longostrevi aveva definito il loro metodo di approccio ai medici «all'americana, un po' aggressivo». Che certamente funzionava. I medici infatti richiedevano esami su esami, con un meccanismo collaudato: «L'accordo - si leg¬ ge nel capo d'accusa - prevedeva in sostanza la prescrizione, da parte del sanitario, di esami nel numero e con la dicitura esattamente indicati in un cartoncino del "Cmn", contenente, per ciascuna indagine diagnostica, l'indicazione di una vera e propria catena di accertamenti». Per capirne le dimensioni basti pensare che, nel periodo tra il gennaio '95 e l'ottobre '96 il dottor Accornero ha rilasciato 101 impegnative e il dottor Ruggeri 119; gli altri meno, ma sempre nell'ordine di decine. I medici arrestati ieri, quindi, erano già stati individuati dagli inquirenti che hanno in mano tutti i tabulati, del «Cmn» e delle Ussl. «I loro nomi - hanno spiegato i pubblici ministeri Sandro Raimondi e Francesco Prete - comparivano già nella fase in cui decidemmo i primi arresti. Adesso abbiamo ritenuto che ci fosse il pericolo di inquinamento delle prove. Sono medici tuttora convenzionati e alcuni di loro erano stati convocati per l'indagine amministrativa». Ma questi medici quanto guadagnavano dalla truffa? Anche qui il tariffario era piuttosto preciso: «Tra le 20 e le 100 mila lire per ogni impegnativa, a seconda del numero e del tipo di esami». I medici, quindi, mettevano insieme non più di una decina di milioni in un anno: basta una cifra simile a spingere all'illecito? La questione che gli inquirenti si pongono è molto semplice: quanti centri applicavano il «metodo» del «Cmn»? Dalla risposta a questa domanda verranno i nuovi sviluppi dell'inchiesta. Sicuro è quanto questo meccanismo costava al servizio sanitario pubblico, e quindi a tutti i cittadini di questo Paese: «Si tratta di impegnative che hanno comportato per la Ussl, per ciascuna di esse, un esborso di cir¬ ca 1 milione 200 mila lire». Non è casuale, quindi, che al convegno di ieri dell'Assolombarda molti dei commenti a latere siano stati dedicati proprio a ciò che emerge da questa inchiesta. Lapidario quello del presidente della Confindustria, Giorgio Fossa: «Sicuramente una cosa scandalosa». «L'inchiesta - dice invece il sindaco di Milano, Gabriele Albertini - deve ricordare ai pubblici amministratori che il loro interesse primario è la tutela dei cittadini». E il procuratore capo, Francesco Saverio Borrelli, nota invece che lo scandalo «turba» quel «rapporto di fiducia tra il cittadino e il proprio medico» che deve quindi «essere ricostituito». Un primo passo in questo senso sarà l'atteggiamento dell'ordine dei medici, cui la procura di Milano ha già passato tutti gli elementi sui sanitari arrestati. [s. mar.]

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