Tra «divagazioni» e tradimenti a tarda sera si torna a conversare di Alessandra Comazzi
Produciamo [sul SeflO. Mica solo per flCtlOn. TIVÙ'& TIVÙ' Tra «divagazioni» e tradimenti a tarda sera si torna a conversare TU chiamale, se vuoi, divagazioni. Divagazioni definiva Ornella Vanoni i tradimenti nei confronti di chi non si ama davvero. Divagazione, per noi telespettatori, è invece il salutare tradimento nei confronti della televisione contemporanea tutta grida e furori e gatti e volpi e karaoke e carràmbe e fantastiche italiane e italiani nel mondo; è la possibilità di vedere un programma rinfrescante, anche se non nuovissimo, dove si usa un vocabolario che va al di là delle consuete cinque e o sei parole d'ordinanza, dove si ragiona, si conversa e ci si esercita nell'arte del non prendersi sul serio, con quell'ironia e quel garbo caratteristici dei personaggi fin di tempi di «Magazine 3». In sordina, senza annunci, senza nemmeno una di quelle ormai inutili conferenze stampa di presentazione dove non va mai nessuno, sono tornati su Raitre, il sabato sera intorno alle 11, Gloria De Antoni, Oreste De Fornari e Claudio G. Fava, con una trasmissione tutta dedicata alle don¬ ne, titolo «Le infedeli», regista Franza Di Rosa. In questo nuovo lavoro si è affievolito quel vago senso di stucchevolezza legato allo snobismo dei protagonisti. Forse non si è davvero affievolito lo snobismo, solo che si sopporta meglio, essendosi determinata questa caratteristica di isola felice in una situazione televisiva degradata. «Le infedeli» è una derivazione di «Perdenti», dove a ogni puntata venivano chiamati tre o quattro personaggi che si autodenunciavano per l'appunto come «perdenti» nella vita. E' rimasto lo stesso studio, truccato da commissariato di una volta; macchina per scrivere, registratore Geloso a bobine, ventilatori a pale sul soffitto, schedari alle pareti, falcioni impilati e tozze scrivanie di legno. De Antoni e De Fornari fanno le domande, De Fornari stila pure un improbabile verbale che alla fine consegnerà a Fava nel ruolo del «commissario», il quale deve giudicare ed emettere la sua sentenza. L'ospite questa volta è uno solo, anzi una sola, alla fine ci sarà un «perito» che darà la sua breve diagnosi. Programmi come questo si basano sulla scelta degli ospiti, sulla loro capacità dì entrare nell'ingranaggio, nel gioco del racconto, dell'autocitazione. E l'altra sera Ornella Vanoni è stata molto brava a raccontare il suo tradimento: lei tradì il marito, che non amava più, per l'amore grandissimo di Gino Paoli, «cantautore genovese» mai citato. Alla fine Fava ha sentenziato che «il tradimento non è mai giustificato», la Vanoni è inorridita, e il «dottore» ha dunque precisato che «noi siamo dei burocrati, abbiamo un'idea contabile dell'esistenza». Ma l'arrivo del «perito», lo psicoanalista Aldo Carotenuto, ha ribaltato la tesi: «Accettare il tradimento significa dire sì alla vita, che sarebbe altrimenti ancora più sofferente. Il vero problema sono le conseguenze, le paure, i sensi di colpa: non si tratta di obbedire a tutti i capricci, ma di dare un senso ai capricci». Si sono rinfrescati oltre un milione di telespettatori. Alessandra Comazzi «il
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