«Ricomincio da Sarajevo»

19 Parla il produttore di tanto cinema italiano, da «Accattone» a «Il bell'Antonio» «Ricomincio da Sarajevo» Bini: «La guerra scatena energie» ROMA. Un film su Sarajevo, nel dopoguerra delle macerie e della vitalità: se Riccardo Muti si prepara a portare il 14 lugbo nella città straziata l'orchestra e il coro della Scala in concerto straordinario, Alfredo Bini si prepara a portarvi lavoro, vi produce un film. Produttore di cinquantadue opere, incluse le più belle di Pier Paolo Pasolini (((Accattone», «Il Vangelo secondo Matteo», «Uccellacci e uccellini», «Edipo re») e di Mauro Bolognini («Il bell'Antonio», «La viaccia»), Bini parla dell'impresa con autentica passione. Quali sono i suoi legami con Sarajevo? «Ci sono stato tre volte: durante l'assedio, alla fine dell'assedio, pochi giorni fa. Mi sono trovato di fronte l'Italia del 1947: rovine, povertà, la memoria incancellata della guerra, della violenza, degli stupri. La situazione da cui nacque il neorealismo italiano: non un cinema di cronaca né di lamento per le sofferenze patite, ma un cinema di storie, di personaggi e di emozioni che ci ha guadagnato l'ammirazione del mondo. "Paisà","Ladri di biciclette", più tardi "La ciocia¬ ra"... La guerra scatena energie come un vulcano, suscita sentimenti primordiali anche fattivi; dopo la compressione bellica, il dopoguerra rappresenta un'esplosione che dev'essere canalizzata, sublimata». Dall'analogia tra Sarajevo 1997 e l'Italia 1947 lei crede possa nascere un nuovo genere di cinema? «Ho avvertito la stessa atmosfera, le stesse potenzialità. Ho detto al ministro della cultura, il professor Rizvanbegovic: «La vostra possibilità di sopravvivenza è culturale», e l'ho trovato molto interessato al nostro progetto di film, pronto a dare collaborazione e sostegno». Com'è questo progetto? «Il titolo è "Sniper", cecchino. Un film (magari anche un inizio non effimero di collaborazione culturale) a episodi, che racconti vicende d'amore, di guerra, di resistenza, di solidarietà, di sopravvivenza, di speranza: come "Paisà". Abbiamo offerto la regìa a Margarethe von Trotta. La sceneggiatura dev'essere terminata alla fine di settembre: ci lavorano, insieme con Piero Del Giudice, lo scrittore Marko Vesovic, autore di "Chiedo scusa se vi parlo di Sarajevo" pubblicato in Itaha da Sperling & Kupfer, e lo scrittore Abdulah Zidran, sceneggiatore dei primi film di Kusturica, "Papà è in viaggio d'affari" e "Ti ricordi di Dolly Bell?". Gli interpreti saranno il più possibile locali, ma userò anche attori carismatici europei e americani: naturalmente, non per far loro recitare i finti ex jugoslavi» «Sniper» sarà un film molto costoso? ((Al contrario: cinque, sei miliardi. Partirà con finanziamenti francesi, tedeschi, spagnoli; ho offerto pure una piccola partecipazione alla Rai. Per ragioni climatiche, cominceremo a girare nel febbraio 1998». Qua! è stato l'ultimo film che lei ha prodotto? «"Banana Republic", il film-documento sulla tournée estiva 1979 di Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Ron. Poi ho fatto altro. Ho ideato e diretto l'"Electronic Art Festival"; da delegato generale ho rilanciato il Mifed della Fiera di Milano; sono stato commissario straordinario del Centro Sperimentale di Cinematografia. Proprio in quest'ultima veste è iniziato il rapporto con Sarajevo: avrei voluto fare un accordo di scambio di saggi di diploma tra il Centro e la scuola di cinema della città, ma il mio incarico è finito prima, nel 1995». Torna a produrre cinema in un periodo difficile. «Per me tutti i periodi sono stati difficili: da quando i finanziatori pubblici mi bocciavano "Padre selvaggio", il film africano di Pasolini, perchè c'erano "troppi attori neri" a quando mi sconsigliavano il "Vangelo" perché diretto da Pasolini. Ho cominciato a lavorare nel cinema da ragazzino, facendo la comparsa in "Fabiola" di Alessandro Blasetti e da allora, tranne che il doppiatore, ho fatto tutto: attore, aiuto regista, soggettista, sceneggiatore, ispettore di produzione... Ho prodotto il primo film, "Il bell'Antonio", quasi quarant'anni fa, nel 1958. Avevo smesso senza rimpianti: non sopportavo che a prendere le decisioni sui film da fare o da non fare fossero consiglieri d'amministrazione, capistruttura o commissari di vario genere. Ma il cinema m'è mancato molto e sono felice di tornarci con un film che spero importante, girato a Sarajevo, con Sarajevo e per Sarajevo». Lietta Tornabuoni ra ho trovato la stessa situazione da cui nacque il nostro neorealismo: storie, personaggi e forti emozioni» Il titolo è «Sniper», cecchino la regista Margarethe von Trotta: alla coproduzione partecipa la Rai Da sinistra Margarethe von Trotta e una veduta di Sarajevo nei giorni dell'assedio